Ieri 11 febbraio è cominciato ‘Sanremo 2025 – prima serata’, alla sua 75° edizione. Abbiamo però l’impressione che il tutto sia omologato a un sistema che detti legge e porti sul palco poche novità, a partire dal motivetto di apertura che spazza via l’ormai famoso “Perché Sanremo è Sanremo”. Ci chiediamo il motivo di questa scelta così poco consona e pessima. La prima puntata si è chiusa con un 63,3% di share pari a 12,6 milioni di telespettatori/telespettatrici, battendo Ama. Risultati che calcolano, per la prima volta, anche i device dai quali si è vista la manifestazione canora. Ma andiamo per ordine
È di nuovo quel periodo dell’anno…no, non stiamo parlando di quando guardiamo “Love Actually” a dicembre, ma di ‘Sanremo 2025 – prima serata’, il primo dopo la lunga e fortunata gestione di Amadeus come presentatore e direttore artistico.
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‘Sanremo’ è ormai un classico appuntamento per tutti/e gli/le italiani/e e la conduzione rassicurante di Carlo Conti non lascia prevedere guizzi di imprevedibilità, tanto da avergli affibbiato l’aggettivo ecumenica, attribuendogli in anticipo serenità e garanzie, forse più per i vertici Rai che per gli spettatori.
Intendiamoci, la conduzione di Amadeus non si è distinta dal passato per uno schema innovativo (da quel che ricordiamo la liturgia è sempre la stessa dalla notte dei tempi), ma per aver strizzato l’occhio in modo più furbo a molteplici generazioni contemporaneamente, lasciando calcare l’ingessato palco dell’Ariston anche ad artisti non convenzionali.
E, in questo senso, l’amico Conti sembra apparentemente aver imparato la lezione e mantenuto la stessa impostazione nel mix degli artisti in gara.
Sanremo 2025 – prima serata: Amadeus, la nostalgia
La vera fortuna di Amadeus è stata tuttavia quella di aver condotto il festival in un momento storico globale unico nella sua tragicità, quello della pandemia che ci ha costretti in casa a modificare radicalmente le nostre abitudini. Il clima scanzonato che abbiamo di conseguenza vissuto, anche attraverso la kermesse, gli ha conferito un affetto che non avrebbe ottenuto in un altro modo.
Attraverso le tappe dei festival condotti da Amadeus siamo stati prima sconcertati, poi spaventati, poi speranzosi e infine siamo tornati alla cosiddetta normalità.
Non pretendiamo innovazione per guardare Sanremo, lo faremmo a prescindere dai gusti musicali e televisivi personali, e dalle stroncature sui testi dell’Accademia della Crusca, perché ormai è diventato un appuntamento che si rinnova in entusiasmo e curiosità annualmente senza stancare, un po’ come San Valentino o Halloween (che non perché abbiamo festeggiato l’anno scorso che quest’anno non replicheremo).
Quindi, consapevoli della fortuna di avere cinque giorni di festività nazionale oltre a quelle segnate sul calendario (ahimè, a dispetto di chi lavora), ci accingiamo a commentare anche quest’anno cantanti e presentatori della 75esima edizione della manifestazione canora.
Gli omaggi
Dunque, ‘Sanremo 2025’ inizia con la voce di Ezio Bosso che ci ricorda che la musica sia come la vita; “si può fare in un solo modo, insieme”, ed è con la sua di musica meravigliosa che si accendono progressivamente le luci dell’Ariston.
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Molte standing ovation, ne contiamo per Cristicchi, per il Papa, per Noa e Mara Awad, e qualche problema audio di troppo nella prima parte della serata, il festival inizia con un ritmo sostenuto e veloce.
La gestione a tre colma buchi e silenzi e l’esperienza degli amici chiamati da Conti, Clerici e Scotti, non produce quei tipici imbarazzi sanremesi di chi calca quel palco da non professionista come atleti, modelle, astronauti, ma non brilla per simpatia.
Dopo l’esibizione di Cristicchi, Gerry Scotti ricorda il momento della conferenza stampa nel pomeriggio, durante la quale “il presentatore si era commosso ricordando gli sforzi fatti dalla madre vedova, aggiungendo che nemmeno una volta avesse fatto trovare la tavola non apparecchiata nonostante gli impegni della giornata”.
