Al teatro della Cooperativa milanese Beatrice Schiros, dall’8 al 12 gennaio, va in scena con ‘Metaforicamente Schiros’. Una performance teatrale in cui l’attrice, che ritorna dopo anni sul palco, racconta se stessa con ilarità
Quanto coraggio occorre per dire la verità a teatro? Lo si comprende riconoscendo quanto il palcoscenico e le sue maschere, talvolta, diventano una protezione. Sparire dietro il personaggio, la metafora, è una delle vie, forse delle ragioni, per i quali molti artisti scelgono un mestiere che è piuttosto una vita.
Del resto, spesso, rappresentare la vita altrui è la via migliore per dire la verità. Non vale così, almeno apparentemente, per Beatrice Schiros, che torna dopo due anni al teatro, in particolare al teatro della Cooperativa di Milano con ‘Metaforicamente Schiros’, giocando, almeno apparentemente, con l’antifrasi.
Tra le figure più interessanti del panorama teatrale, l’attrice nata a Parma e cresciuta a Pontremoli sfugge, programmaticamente, a definizioni e incasellamenti, compreso quello della scena, lasciata un paio d’anni fa nella sorpresa di molti.
E poi, alle identificazioni interpretative, per un’attrice che ha scelto sovente – soprattutto negli ultimi anni – la cifra del comico più salace e pungente, ma che sa essere perfettamente a suo agio anche su temperature decisamente più serie.
Lo si scopre anche in questo lavoro, benché a lungo, in un’ora in bilico tra la stand up e la confessione, si creda a lungo di essere del tutto immersi in un pezzo schiettamente comico.
Metaforicamente Schiros: farsi strumento scenico
‘Metaforicamente Schiros’ è, invece, molto di più. Lo è soprattutto poiché sceglie di negare l’assunto di cui più sopra, usando lo spazio della scena come uno personale, e proprio per questo collettivo.
Cosa sia vero e cosa non lo sia sta forse nello spazio di quell’avverbio. Di certo c’è che sul palco c’è tutta Beatrice Schiros, che fa racconto non di altri ma di sé, con un’intimità e una spudoratezza insolita persino per i suoi colleghi. E spiazzante, nella società della performance che, anche nostro malgrado, ci induce a rappresentarci al meglio di noi stessi.
Schiros dunque si fa strumento scenico, con l’attento apporto di Gabriele Scotti, accorto nel mettersi in ascolto e dare forma drammaturgica a una confidenza per la scena che, non a caso, è o vuol sembrare la scommessa di una seduta psicoterapeutica portata in scena.
O meglio, di un atto psicomagico, come lo impone Jodorowsky: la rottura di un limite, di una convenzione, di una zona di conforto, l’attraversamento di un abisso per rinascere a una vita nuova o – come in questo caso – ritrovare la propria casa, da cui si è fuggiti quando non la si è più sentita tale.
Un esercizio di intimità: giocare con se stessi
L’espediente drammaturgico che Schiros e Scotti scelgono per questo esercizio di intimità è da manuale del comico: la risata grassa, gli imbarazzi, il corpo, il sesso: c’è tutto quello che ci si aspetta che ci sia per un pubblico che vuole ridere tanto e subito, a patto di non soffermarsi su quanto e perché; chi è in scena, infatti, sta scegliendo di mettere alla berlina se stessa, giocare con se stessa, trasformare in orgoglio le ferite e le mancanze.
Disinnescare, insomma, il giudizio e la valutazione mettendo il proprio corpo a disposizione di chi, tutti, se ne specchieranno. E, con il corpo, il vissuto, o almeno un vissuto metaforicamente reale: le relazioni, gli affetti, sopra ogni cosa, la famiglia.
È la confidenza, appunto, che Schiros sa creare con il pubblico a permettere tanto il divertimento senza filtri, quanto – e forse soprattutto – la connessione profonda che conduce, lentamente, ma in un climax che produce, sul finale, un cambio netto della temperatura scenica.
Dove, infine, ogni passo acquista senso, ogni risata accompagna verso la catarsi che, dello specchio, restituisce una verità lontana da ogni retorica e di luminosa lucidità: la vita di una donna “nata per essere figlia”, che si legge senza aver conti da saldare se non quello col teatro, lasciato quando non è stato più capace di essere un luogo felice e ritrovato, come il luogo in cui il talento e la sincerità non hanno più bisogno di dividere la scena con nessuno.
E con gli applausi al suo talento multiforme e alla libertà della persona, travolti e spiazzati dalla delicata franchezza, dall’amarezza divertita di cui è maestra, lo si può dire, non solo metaforicamente: col suo cognome greco e i ritmi perfetti Schiros è tornata.
Chiara Palumbo
Teatro della Cooperativa | Milano
Metaforicamente Schiros
dall’8 al 12 gennaio
di Beatrice Schiros e Gabriele Scotti
con Beatrice Schiros
Produzione A.T.I.R.
in collaborazione con Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano