Libertà di parola negata
Dopo “Sanremo” si, “Sanremo” no, eccoci di nuovo in vostra compagnia. La settimana scorsa è stata piena di canzoni, di ritmi, di parole e di misteri che circondano il panorama musicale nostrano e che, al contempo, incoraggiano ogni anno a vedere il Festival della Canzone Italiana dimenticando quasi tutto il resto.
Di tanti motivi in gara forse ne rimarranno impressi pochi: stesse melodie, poche novità, e tanto rap dalle contestazioni politico–sociali. Achille Lauro fa parlare di sé per la sua libera espressione artistica, i litigi sono ancora sulla bocca di tutti (gossip da strapazzo per confondere le idee di noi gente comune), mentre Tosca lascia l’impronta più bella e piacevole su quel palco che in settanta anni di vita ne ha viste nascere di arie memorabili!
E pensare che ancora resistono negli anni e al tempo che passa.
Vogliamo inoltre sottolineare che in sottofondo l’eco del Corona Virus ha continuato a far esplodere molta paura e preoccupazioni, la politica è sempre debole, ma ciò che risalta ai nostri occhi è quella mancanza di libertà personale che viene messa in discussione, giudicata e criticata. Soprattutto azzittita tramite soprusi e violenze.
Zaky è uno studente egiziano che studia a Bologna grazie all’Erasmus: frequenta il Master Internazionale in “Women’s and Gender Studies” ovvero “Studi di Genere”. Ora è in carcere poiché il suo paese natio non accetta le sue idee che, all’avanguardia e fuori dal contesto in cui è cresciuto, vedono l’omosessualità oggetto della sua tesi.
Fermato a Il Cairo è stato arrestato e torturato. La sua voce ha fatto così tanto scalpore da essere taciuta, come il murales in cui Giulio Regeni lo abbraccia esprimendo: “Stavolta andrà tutto bene“. È stato ovviamente rimosso.
Zaky viene accusato in modo ingiusto da un conduttore di “Ten TV”: sembra collaborare con un rappresentante di un’associazione di omosessuali, di voler ribaltare il regime di Al Sisi, aderire ai Fratelli Musulmani come essere “finanziato da Qatar”. Aggiunge, inoltre, che sia la stampa italiana sia le organizzazioni internazionali (vedi Amnesty International) attaccano il governo e pertanto la loro lingua va tagliata.
Insomma, ci chiediamo se in un mondo digitalizzato e tecnologico al 100% siano questi i modi, ancora arcaici, a mettere a repentaglio il libero pensiero. Ci accorgiamo, infatti, che la parola stessa, proprio quella che dovrebbe svegliare le menti e invogliare alla pace universale, invece abbia l’effetto contrario.
Ma per Zaky le voci si alzano, ci si mobilita: a Bologna si manifesta per chiedere la libertà dello studente; Monica Cirinnà, la senatrice del PD, invia una lettera ad Elisabetta Casellati, la presidente del Senato, al fine di chiedere la possibilità di andare a visitare il giovane in Egitto; Roberto Saviano chiede la cittadinanza italiana a Patrick.
Anche Sassoli, Presidente dell’Europarlamento, ha espresso il suo pensiero, richiedendo “l’immediato rilascio” di Zaky, rammentando “alle autorità egiziane che l’Ue condiziona i suoi rapporti con i Paesi terzi al rispetto dei diritti umani“.
Perché tuttora siamo a questo punto? Per quale motivo in certi paesi non si evolve e si fa fatica a sovvertire idee e governo? Perché le persone vogliono vivere senza affermare con forza il loro pensiero, affinché la parola libera, appunto, possa stimolare un’evoluzione matura e consapevole?
Insomma, l’Egitto si sente attaccato su tutti i fronti e chi grida a favore di Zaky libero è osteggiato a sua volta: una guerra di rimbalzi di opinioni che speriamo termini presto, per confluire in una soluzione giusta e pacifica.
Affinché la libertà di espressione, di idee, di opinioni insegni il cammino a chi rimane indietro intenzionalmente ma con la speranza che rinsavisca e comprenda il vero significato del termine “diritti”.