Questo pensiero ci permetterete una piccola riflessione. Senza nulla togliere all’intenzione di ricordala con affetto e riconoscenza, ci piacerebbe pensare che se la mamma si fosse sentita libera di “fare diversamente” e un giorno non avesse apparecchiato, per le più varie ragioni, dalla stanchezza alla distrazione per un’altra attività, sarebbe stata comunque ricordata con amore incondizionato.
Cominciamo a dirci e a dire alle donne che va bene anche fare in modo diverso, una gestione più equa e adeguata del carico mentale passa anche attraverso la costruzione di stereotipi e ricordi.
Sanremo 2025 – prima serata: gli ospiti
Anche le prime ospiti della serata arrivano veloci. Noa e Mira Awad sono anticipate, par la prima volta, da un messaggio pre-registrato del Papa, il quale ci richiama sulla questione delle guerre, che riguarda anche i bambini/e.
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Il duo artistico regala una delicata esibizione molto commovente; contiamo davvero che nella prossima edizione di Sanremo possano portare a compimento la promessa trasmessa sulle note dell’immortale “Imagine” di Lennon.
Il secondo ospite è Jovanotti. Anche se di oro vestito, Jova è sempre Jova e questo fa nella sua lunga esibizione, che parte roboante dalle vie adiacenti e culmina nel teatro Ariston con un meadly dei suoi successi. Il cantautore romano inoltre presenta il nuovo brano, morbido e romantico, “Un mondo a parte” accompagnato al pianoforte da Dardust.
La presenza di Cherubini si conclude insieme a Tamberi. Declamano un pezzo del filosofo Franco Bolelli che parla del corpo, della sua sacralità, della sua azione; comprendiamo tutti/e che siamo imperfettamente noi stessi/e. Forse la circostanza della kermesse più intima e riflessiva; infine l’atleta promette la sua partecipazione a Los Angeles 2028.
Segue il ricordo commosso di Sammy Basso, tuttavia un po’ sottotono, poiché Basso non è stato affatto ricordato come biologo, bensì sotto altri aspetti. Poi è il turno di Raf, che troviamo sul palco del Susuki Stage e ci fa ballare sulle note di “Self Control”.
‘Sanremo 2025 – prima serata’ si conclude con l’offerta delle trofie al pubblico da parte della Clerici che ricorda con orgoglio di “sapere di sugo”. In questo momento – da dimenticare, forse complice il sonno, rimpiangiamo anche Fiorello.
“Tutta l’Italia” – come se già non sapessimo che ci viviamo, il gingle di ‘Sanremo 2025’, continua insistentemente a risuonare a fine serata: è francamente brutto e non possiamo fare a meno di notare come contenga il ritmo costante che abbiamo sentito per la maggior parte delle canzoni in gara.
La prima serata della kermesse dunque ci lascia addosso la sensazione di aver sentito brani tutti un po’ simili; sicuramente la direzione artistica poteva osare di più e offrire una selezione di brani più eterogenea.
Laura Vespa
Le prime cinque posizioni
Brunori SAS
Giorgia
Lucio Corsi
Simone Cristicchi
Achille Lauro
Le esibizioni
Gaia – Chiamo io chiami tu
Dalla lettura del testo non sapevamo se aspettarci il sequel di “Sesso e Samba” o di “Ti telefono o no”; invece Gaia presenta la prima canzone del festival con una bella esibizione come ci ha abituato da X factor fino alla Notte della Taranta, ma nulla di più di un ordinario successo. Sappiamo che ha le potenzialità canore e la giusta dose di probabile miscela culturale per regalarci molto di più.
Francesco Gabbani – Viva la vita
Una canzone più seriosa rispetto a quelle a cui ci aveva abituati, con un ritmo echeggiante brani ramazzotiani. Ha tirato il freno a mano per andare sul sicuro? Da lui ci aspettiamo molto di più.
Rkomi – Il ritmo delle cose
Brano un po’ elettro – pop, un po’ disco anni ’80, “andamento lento descendente, ritmo altalenante“. Rkomi non ha una presenza vocale potente, ma la canzone è accattivante.
