Cinzia Scaglione
“L’obiettivo di ‘In her shoes’ è infatti quello di partire dalle scuole e dai giovani, ‘prendersi cura’ di loro e delle loro esperienze e renderli protagonisti, contrastando un’idea errata di patriarcato e di concezione della donna e del ‘diverso’. Si tratta di un progetto di educazione di genere e sentimentale attraverso la pratica teatrale e cinematografica. Ascoltare sé stessi e gli altri per giungere ad una maggiore consapevolezza e riuscire ad esprimersi.“
Come già anticipato nell’articolo precedente – questo mese – Rivoluzione Donna, ha deciso di coinvolgere Cinzia Scaglione: attrice professionista, giornalista-pubblicista ed autrice. Abbiamo scelto di intervistarla anche e soprattutto per il suo coinvolgimento ed enorme contributo nella lotta contro la violenza di genere.
Cinzia ha, infatti, riscosso enorme successo grazie ad alcuni spettacoli. Importante tra tutti “Viola non è il mio nome”, una messa in scena che ha trovato un riscontro positivo non solo tra il pubblico, ma anche da parte della critica, di cui vi parlerà più avanti la nostra intervistata.
Sono solita incontrare le donne che intervisto, si crea sempre una bella sinergia, le domande assumono una nuova connotazione man mano che la conversazione procede. In questo caso, purtroppo, non è stato possibile.
Cinzia ed io ci siamo sentite diverse volte – tra telefono e whatsapp – per cercare di scegliere un argomento specifico di cui parlare, che riguardasse l’essere donna in questa società (e solo noi possiamo sapere quanto questo sia difficile).
Cinzia Scaglione: insegnare a empatizzare
Durante una telefonata mi ha accennato di un progetto di sensibilizzazione rivolto alle scuole – “In her shoes” -, un percorso per insegnare ad empatizzare e – prima di tutto – ascoltare usando come mezzo il teatro.
Nonostante la distanza, le domande e le risposte scambiate telematicamente hanno mantenuto la stessa, bella, energia. Probabilmente anche grazie al fatto che ci conosciamo personalmente e, come amo dire spesso, “l’unione tra donne racchiude un potere speciale da cui può nascere qualcosa di veramente magico.”
Dopo questa doverosa premessa, vi lascio alle parole della protagonista di questo mese, sperando che anche questa intervista possa essere un piccolo grande contributo a scatenare la nostra rivoluzione.
Cinzia Scaglione, da quanti anni lavori nel mondo del teatro?
“Da circa vent’anni, passando attraverso diversi generi: comico-brillante, musical, drammatico, commedie, monologhi e stand-up comedy con testi di cui sono anche autrice, sia in teatro sia in tv. Per quanto riguarda quest’ultimo genere ho partecipato a Zelig Lab, scelta dagli autori del programma e mi sono esibita in coppia con l’attore Rosario Petix al teatro Golden di Roma, divertendoci a interpretare una coppia sicula sui generis. Inoltre, sono stata ospite più volte su Rai 1 e Rai 2 come autrice-monologhista. Poi, in particolare, ho iniziato a sviluppare progetti legati all’essere donna, la condizione femminile e soprattutto alla tematica della violenza.“
È diverso tempo che hai intrapreso questa forma d’arte e contribuisci a trattare problematiche sociali all’interno delle scuole: cosa ti appassiona di più di questa fusione?
“Ho iniziato nel 2015 con lo spettacolo teatrale ‘Viola non è il mio nome’, tratto dal libro di Alberto Bottacchiari e adattato da me e Sergio Iovane, con il quale ho anche scritto il dialogo di apertura. Siamo tre attori in scena, due danzatori e un musicista. È una sorta di happening teatrale, un mix di arti, recitazione, poesia, musica, danza, pittura, canto (con la splendida voce di Katia Mastrolembo). Sono la protagonista e ne curo la regia, sperimentando di volta in volta espedienti narrativo-visivi differenti. In una serata, ad esempio, ho inglobato la body art in forma d’arte estemporanea. È uno spettacolo di denuncia, crudo, che parla di violenza, di stupro, che ha avuto un impatto forte sul pubblico. Molti spettatori ci hanno ringraziato scrivendo pensieri pregnanti, toccanti, nel ‘diario delle emozioni’, così come amo chiamarlo, lasciato nel foyer a disposizione degli spettatori, post rappresentazione. Gli insegnati che hanno assisto alla messa in scena ci hanno chiesto di portarlo nelle scuole. Abbiamo avuto critiche positive anche da psicologi. Ho trattato la tematica anche in maniera multimediale, scrivendo un cortometraggio sul femminicidio, ‘Mia’, che ha vinto il Rome Independent Fest – sezione Cinema solidale, selezionato da Rai Cinema Channel (Festival internazionale Tulipani di seta nera) e al festival di Taormina. Ne ha parlato Marzullo a Cinematografo per l’efficacia del racconto breve su un tema importante come quello appunto del femminicidio. ‘Mia’ è stato proiettato in diverse scuole, anche all’estero e in una Università a Pavia, dove sono stata ospite.
