La storia che non insegna
Lilli Gruber trent’anni fa raccontava in diretta per il TG2 la caduta del Muro di Berlino. Proprio il 9 novembre scorso si è ricordato l’evento di portata storica e simbolo di libertà e di apertura verso le novità tanto auspicate per un’Europa unita.
Molti i servizi televisivi andati in onda a tal proposito, i quali non dovrebbero farci dimenticare la voglia di fratellanza e il desiderio di unificare Paesi e città come Berlino, ora città moderna e al passo con i tempi.
In contrapposizione, da noi, si semina odio: sentimento che piano piano cresce dandogli – a nostro parere – linfa. Non siamo aditi seguire la politica né tanto meno siamo in grado di parlarne, non siamo abbastanza preparati. Notiamo però che quando essa è debole non riesce a trovare meccanismi efficaci per governare a favore di una cultura “alta”, facendo si che il popolo insorga in modo violento e non solo: emerge anche un’inciviltà al limite.
Inoltre, se un giudice esprime che il “saluto fascista” non è punibile, allora viene meno il senso di “apologia fascista”, inteso non più come reato. Ci si dimentica l’ordinamento giuridico e dunque l’articolo 4 della legge Scelba? Insomma percepiamo che l’idea di destra stia crescendo da un lato, dall’altro invece la sinistra sembra non contrastare ciò che fortifica vecchie ideologie e l’insorgere di un regime opprimente, caustico e vetusto. Ma non tanto, evidentemente.
Si bruciano i libri, non si cede il posto sul bus a una bambina di colore: due esempi contemporanei ma lontani nel tempo. Ricordate l’attivista statunitense Rosa Parks? Ricordate il rogo dei testi di autori ebrei tra il 1930 e il 1945, durante il nazismo? Ora sono fatti che si ripropongono a Roma e ad Alessandria.
Nella capitale sembra che gli affari delle librerie, dei bar e l’aggregazione giovanile in zona Centocelle diano fastidio alla malavita organizzata; nel Nord, invece, si ripetono forme di razzismo che coinvolgono anche il mondo del calcio. Su questo ultimo fronte consiglieremmo di assumere provvedimenti drastici: vietare le partite a chi offende; far giocare a porte chiude; educare i tifosi in maniera civile e democratica. Ma chi ci rimette?
Vogliamo sottolineare quanto sia rilevante la cultura a tutto tondo e quanto essa possa accrescere le nostre vite. La settimana scorsa si sono omaggiate personalità che hanno lasciato il segno: è morta Maria Perego, l’inventrice di Topo Gigio, il pupazzetto che ha accompagnato l’infanzia di molti di noi; Gianni Rodari viene ricordato nelle Biblioteche di Roma per i cento anni dalla sua nascita; è morto Fred Bongusto che porta via con sé una delle canzoni più romantiche degli anni ’60, “Una rotonda sul mare”.
Che la cultura sia la soluzione? Crediamo di si. Ma bisogna fronteggiarla in tanti per sconfiggere la sub-cultura, come l’enorme e dilagante ignoranza – a titolo gratuito – che, per esempio, anche sul web sta divenendo pericolosissima, da tenere sotto stretto controllo.
Talvolta ci chiediamo come svolgere il nostro lavoro. Non vogliamo tuttavia far morire la cultura, bensì seminarla in ampi campi. Non bisogna temerla: sappiamo che sarà dura ma è la miglior via per sterminare linguaggi che tentano di spargere odio (un altro gesto antisemita è avvenuto al cimitero ebraico in Danimarca) a favore del potere, del sentirsi forti e potenti di fronte a tanti. Che la debolezza sia la maschera dei nostri tempi?