Il 29 settembre scorso, la Sala Baldini di Roma ha ospitato la pianista Cinzia Dato. Con professionalità e ardore, la Dato ha donato al pubblico un concerto pianistico delicato che sembra faccia entrare in un mondo parallelo
Ci sediamo in penombra, aspettando che qualcosa accada. E ciò che avviene non ci delude. Cinzia Dato sale sul palco con quell’aria quasi distaccata, come se tutto fosse già stato scritto, e lei fosse lì solo per farci sentire la verità.
Poi inizia a suonare, e l’autenticità diviene un’altra cosa. Si trasforma, si fonde, si incarna nelle musiche di Couperin, Rameau, Haendel e Bach. Quello che doveva essere un concerto diventa un’esperienza che ribalta l’anima, e ti chiedi come tu abbia vissuto finora senza queste note.
Cinzia Dato: la maestosa architettura sonora
Partiamo dalle “Baricades Misterieuses” di Couperin. Niente giochi, niente finta dolcezza: Cinzia le affronta di petto, con una delicatezza che conduce in un mondo parallelo, dove ogni barriera si sgretola sotto le dita della pianista.
Poi arriva Rameau, con la sua “Les Niais de Sologne” che non ha nulla di sciocco: è un invito a lasciare dietro ogni preoccupazione moderna e a tuffarsi in una danza che sa di terra e sudore.
Qui comincia la vera magia: Haendel. “La Suite in D minore” si dispiega come un racconto epico, ogni movimento una tappa in un viaggio monumentale. Il “Presto” e “l’Allegro” ti prendono e ti sbattono in faccia l’energia che Haendel sapeva costruire, e la pianista non si risparmia.
Ogni nota è un colpo preciso, un pezzo di quella maestosa architettura sonora che solo i più grandi possono concepire. Ma poi, ecco la “Chaconne in G minore”. E qui, amici, ci troviamo di fronte a qualcosa di trascendentale.
La chaconne non è solo una forma musicale, è un’esperienza spirituale, un’epopea, e Cinzia la scolpisce come un Michelangelo al pianoforte, rendendo ogni variazione più potente della precedente.
Pensate sia finita? No, perché arriva Bach, o meglio, il Bach-Busoni. La “Chaccone in D minore” è il momento apice, il punto in cui il tempo si ferma. Trascritta da Busoni, è già un colosso da far tremare i polsi.
Ma Cinzia? Semplicemente la domina. La trasforma in una lotta tra luce e oscurità, tra speranza e disperazione. Ogni nota è un macigno che ti schiaccia, ma lo fa con una tale bellezza che accetti di essere annientato. Ti arrendi, e in quell’arrendersi trovi la pace.
Bis da brividi
La Sala Baldini è stata la culla perfetta per questa serata. L’ambientazione raccolta ha amplificato la potenza delle interpretazioni di Cinzia.
Il Festival Notti Romane al teatro di Marcello – Concerti del Tempietto ci ha infatti abituato a concerti incredibili: questa volta però siamo andati oltre. Abbiamo toccato le stelle e siamo tornati indietro con le mani sporche di polvere di universo.
La Storia Concertistica degli ultimi 50 anni? Diciamo solo questo: se non eri lì, non puoi capire. Cinzia Dato non ha solo suonato Haendel e Bach; li ha resuscitati. È stato come stare seduti a parlare con i giganti, e uscirne piccoli, con il cuore pieno di gratitudine. Se questo è il futuro della musica, non vediamo l’ora di viverlo.
Tuttavia l’evento non termina qui. Quando pensi di aver visto tutto, di aver ascoltato il massimo, Cinzia Dato tira fuori dal cilindro due bis che lasciano con la bocca spalancata e le mani pronte a esplodere in applausi.
Prima, uno Chopin micidiale: “l’Etude op. 10 n. 9”. Un brano che è un incantesimo melodico, una linea sinuosa che si arrampica tra le tue emozioni, come solo Chopin sa fare. L’artista non sbaglia un colpo, rendendo l’Etude qualcosa di più di un esercizio tecnico: lo trasforma in poesia. Ogni nota un respiro, ogni frase un sussurro che ti entra nelle vene.
Dopo arriva Scarlatti con la sua “Sonata K208 in A-dur“, e qui si chiude il cerchio. Un pezzo che vibra di eleganza e di leggerezza, anche di quel mistero che Scarlatti sa infilare tra le righe delle sue composizioni. Cinzia lo interpreta come una danza, fatta di chiaroscuri e delicate tensioni, lasciandoci sospesi in un equilibrio perfetto tra il passato e l’eternità.
Due bis che hanno messo il sigillo finale su una serata già memorabile. Chopin e Scarlatti sono stati come quei due colpi di pennello che completano un capolavoro. Non poteva esserci chiusura migliore per quello che è stato il più grande concerto di questa Storia Concertistica.
Filippo Novalis
Notti romane al teatro di Marcello
Concerti del Tempietto
Festival Musicale delle Nazioni
29 settembre
Cinzia Dato
Couperin
Baricades Misterieuses
Rameau
Les Niais de Sologne
Haendel
La Suite in D minore
Chaconne in G minore
Bach-Busoni
Chaccone in D minore
Chopin
Etude op. 10 n. 9
Scarlatti
Sonata K208 in A-dur