Un interessante testo dalle atmosfere inquietanti e cupe è ospite al Teatro Argot Studio di Roma fino al 23 dicembre. “7 anni”, opera di José Cabeza e Julia Fontana, qui presentato nella traduzione di Enrico Ianniello, afferma definitivamente che forse quasi tutto ha un prezzo, compresa la vita umana
In una giornata infinita e claustrofobica, i quattro soci fondatori di un’azienda dal fatturato milionario devono prendere immediatamente una decisione complicatissima: sacrificare con una detenzione di sette anni uno di loro per salvare gli altri tre. Venuti a sapere che il fisco sta indagando su di loro con il sospetto di un trasferimento illecito di denaro in Svizzera, cosa che è effettivamente avvenuta, i quattro individui saranno con l’acqua a gola e talmente indecisi da chiedere l’intervento di un mediatore esterno che possa risolvere la situazione.
Valido copione quello di Cabeza e Fontana: da un inizio che porta lo spettatore immediatamente in un’atmosfera da thriller si scende sempre più giù in una spirale psicologica ed opprimente dove il tempo sembra non passare mai e, nonostante numerosi attimi di pathos che spesso vanno sopra le righe, lo spettacolo si segue costantemente con il fiato sospeso.
“7 anni” racconta di egoismo, opportunismo, prevaricazione e del pericolo delle verità nascoste e di come sia facile rinfacciarle: sebbene la trama dello spettacolo metta il denaro in primo piano, in realtà è il concetto di libertà ad essere il protagonista e, durante tutta l’azione, si costruisce la base per dichiarare come anche la libertà stessa e persino la vita umana abbiano un prezzo, altissimo, ma lo hanno.
Il punto forte della messinscena è la bellissima regia di Francesco Frangipane, il quale colloca lo spazio scenico ad occupare tutta l’area disponibile del teatro lasciando il pubblico lungo le pareti: l’assenza di distanza tra spettatori e attori obbliga ad un’attenzione assoluta e contribuisce ad aumentare il realismo dell’azione ponendo i protagonisti nella condizione di essere quasi spiati.
Lo stesso effetto si ottiene anche con l’uso delle luci sempre al minimo attraverso le quali la cupezza diventa tangibile così come il clima da cospirazione rafforzato ancora di più dai lunghissimi silenzi tra le battute, silenzi che lasciano spazio alla decifrazione dei pensieri, delle affinità e delle rivalità che legano i personaggi.
L’unico elemento troppo macchinoso ma perdonabile dell’azione è lo svelamento di elementi fondamentali ai fini della trama secondo una sequenza troppo forzata, creata con l’ovvio scopo di dare definizione ad un climax che in effetti si esaspera sempre di più.
Bravissimi tutti gli attori del cast, dotati di una carica torbida ed irrequieta: tra loro spicca Arcangelo Iannace, l’interprete del mediatore chiamato in grande urgenza, il personaggio più umano e vero regista della storia.
Gabriele Amoroso
Teatro Argot Studio
da 5 al 23 dicembre 2018
7 anni
di José Cabeza e Julia Fontana
traduzione Enrico Ianniello
regia Francesco Frangipane
con Giorgio Marchesi, Massimiliano Vado, Pierpaolo De Mejo, Serena Iansiti, Arcangelo Iannace
luci Giuseppe Filipponio
scene Francesco Ghisu
costumi Cristian Spadoni
aiuto regia Massimiliano Benvenuto
voice off Vanessa Scalera