Perdite e rinunce
Certo, siamo consapevoli che mancano ancora due mesi alla fine di questo 2020 così poco allegro. Siamo altresì consapevoli che le brutte notizie si nascondano sempre dietro l’angolo, per sbucare poi all’improvviso. E lo stiamo vedendo.
Il virus è divenuto imperante, siamo tutti esasperati ma soprattutto richiamo di cadere in un vortice che ci risucchi nel disorientamento, nella solitudine e nella destabilizzazione dei rapporti umani.
Continuiamo a perdere? Siamo rinchiusi come in una bolla, eppure ci sarebbe molto più tempo da impegnare per fare telefonate chilometriche invece di ridurci a semplici messaggi. Non ci si può vedere, d’accordo, ma quantomeno non perdere il valore della parola si può. Basterebbe impegnarsi un po’ di più. Sembra tuttavia sfuggirci qualche cosa anche in tempo di crisi. Anche la morte.
Ieri, 2 novembre, si è spento il mattatore delle scene italiane: Gigi Proietti. Tra cinema, teatro e televisione è stato colui che ha rappresentato a tutto tondo un’arte sublime, con stile, educazione e umiltà. Scrittore di sonetti, quelli alla romana, era goliardico, spiritoso e ficcante. Sempre pronto alla battuta e all’ironia, non solo in scena.
Abbiamo perso dunque una persona carismatica che ha attraversato quasi un secolo di storia, e un artista che farà da esempio, anzi da maestro, alle giovani leve. Si spera. Abbiamo perso colui che ha portato la romanità sui palchi donandole dignità e che ci ha regalato risate infinite che riecheggiano tuttora. Indomito: ha diretto teatri grandi e ha fatto del Globe Theatre a Roma cassa di risonanza.
Insomma, in che modo perdiamo in questi tempi bui? Di affettività, forse. Ma si perde anche quella facoltà di difendersi dagli estremisti, visti gli ultimi tragici fatti accaduti a Nizza e a Vienna.
Perché siamo vulnerabili? Per quale motivo si uccide gente innocente? In nome di chi? Chi decide che la nostra società non è idonea per altre civiltà? Perché violano il nostro territorio con violenza gratuita?
Questa settimana ci lasciamo così. Si sa, è un periodo destabilizzante e che invita a riflettere interiormente. Siamo rallentati, non siamo più abituati a questi ritmi. Rinunciamo costretti a modi di vivere ormai insiti in noi. Sarà un momento fonte di rinascita, auspichiamo. Di un respiro nuovo e probabilmente di nuovi equilibri che ci faranno comprendere quanto vita e relazioni siano essenziali.
Meditiamo, per lasciar il giusto spazio al lavoro come alla vita privata. Bilanciandone dosi e sapori. Per non uscirne sconfitti di nuovo e riappropriarci di sentimenti sani, sereni e, perché no, vulnerabili. Purché se ne riconoscano le differenze.
Nel frattempo attendiamo il destino dell’America. Ci auguriamo rinnovato.