Gli eredi del futuro
La settimana scorsa tanti avvenimenti hanno invaso le cronache. Greta ha conquistato la copertina della nota rivista “Times”, immortalata come personaggio dell’anno; le sardine hanno invaso Piazza San Giovanni a Roma con una manifestazione pacifica, senza servizio d’ordine ma soprattutto senza paura infusa tra la gente; la celebre opera di Puccini, la “Tosca”, ha aperto la stagione della Scala di Milano; sabato scorso la notte dei “Musei in musica”, svoltasi nella capitale, ha dato di nuovo la possibilità di fruire delle svariate sonorità proposte al prezzo simbolico di € 1,00; mentre “Rai 3” compie quaranta anni.
La cultura avanza? È davvero così? Sembra di sì.
Da quello che vediamo in televisione, per esempio, qualcosa sembra muoversi e cambiare, almeno se si sa scegliere ovvero guardare trasmissioni che insegnano qualcosa e al tempo stesso stimolano il pensiero.
Già pensiamo che “Le parole della settimana”, condotto da Massimo Gramellini, coadiuvi l’approfondimento di alcune tematiche di cui poi si all’interno del programma, inoltre “Quante Storie” ha passato il testimone a Giorgio Zanchini, non proprio all’altezza del suo predecessore Corrado Augias, ma efficace a suo modo. Per di più, sempre su Rai 3, lo stesso Augias, scrittore e giornalista poliedrico, ci ha offerto quattro viaggi suggestivi narrandoci di Vienna, Venezia, Roma e Mosca mediante le sue “Città Segrete”.
Da sottolineare il ritorno di Serena Dandini e la sua banda con la loro satira tagliente, che si adatta alla perfezione ai tempi attuali. Gli “Stati Generali” ritorneranno a gennaio per altre due serate: siamo pronti a scommettere che registreranno ancora molti consensi. Il “Kilimangiaro” e “Geo&Geo”, invece, rimangono i due capisaldi, un continuo girovagare per il pianeta tra scoperte e paradisi terrestri.
Insomma, una rete che si è sempre distinta dagli altri due canali della TV di stato con il chiaro obiettivo di divulgare cultura ad ampio raggio attraverso la TV verità, qualcosa di inedito e di sperimentale, ponendo il telespettatore al centro, sin dai suoi esordi.
Peccato però che, anche su Rai 2, vadano in onda programmi interessanti ma trasmessi in seconda serata. Piervincenzi conduce “Ragazzi Contro”, in cui il giornalista entra nelle classi, dando così la possibilità ai giovani studenti di parlare di diversità, eguaglianza, disagi, stereotipi, bullismo, sesso e tanto altro.
Quando guardare la trasmissione, però? Non sarebbe meglio scegliere orari che si adattino alle esigenze dei ragazzi, per dar loro modo di imparare dagli esempi dei coetanei intervistati – in questo caso –, di arricchire la loro persona e in particolare migliorare i loro atteggiamenti?
In effetti i palinsesti potrebbero essere organizzati meglio: scegliere dunque delle fasce orarie destinate proprio ai giovani, riducendo trasmissioni pomeridiane sterili e che catturano l’interesse della popolazione media. Non dimentichiamo, inoltre, che la piattaforma Raiplay dà la possibilità di rivedere i programmi anche in orari a noi più consoni ma si potrebbe fare di più, ponendo i ragazzi al centro. Una sorta di “Educazione” in TV.
Insomma, un’onda anomala accresce la nostra curiosità, spinta dal desiderio di conoscere e di ampliare la nostra cultura sin dal 1979. Si vive solo di programmi televisivi? Ovviamente no ma di certo Rai 3 ha segnato una svolta epocale grazie ai maggiori esponenti del giornalismo italiano, che hanno saputo creare un linguaggio distintivo e peculiare.
Anche Paolo Mieli contribuisce tuttora alla nostra formazione individuale con “La grande storia” come Sigfrido Ranucci fa con “Report” di divulgazione di cronaca e attualità. Non da meno Salvo Sottile e Domenico Iannacone con i loro focus on sulla società.
Viene da pensare che la coppia vincente, Angelo Guglielmi e Alessandro Curzi, propose al popolo cose nuove, sin dagli inizi, mediante un TG innovativo, vicino alla gente, come il suo palinsesto ricco di tanti argomenti che ancora promuove.
A noi resta l’auspicio che Rai 3 prosegua la sua evoluzione e sicuramente la voglia di migliorare, di acquisire il mestiere, di formarci al meglio in nome di una cultura che sembra latente ma che, al contrario, cresce in silenzio e con lentezza.