***In realtà non è l’unico argomento in ambito sociale di cui mi sono occupata; infatti, nel 2016 ho scritto e interpretato ‘Il viaggio della crisalide’, un corto che racconta di una giovane donna condannata a morire da un male incurabile e che decide di affidare il figlio al suo migliore amico, gay, che convive con un altro uomo, quindi ho parlato di diritti. Diciamo che mi stanno a cuore i diritti di tutti, tendo a schierarmi dalla parte delle cosiddette ‘minoranze’, di chi non ha voce. Provo una vera e propria insofferenza verso le ingiustizie, le disparità di trattamento, le discriminazioni e sono contro ogni forma di razzismo, di autoritarismo. ***
Considero il mio lavoro artistico una missione: sono fermamente convinta che sia necessario partire dalle scuole, dove il teatro ed il cinema – come materie di insegnamento – potrebbero ‘aprire le menti’, generare cultura. Ed ecco perché ho ideato anche un progetto di educazione sentimentale – ‘In her shoes’ – attraverso queste due discipline, da attuare nelle scuole. Ancora preferisco non svelare molto, ma credo fermamente che l’arte possa incidere e nutrire la mente e il cuore dei giovani. Sono loro che possono cambiare le cose.“
Cosa ti ha spinta ad iniziare questo nuovo percorso?
“La mia vicenda personale. Non desidero entrare nel merito, ma posso dire che io ce l’ho fatta e voglio mettere a servizio delle altre donne la mia esperienza. Conosco bene ciò di cui parlo.“
A tal proposito come vivi tuttora le tue esperienze e hai vissuto quelle precedenti con gli alunni?
“Mi piace lavorare con i giovani, è difficile catturarne l’attenzione, sono degli spettatori intransigenti, severi, sinceri. Ho fatto un’esperienza in passato in una scuola media, e devo dire che sono riuscita a coinvolgerli, tanto da lavorare con loro anche al di fuori dell’orario prestabilito. Abbiamo realizzato un corto sulla potenza dei sogni ed è stato bello. Vedremo come accoglieranno questo progetto, appena riusciremo ad attuarlo.“
Attualmente hai deciso di concepire “In her shoes”: in cosa consiste il progetto?
“Sì, questo è il titolo. Come diceva il filosofo – anarchico russo – Pëtr Alekseevič Kropotkin: ‘Se riuscissimo a metterci nei panni degli altri, tanto da sentire gli altri come se fossimo noi, non avremmo più bisogno di regole, di leggi. Perché agiremmo per il sentire comune e quindi non faremmo mai qualcosa contro qualcun altro che sentiremmo come fosse noi’. L’empatia è la capacità di comprendere appieno lo stato d’animo altrui, sia che si tratti di gioia o di dolore. È guardare con gli occhi di un altro, ascoltare con le orecchie di un altro, sentire con il cuore di un altro. L’esercizio di mettersi nei panni altrui ci può far diventare una società migliore. L’obiettivo è infatti quello di partire dalle scuole e dai giovani, ‘prendersi cura’ di loro e delle loro esperienze e renderli protagonisti, contrastando un’idea errata di patriarcato e di concezione della donna e del ‘diverso’. Si tratta di un progetto di educazione di genere e sentimentale attraverso la pratica teatrale e cinematografica. Ascoltare sé stessi e gli altri per giungere ad una maggiore consapevolezza e riuscire ad esprimersi.“
Che cosa ti aspetti da questa avventura?
“Mi piace pensare che i partecipanti verranno portati a riflettere e ad attuare piccole rivoluzioni culturali nella loro quotidianità, che metteranno quindi in pratica quella nuova consapevolezza. È da lì che passa il cambiamento.“
Cosa credi si aspettino le ragazze e i ragazzi, invece?
“Credo che coloro che vorranno approcciarsi a questo progetto lo faranno con semplicità, per mettersi in gioco, senza particolari aspettative. Sarà comunque un momento importante di creazione, empatia, condivisione. Qualcosa dentro ognuno sicuramente cambierà, inevitabilmente.“
Non pensi sia difficile per utenti che non hanno scelto di intraprendere la carriera artistica approcciare al teatro toccando tematiche così delicate?
