Chiara Casarico
“L’idea originale è stata quella di tornare alle origini del teatro, alla sua funzione sociale di strumento di aggregazione e di discussione della comunità su sé stessa“
Era il 2021 e, dopo la pandemia, si cominciavano a riaprire gli spazi teatrali, anche quelli esterni. Si indossava ancora la mascherina per proteggerci e piano piano il mondo ricominciava a muoversi nuovamente.
All’epoca ci facemmo una chiaccherata con Chiara Casarico – Intervista a…: Chiara Casarico, ‘Agorà’ tra musica e parole – riguardo il suo progetto “Agorà – Teatro e musica alle radici” e all’iniziativa che la vedeva coinvolta insieme al suo gruppo di lavoro: “Toc Toc Teatro – Il teatro che bussa alla tua porta”, una forma di teatro urbano che intendeva avvicinare le persone, appunto, nel post-pandemia.
Ora, abbiamo sentito l’esigenza di approfondire, con Chiara, l’andamento del Festival Agorà che con il tempo si è ampliato e diviso in due parti, ma soprattutto comprendere quanto conta per lei e la sua compagnia, IlNaufragarMèDolce, creare un contatto con lo spettatore, portare il teatro in piazza, all’aperto, in periferia.
Divulgare bellezza, inoltre, è un altro aspetto di Agorà come quello di dare voce all’arte, alla cultura e alla musica attraverso i molteplici linguaggi artistici che si combinano tra loro, in cui la forte sinergia del gruppo crea un vortice di idee che confluiscono verso un’unica via: quella della rassegna che abbraccia ogni tipo di individuo.
Chiara Casarico, a maggio è iniziata la prima parte della tredicesima edizione di “Agorà – Teatro e musica alle radici”. Cosa vi ha spinto a creare la rassegna e a installarla nelle periferie della capitale?
“Abbiamo seguito l’esigenza di uscire dai circuiti classici della cultura, di uscire fuori dal centro, di portare la Cultura nelle periferie, dove indubbiamente l’offerta culturale è inferiore, se non addirittura assente. Abbiamo scelto di operare fuori dagli spazi istituzionali, spesso all’aperto, nelle strade, nelle piazze, nei cortili, nei centri anziani, nelle scuole per avere un contatto diretto con la Comunità, privilegiando quella parte di cittadinanza che privilegiata non è.”
Da quale idea nasce “Agorà” e in che modo si è evoluta nel tempo?
“L’idea originale è stata quella di tornare alle origini del Teatro, alla sua funzione sociale di strumento di aggregazione e di discussione della Comunità su sé stessa. Siamo partiti, infatti, dai cortili – primi luoghi di socialità urbana – per fare in modo che non fossero solo luoghi di passaggio, ma ritornassero ad essere luoghi di incontro e di confronto. Dai cortili di San Basilio e Tufello, ci siamo poi spostati a Pietralata, dove per anni abbiamo animato un piccolo anfiteatro urbano. Col passare degli anni il festival è cresciuto ed è diventato sempre più diffuso ed itinerante, dai cortili alle piazze, alle strade, ai parchi, ai centri anziani, alle biblioteche, alle scuole, ai musei. Il movimento – che è sempre stato centrifugo e centripeto – ci ha portato ad approdare al Teatro del Lido di Ostia (estrema periferia), dove stabilmente operiamo dal 2021 e da quest’anno siamo approdati al Museo di Casal de Pazzi, un luogo che per sua natura ci riconduce alle origini.”
Cosa significa per la vostra compagnia Il NaufragarMèDolce esibirsi nelle periferie, in spazi aperti e vivere la “piazza dal vivo” per sentirsi vicini alla platea?
“Vivere la piazza, significa avere un contatto con lo spettatore, prima, durante e dopo lo spettacolo, significa attuare un’osmosi tra attore e spettatore, dove palco e platea di confondono, dove la vita scorre a doppia mandata nell’atto del dare e del ricevere, dove le persone sono chiamate ad essere ‘presenti’ nell’atto creativo.”