Noemi – Se ti innamori muori
Una Noemi sempre uguale a sé stesse presenta una canzone che appare piatta al primo ascolto, con una tonalità vocale più roca che in passato. Classico dei classici al limite della noia. Il brano è stato scritto da Mahmood ma non ce ne siamo accorti.
Irama – Lentamente
Il pianoforte introduce il brano per lasciare poi spazio alla chitarra che sostiene la classica ballata. La voce risulta addolcita rispetto ai recenti brani più rabbiosi.
Coma Cose – Cuoricini
La prima performance da marito e moglie inizia in modo scoppiettante e scenografico, come per vestiti e trucco. Il duo è camaleontico e ci ha abituato a costanti cambi d’immagine e di produzione musicale. Il brano che portano a Sanremo contiene parole prese in prestito dal gergo dei messaggi sui social, che stridono con un senso più introspettivo del brano. Il ritmo colpisce ma non è originale, e finisce prima di riuscire ad identificare i due tre brani che ricorda (Baustelle, Nada, che altro? Ci verranno in mente…)
Simone Cristicchi – Quando sarai piccola
Con il suo inconfondibile stile più parlato che cantato, presenta un brano musicalmente non collocabile nel tempo. Inizia l’esibizione visibilmente commosso, per cui gli perdoniamo qualche stonatura. D’altronde non si tratta di un cantautore dalla voce portentosa, ma riesce a confezionare brani alternativi alla solita produzione sanremese, che commuovono il pubblico, descrivendo con teneri giochi di parole la relazione fra un figlio adulto e la madre malata di demenza senile.
Marcella Bella – Pelle diamante
Sicuramente non il brano che ci saremmo aspettati da una cantante di vecchia generazione; infatti, il brano inizia con energia e carica come il testo, ispirandosi forse più alle recenti performance (e seguenti fortune streemmatiche) della collega Bertè. Temiamo però che non sarà una parolaccia ripetuta a rendere moderna questa canzone che pretende di riaffermare la forza delle donne ma cade nel più banale dei finali, dove alla fine lei “darà a lui il suo cuore“, nonostante sia “stronza, forse ma sorprendente” no.
Achille Lauro – Incoscienti giovani
Dal testo ci attendevamo il suo classico brano con un’aurea di glam bukowskiano (che ci perdonino gli amanti di Charles) che cantava l’amore di una gioventù maledetta, e un abbigliamento estremo come ci aveva abituato in passato. Invece si presenta con smoking (supercoprente) e ci chiediamo subito se sia lui o Antonello Venditti. C’è anche il sax sul finale! Non apprezziamo molto il tono strascinato tipico della sua voce ma il pezzo ci piace, e anche l’aria retrò romana che produce. Quest’anno potrebbe ambire al podio?
Giorgia – La cura per me
Pur consapevoli che nel 2025 siamo pronti ad affrontare qualcosa in più delle rime paura-avventura-cura, quest’anno il brano di Giorgia è bello e le permette di esprimere tutta la sua grazia e il suo talento vocale senza annoiare. Un’altra possibile finalista?
Willy Peyote – Grazie ma no grazie
La prima canzone con riferimenti all’attualità, dai manganelli nelle piazze, al politically correct e alle discussioni più o meno edificanti che proponiamo sui social ci giunge patinata da un ritmo funky in cui ci piace ascoltare anche un omaggio alle sonorità di Pino D’Angiò.
Rose Villain – Fuorilegge
Un bellissimo gioco di luci e colori introduce Rose Villain. Un testo senza particolari guizzi però sorregge un brano che non ci colpisce particolarmente ma che sicuramente non faticherà a farsi apprezzare come tormentone primaverile.
Olly – Balorda nostalgia
Onestamente ci aspettavamo molto da un testo che prometteva un piacevole utilizzo di immagini realistiche pur se per descrivere l’immancabile fine di un amore. Ma il brano non eccelle e risulta uguale alla sua ordinaria produzione.
Elodie – Dimenticarsi alle 7
Bellissima ed intonata, non fa nulla di effettivamente sbagliato. Tuttavia non riesce neanche quest’anno a presentare un brano che possa rimanere impresso tant’è che ci basta la pausa pubblicitaria per dimenticarcelo.
