Caterina Costantini
“Il testo fa riflettere proprio sui nostri giorni. Tematiche come la guerra, lo stupro, la violenza sulla donna, purtroppo, sono più che mai attuali. “
Caterina Costantini, attrice affermata che durante il corso della sua ampia carriera ha recitato accanto ad attori noti e impersonato diversi personaggi femminili, a distanza di quasi 40 anni dal primo allestimento teatrale del 1985, ritorna a interpretare il ruolo di Cesira, figura femminile che l’autore disegna con forza e maestria nel suo celebre libro.
Reso immortale anche grazie alla pellicola firmata da Vittorio De Sica nel 1960, con protagonista Sophia Loren, “La Ciociara” sarà in scena al teatro Marconi di Roma, dal 12 al 15 dicembre, per l’adattamento dal drammaturgo Annibale Ruccello.
Abbiamo così intervistato l’attrice che, nei panni della protagonista, ci racconta quanto ancora il testo si possa considerare attuale per i suoi contenuti sviscerati grazie a una visione tangibile dei fatti.
Nel libro, infatti, Moravia parla non solo di guerra ma anche di violenza sulle donne – circostanze che tutt’oggi non tendono a spegnersi -, e invita ad amare, incontrarci e a guardarci in profondità.
Caterina Costantini dunque ricalca questo concetto al fine di incoraggiare la trasformazione interiore, per auspicare una società migliore basata su valori come la famiglia, il dialogo e l’aiuto reciproco.
“Il dolore fa rinascere, anche se il trauma del dolore stesso ce lo portiamo appresso tutta la vita. Proprio per questo, bisogna avere la capacità di trarne qualcosa di buono senza crogiolarsi nella sofferenza.”
Caterina Costantini, “La Ciociara” è un grande classico. Cosa significa per lei portare in scena un testo così celebre e al contempo tragico?
“Credo sia più di interesse oggi che non quando l’ho interpretato nel 1985 per la prima volta: il testo fa riflettere proprio sui nostri giorni. Tematiche come la guerra, lo stupro, la violenza sulla donna, purtroppo, sono più che mai attuali. In questo spettacolo non c’è un femminicidio, altro argomento di cui in questi anni si parla quotidianamente. Tuttavia è come se ci fosse: lo stupro che subisce la giovane Rosetta è come se l’avesse in qualche modo uccisa psicologicamente. La rappresentazione inizia dagli anni ’60, durante il boom economico, e certamente il tempo ha fatto in modo che si allontanasse la tragedia della seconda guerra mondiale, anche emotivamente. Quel periodo però ha fatto sì che Rosetta abbia perso quel candore che aveva, perché comunque quello che ha subito l’ha segnata e non può essere altrimenti. Quindi ‘La Ciociara’ io la trovo più che mai attuale.”
Pare non sia cambiato nulla da allora, siamo ancora qui che parliamo di guerra e di violenza sulle donne. Cosa deve cambiare veramente secondo lei?
“Temo che, in questo momento, si possa arrivare al peggio. Dobbiamo fare un passo indietro, nel senso che la guerra non serve a niente. È ovvio che serve ai potenti, perché non è un fatto umano, è un evento prettamente economico, serve alle multinazionali, a chi vende le armi. Non siamo poi così stupidi come vogliono farci apparire: la minaccia continua del nucleare è una situazione molto complessa e non sono in grado di dire come si possa risolvere. Nel mio piccolo cerco di sensibilizzare chi sta intorno a me e allo stesso tempo me stessa. Dobbiamo cambiare noi per primi, è la trasformazione maggiore da fare.”
Il personaggio di Cesira nella pellicola di Vittorio De Sica è interpretata da Sofia Loren. Come è, invece, la Cesira di Caterina Costantini in teatro?
“La Loren ed io indubbiamente siamo due attrici completamente diverse. La critica mi ha sempre più associato alla Magnani che alla Loren. Onestamente, devo dire che, anche se l’età non era giusta per la Loren, in ‘La Ciociara’ lei è stata strepitosa, poiché era molto giovane. Altresì l’attrice è stata diretta magistralmente da un grande regista come De Sica e ha dato veramente il meglio di sé. Pensate che questo personaggio, inizialmente, era stato proposto ad Anna Magnani che lo rifiutò. Subentrò così Sofia Loren. Alberto Moravia mi confessò di non aver accettato questa scelta, perché la Loren era molto avvenente, giovane e bella, mentre la Magnani sarebbe stata più adatta a interpretare quel ruolo. Era infatti ‘popolana’, più aderente a ciò che lui aveva descritto nel libro.”
C’è una battuta dello spettacolo che dice “seppure gli uomini muoiono, il dolore li fa rinascere”. Secondo lei la sofferenza porta a una trasformazione in termini di nuova consapevolezza?
“Assolutamente sì. Il dolore fa rinascere, anche se il trauma del dolore stesso ce lo portiamo appresso tutta la vita. Proprio per questo, bisogna avere la capacità di trarne qualcosa di buono senza crogiolarsi nella sofferenza: quella afflizione non può non essere servita a nulla.”
Qual è l’insegnamento che ci lascia Moravia con questo testo?
“Di tentare il cambiamento, la trasformazione, altrimenti il rischio è che non ci sia un punto di ritorno. Soprattutto, Moravia invita ad amarci, a incontrarci e a guardarci veramente. Questo concetto è importante specialmente per i giovani di oggi a cui non sono stati passati molti valori essenziali come la famiglia, il dialogo e l’aiuto reciproco.”
È arrivato il momento di nominare tutte le persone che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto.
“‘La Ciociara’, scritto da Alberto Moravia, è adattato da Annibale Ruccello e diretto da Aldo Reggiani. La messa in scena, invece, è stata realizzata da me, poiché purtroppo Aldo ci ha lasciato quasi undici anni fa. Aldo era un straordinario attore e per questo testo ha fatto una splendida regia. A lui sono e sarò sempre riconoscente perché, oltre ad avermi regalato la cosa più bella della mia vita, mio figlio, Primo Reggiani, in questo progetto mi ha diretta con grande maestria. Benché siano passati molti anni, ci sono dei punti fermi nell’interpretazione di Cesira che non potrebbero essere cambiati, e sono proprio i suoi suggerimenti registici. Accanto a me c’è Lorenza Guerrieri, che interpreta una Concetta strepitosa, divertente; Giuseppe Renzo impersona Michele; Vincenzo Pellicanò veste i panni di Tommasino; Davide Varone è il tedesco, Mario Fedele; infine, Rosetta è impersonata da Flavia De Stefano, al suo primo ruolo a teatro. L’ho infatti scelta per il suo candore disarmante: la trovo perfetta per questo personaggio. Le musiche sono di Eugenio Tassitano e l’organizzazione di Gabriele Pianese. Preparate i fazzoletti, questa è una storia estremamente commovente, tragica.”
Il giorno della prima, il 12 dicembre, ci sarà anche suo figlio Primo Reggiani ad applaudirla in sala?
“Che emozione per me! Anche se lui si emoziona molto, quasi più di me. Va in ansia, ha paura che non mi ricordo le battute. Infatti, per evitare che mi distragga, si siede sempre sulle file dietro. Lo capisco, perché quando vado ad assistere ai suoi spettacoli sto in apprensione, ma è normale.”
Primo è figlio d’arte, ha voluto seguire le orme dei genitori?
“Forse sono un po’ colpevole, perché l’ho fatto recitare fin da piccolissimo. Era talmente bello! Mi fermavano per strada chiedendomi se fossi disposta a fargli fare cinema. Primo è salito sul palco per la prima volta all’età di tre anni, con me e Paola Borboni. Successivamente ha recitato in un film per la televisione con Ambra Angiolini e ha ricoperto altri ruoli. Ancora oggi prosegue la sua carriera con soddisfazione. Primo da piccolo voleva fare il calciatore ed era molto bravo. A causa di un infortunio dovette smettere. Ho insistito affinché iniziasse a recitare e per quanto il mestiere dell’attore sia precario, è il più bello del mondo.”
Gabriele Amoroso
Ringraziamo l’attrice Caterina Costantini per averci concesso l’intervista.