Gli eventi si compongono come un puzzle: musica, teatro, clownerie, circo e spettacoli itineranti dialogano tra loro. In che modo riuscite ad appassionare spettatrici e spettatori?
“La varietà dell’offerta e la mescolanza dei generi, esalta tutte le diversità e porta un messaggio per sua natura inclusivo, per questo gli spettatori si appassionano e si avvicinano, perché capiscono che lavoriamo in maniera sincera, portando piccoli-grandi momenti di bellezza e di gioia, da saper cogliere in maniera estemporanea, azione, che oggi, diventa un atto rivoluzionario.”
Come si costruisce una rassegna di tale spessore e di lunga durata?
“Si costruisce con un atto collettivo, infatti Agorà è frutto di relazioni tra artisti che hanno una stessa visione utopica, pur nella diversità di stili e modi di portare bellezza.”
“Bisogna avere la delicatezza di proporsi alle persone e saper trasmettere un messaggio positivo, naturalmente usando le proprie competenze artistiche”
Qual è il segreto di tanta persistenza e costanza nel portare avanti “Agorà”?
“La forza del gruppo, la voglia di lavorare insieme, la stella polare di condividere la bellezza è quella che crea coesione e spessore. Per questo mi sento di ringraziare i miei amici, collaboratori, colleghi e soci che da anni credono in questo sogno donchisciottiano che è il NaufragarMèDolce: Tiziana Scrocca, Laura Gentile, Stefano Romanelli, Rita Superbi, Emanuela Bolco, Luciano Pastori, Maria Plateo, Artigiani Digitali a cui si aggiungono storiche collaborazioni con grandi artisti della scena nazionale (sarebbe troppo lungo l’elenco) e giovani leve che speriamo continuino a crescere con noi.”
In questi anni in che modo è aumentato l’interesse del pubblico verso il vostro lavoro e dunque che tipo di risposta avete dalla gente?
“Negli anni il pubblico si è affezionato, rinnovato, cresciuto. Lo vediamo sui social e come presenza agli eventi. Ogni volta è una manifestazione di affetto e di gradimento.”
Qual è stata la giusta comunicazione al fine di avvicinare le persone comuni non proprio avvezze al teatro?
“Bisogna avere la delicatezza di proporsi alle persone e saper trasmettere un messaggio positivo, naturalmente usando le proprie competenze artistiche.”
Perché la rassegna è suddivisa in due parti?
“Volevamo sfruttare il bel tempo dell’inizio estate per gli interventi prettamente urbani, mentre l’autunno lo abbiamo riservato agli eventi al Museo Casal de Pazzi e al Teatro del Lido di Otia.”
Di cosa ha bisogno il nostro Paese per crescere/affinarsi su tutti i livelli sia sociali sia culturali?
“È necessario continuare a diffondere con costanza l’arte, la cultura e la bellezza per avvicinare le persone. Abbiamo bisogno di politiche culturali che diffondano la cultura a tutti i livelli e che decidano di fare investimenti costanti a livello territoriale. È necessario educare sin dalla prima infanzia alla fruizione dello spettacolo dal vivo e continuare a diffondere l’arte del teatro e della musica anche per le persone adulte che non hanno la possibilità o la capacità di avvicinarsi a questa antica e fondamentale pratica umana.”
A tal proposito, come percepisce la situazione attuale che riguarda in particolar modo la nostra cultura?
“Siamo messi molto male…”
In che modo possiamo migliorare come persone per non sentirci più succubi di violenza, intolleranza, discriminazione e privazione dei nostri diritti civili?
“Bisogna mettersi in contatto, noi ci proviamo costantemente!”
Un augurio alle nostre lettrici e ai nostri lettori e un auspicio per il futuro
“Che la bellezza sia con voi!”
Annalisa Civitelli
Foto: Matteo Nardone
Ringraziamo Chiara Casarico per la sua disponibilità all’intervista.