Shablo feat Guè, Joshua e Tormento – La mia parola
Shablo presenta un’orecchiabile base soul che accoglie la voce calda di Joshua. Il brano ci piace e lo riascolteremo volentieri.
Massimo Ranieri – Tra le mani un cuore
Un “cuore in fondo al mare”, a Massimone concediamo anche questo (a Nek e Tiziano Ferro che hanno scritto il testo un po’ meno). Il pezzo è però complessivamente energico e può esprimere tutta la sua potenza vocale.
Tony Effe – Damme ‘na mano
Il gossip pre-sanremese, fra le tante, dava notizia di lezioni di canto prese in vista dell’esibizione. Forse non sono state sufficienti. L’idea di una filastrocca in dialetto accompagnata dalla chitarra non sarebbe stata male ma il dubbio è lecito: quanto lo avrà spaventato il sindaco Gualtieri dopo il licenziamento dal capodanno romano? Se l’uomo non coincide con l’artista, avremmo voluto sentire un brano in linea con la sua idea di produzione musicale (beh non è che avremmo proprio voluto, ma già che era stato selezionato!)
Serena Brancale – Anema e core
Presentato come un omaggio a Pino Daniele ma è anche un tripudio di samba, ritmo, Brasile, italo americano. Sarebbe bello vederla fra i primi cinque posti.
Brunori Sas – L’albero delle noci
Canzone sulla condizione di padre con un testo che si presenta più ricco rispetto alle altre canzoni in gara. Innegabile il richiamo a “Rimmel” di De Gregori, nel ritornello coinvolge con un ritmo più originale e nel complesso l’esibizione è piacevole ma la sensazione che sia qualcosa di già sentito rimane.
Modà – Non ti dimentico
E i Modà cantano i Modà, dal 2002.
Clara – Febbre
Verrebbe da dire che la febbre la faccia un po’ salire la regia a singhiozzo. Brano arabeggiante con interessanti vocalizzi e parole straniere accattivanti. Piacerà al pubblico ma non avevamo dubbi che fosse stato confezionato per questo.
Lucio Corsi – Volevo essere un duro
Il menestrello ci regala una dolce canzone, autoreferenziale, con un bel andamento nel ritmo e nelle parole. Una moderna filastrocca dal sapore amaro che si riflette in una melodia dicotomicamente scanzonata e nostalgica.
Fedez – Battito
Non abbiamo capito se il clamore mediatico di cui è stato oggetto anche nei giorni precedenti a Sanremo gli possa aver recato danno o beneficio. Presenta una canzone con tristi giochi di parole su farmaci in un con-testo drammatico su un brano più ritmato di quanto ci si aspettasse. Per il commento su look e lenti a contatto nere ci riserviamo qualche giorno di tempo per riflettere.
Bresh – La tana del granchio
La Crusca lo aveva indicato come uno dei pochi promossi per la tipologie di espressioni usate, poco sanremesi. Il brano risulta orecchiabile e sicuramente ci piacerà di più ai prossimi ascolti, per il momento lo definiremmo in linea con i gusti musicali del direttore artistico del Festival.
Sarah Toscano – Amarcord
Non sapevamo che “Amarcord” fosse un aggettivo, ma demodè e deja vu sono azzeccati.
Joan Thiele – Eco
Una ballata dedicata al fratello con un testo diverso dalla media delle canzoni in gara, presenta sonorità che ci ricordano i Garbage. La voce è interessante anche se in alcuni momenti pochi chiara. È comunque uno dei brani che metteremmo nella playlist dei preferiti.
Rocco Hunt – Mille vote ancora
Napoli amore ed odio, sembrerebbe strizzare l’occhio ai fan di Geolier. Rocco Hunt però ha spesso utilizzato il dialetto nelle sue ballate, in questa ripropone il tema controverso dell’infanzia e adolescenza difficile, che si ricorda con nostalgia nonostante il successo. Ennesimo tributo partenopeo.
Francesca Michielin – Fango in paradiso
La fine di un amore. E della nostra attenzione.
The Kolors – Tu con chi fai l’amore
E per finire, anche i The Kolors suonano i The Kolors. Sapevamo che non sarebbe stato un Festival da grossi scossoni, ma così faticheremo a rimanere svegli durante le prossime serate.