“No, quella credo sia la parte più divertente, nonostante si tratti di temi delicati. Il teatro è gioco: è catartico, terapeutico, è spinta propulsiva, è energia. Non serve essere attori per sperimentare. Il teatro – in questo caso – è strumento per andare oltre i pregiudizi, per capire meglio l’altro. E la telecamera diventerà una loro alleata, confidente, specchio dell’anima, coscienza, interiorità; un’amica.“
Ho notato che “empatia” è la parola chiave di questo percorso, come pensi di riuscire ad influenzare positivamente gli allievi per sensibilizzarli verso tematiche affettive?
“Proporrò ai ragazzi una serie di stimoli ed esercizi per indurli a prendersi cura delle proprie emozioni, anziché viverne in balia.“
Hai detto che la telecamera diventerà una loro amica, ma vorrei chiederti come mai hai scelto di filmare tutto?
“Perché ognuno di loro diventerà protagonista di storie, le loro storie. Diventerà preziosa testimonianza.“
***Non potrebbe porre dei limiti alla spontaneità delle studentesse e degli studenti stessi?
“No, perché sarà un occhio discreto, che subentrerà nel momento opportuno, diventando appunto compagna, confidente.” ***
Il tuo lavoro ti permette di portare il teatro all’interno delle scuole e vivere questi ambienti in modo professionale. Come è cambiata per te la scuola nel corso degli anni?
“Oggi gli studenti hanno molte più opportunità, soprattutto a livello di strumenti didattici, e questo è un bene. Non sono ancorata ai vecchi metodi di insegnamento. I ragazzi vanno incentivati, motivati. Ciascuno è importante, ma lo è ancora di più il lavoro di squadra.“
Il teatro può essere un mezzo per sconfiggere il patriarcato?
“Sconfiggere non lo so, ma sicuramente può dare un contributo importante. In passato ovviamente la cultura patriarcale era più esplicita, ci sono state delle conquiste significative, ma le relazioni fondamentali di potere sono rimaste le stesse. Ancora oggi si tende a pensare che ci siano ‘cose da femmine’ e ‘cose da maschi’. Ci sono ruoli che rimangono prerogativa degli uomini, non c’è parità salariale. Molti hanno ancora una cultura del ‘possesso’ ed i casi di violenza e femminicidio parlano chiaro, così come l’idea della donna che – in quanto tale – debba necessariamente procreare. Guai a decidere di seguire le proprie ambizioni e magari anteporle ai figli, rimane una prerogativa degli uomini; la società ti condanna e mi riferisco alla maggioranza, non alla totalità ovviamente. Ecco, vorrei svegliarmi in un mondo in cui le differenze tra uomini e donne non ci siano più, un mondo dove vengano rispettate le libertà individuali. Ognuna deve poter scegliere, senza preconcetti sociali.“
Cinzia Scaglione descrive la società che tutte noi vorremmo e parla di disuguaglianza in modo diretto, e con la stessa efficacia ha tratteggiato il profilo del suo progetto, raccontandolo con coinvolgimento emotivo. Possiamo percepire la sua grinta e la sua tenacia, caratteristiche che l’hanno portata a raggiungere quei risultati che sono un passo importante per tutte le donne e per il contesto in cui viviamo.
Ammiro il suo fervore e la sua energia.
Ora, come sempre, è arrivato il momento delle ultime tre domande. La chiusura di tutte le interviste. Andiamo a leggere cosa e chi ha influenzato la vita ed il pensiero della nostra nuova amica.
Quale è la figura femminile che ha, per te, grande importanza?
“Non posso citarne solo una. Tante donne hanno contribuito, in maniera diversa, da Artemisia Gentileschi, a Giovanna D’Arco, Viginia Woolf, Rosa Parks. Ne dovrei citare tantissime.“
Mi diresti quale opera femminile ha avuto un impatto rilevante nella tua vita?
“‘Lo Stupro’ di Franca Rame, mi ha devastata, ha costituito un ulteriore sprone ad impegnarmi attivamente.“
Ed ora, dedica un augurio o esprimi un’esortazione rivolta a tutte le donne!
“Auguro a tutte noi di costruire, ognuna nel nostro piccolo, una società migliore. Dobbiamo avere il coraggio di compiere piccole rivoluzioni. Questo significa anche avere la forza di allontanarci da chi ci mortifica, chi non rispetta le nostre idee, la nostra libertà. E quando necessario, chiedere aiuto, denunciare. Impariamo ad amarci.“
Silvia Bruni
Non penso ci sia bisogno di aggiungere altro. Penso sia giusto salutarci con questa ultima frase, un concetto che troppo spesso mettiamo in fondo alla lista.
Si, impariamo ad amarci!
Ringraziamo Cinzia per la sua disponibilità.