Repubblica, cultura e movida
Domani è il 2 giugno. Il 74 esimo anniversario della “Festa della Repubblica Italiana”. Oggi il Presidente Mattarella ha tenuto un discorso all’interno dei giardini del Quirinale esprimendo un sentimento profondo come la coesione: “[…] l’unità morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro. Una generazione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo“.
Ha voluto inoltre sottolineare la fiducia che ripone nel popolo italiano e ha invitato la politica a collaborare in nome della Costituzione, dei valori e i principi su cui si fonda la democrazia. Ha ricordato le vittime del Covid–19, ha parlato con forza dell’Unione Europea e ha concluso dicendo che è fiero del suo Paese.
Insomma, un discorso rigoroso e fermo, ma al contempo aperto a orizzonti e idee nuove, che possano dare vita a qualche cosa di nuovo, che ricomincia. Tuttavia il “tana liberi tutti” ha scatenato non pochi problemi e non poche polemiche. Gli assembramenti ad Avellino, senza distanziamento sociale e senza le mascherine indossate, per esempio, hanno reso necessarie le indagini della Digos e le multe ai cittadini.
Sabato scorso a Milano (Piazza Duomo), come a Torino, Bologna e Roma, invece, i “gilet arancioni” si sono radunati per protestare contro il governo. Anche qui le norme di sicurezza contro il virus non sono state rispettate. L’ex generale dei carabinieri, Antonio Pappalardo, a capo del movimento dal 2019, di fatto sarà denunciato in quanto ha violato il Dpcm 17 maggio e inoltre non indossava la mascherina.
Se queste sono le premesse alla vigilia della riapertura dei confini tra le Regioni (3 giugno), che bisogna aspettarsi dal comportamento degli italiani di cui tanto si fida Sergio Mattarella?
Rammentiamoci che il virus non perdona. Ce lo ricordano i tanti morti e soprattutto le immagini impressionanti dei camion militari che trasportavano le salme al cimitero di Bergamo. Stare attenti è ancora la parola d’ordine. Rispettare le regole, però, è un sintomo grave, evidentemente. Ripassare un po’ di Educazione Civica sarebbe indispensabile e utile a tutti.
Ma non disperiamo. Finalmente i musei italiani e i parchi archeologici riaprono! Possiamo così visitare esibizioni e monumenti: tutto ciò che abbiamo abbandonato, per così dire, in questi mesi di lockdown. Addirittura, le Scuderie del Quirinale hanno prorogato la chiusura della mostra “Raffaello 1520–1483” in agosto. Sarà possibile ri–entrare all’interno dell’Anfiteatro Flavio dal 1° giugno con nuovi orari, ingressi scaglionati e termoscanner posizionati all’ingresso. Riavvicinarci alla nostra ricchezza artistica e alla vasta cultura sarà dunque un’emozione indescrivibile.
Dall’altro lato dell’oceano l’America è “in fiamme”. Vuole giustizia, la urla, la richiede, a seguito della morte dell’afroamericano Geroge Floyd, il quale è stato soffocato con un ginocchio da un agente di Minneapolis. Quest’ultimo è stato arrestato per omicidio e rischia venticinque anni di carcere.
I poliziotti, questa volta, non difendono l’agente ma solidarizzano con i manifestanti. Al grido “I can’t breath” in molte città degli Stati Uniti è esploso l’inferno. I neri, finalmente, veementi, in questo momento lottano contro il razzismo molto consolidato nel Paese “democratico”.
Democratico in che modo e come?
A noi preme farvi riflettere sui tanti avvenimenti e questa morte richiede una seria considerazione. Troviamo giusto il motivo della rivolta, sebbene stia diventando troppo violenta: l’ondata della discriminazione sociale per una razza umana e di colore è ora uno tzunami che tocca anche noi. E non accade solo in America, ma ora la mette in ginocchio e il rumore provoca molta eco. Forse è giunto il tempo di porsi delle domande e trovare delle soluzioni per una convivenza pacifica, frutto di una libertà personale e di un “giusto respiro” in nome di un’educazione comune.