Italia: morsa del maltempo e di un costante replay
È mai possibile che nel 2019, l’epoca del futuro e della tecnologia, mentre l’astronauta Parmitano passeggia nello spazio, sentiamo ancora parlare delle stesse cose da decenni?
A Venezia arriva l’acqua alta dopo che nel 1966 raggiunse 194 cm. Oggi si parla di 187 cm che non perdonano affatto. E ancora, del MOSE nessuna traccia. L’opera di ingegneria civile, che nel 1995 avrebbe dovuto essere inaugurata, è ancora in attesa del termine dei lavori iniziati nel 2003. Questa costruzione, che “dovrebbe funzionare” già da anni, servirebbe a difendere la città, il Lido, Malamocco e Chioggia dall’alta marea.
Le sue paratoie mobili e a scomparsa, poste alle bocche dei porti, sarebbero dunque in grado di isolare l’intera laguna dai flussi del mare e delle maree. Venezia soffre un ritardo sul progetto di poco più di vent’anni a causa di soldi mal gestiti e istituzioni che non adempiono ai loro compiti.
Tutto ciò è strettamente legato ai cambiamenti climatici: si pensa, infatti, che il MOSE potrebbe non sostenere l’attuale innalzarsi delle acque marine. Questo perché la struttura è stata concepita in tempi in cui i livelli massimi d’acqua non facevano ancora parlare di loro in maniera così preoccupante. In ogni caso i danni per Venezia sono notevoli e correre ai ripari nel più breve tempo possibile è un’esigenza immediata.
Un’analogia con Venezia la troviamo a Taranto, dove l’ex–Ilva sta vivendo una crisi drammatica. Anche quella di essere fonte di inquinamento e di malattie, di cui hanno risentito e risentono tuttora i cittadini della città, è una questione che il nostro paese si trascina dietro da anni senza mai giungere a una vera risoluzione.
Ora l’azienda tarantina rischia la chiusura: ArcelorMittal ha deciso di andarsene via dalla penisola venendo meno al contratto firmato con il governo italiano un anno fa. Quale futuro per l’acciaio? È chiaro che la vicenda è al vaglio dei ministri e si sta pensando alle opportunità di salvataggio per l’indotto ma rimane sempre il dubbio della sua prosecuzione compatibile con l’ambiente.
I nostri interrogativi però persistono: chi è al potere in che modo prende atto e affronta le situazioni? Questo tipo di rallentamenti, in termini di realizzazione di opere pubbliche, si registra anche negli altri paesi europei? Possibile non prendere esempio? Possibile essere corretti in Italia e di conseguenza non lucrare sulle infrastrutture destinate alla collettività? Essere punibili di fronte alla legge rimane un sogno oppure un segno di rettitudine?
Quello che per noi conta è l’onestà, termine vetusto ma che dovrebbe ritornare in voga come sentire l’esigenza di pagare le tasse – per il bene di tutti – essere capaci di stabilire ordine e sicurezza, affrontare l’eco-sostenibilità e i servizi rivolti alla collettività, soprattutto combattere per una giustizia sempre all’altezza della verità.
Ce lo insegna Ilaria Cucchi che, su questo fronte, si è battuta a testa alta e ha vinto dopo dieci anni di battaglie: suo fratello Stefano è stato ucciso dai carabinieri che hanno eseguito il fermo. Abbiamo necessità di queste storie a lieto fine che sono un esempio per la società, un punto di partenza che determina un cambiamento seppur lento ma sostanziale. Dobbiamo crescere, dobbiamo sollecitare e solleticare il nostro sviluppo sociale, politico e civile.
Soprattutto, abbiamo bisogno di non perdere più tempo.
Ma quanto siamo in grado di comprendere e farci coinvolgere da queste vicende se poi alcuni politici sentenziano con commenti inappropriati?