Leslie Jamison, in ‘Parti femminili’, esplora la maternità, il fallimento di un matrimonio e il conseguente senso di colpa, l’intreccio tra vita personale e professionale. Il legame con la figlia, le occasionali separazioni da lei vissute come assenze fisiche e la lotta tra cura e identità creativa rendono questo libro un memoir intenso e profondamente umano. Come una seduta di terapia
“Una parte di me aveva sempre desiderato una famiglia ininterrotta – due gatti in giardino, il fuoco nel caminetto, teste posate su spalle – che però era sempre stata fuori dalla mia portata. Perciò mi ero aggrappata a una fantasia diversa, la diade madre-figlia, perché era ciò che avevo visto; per qualche verso, era ciò che credevo possibile.”
NN Editore l’ha fatto ancora. Una volta in più, la casa editrice milanese ha presentato ai lettori e, in particolare, alle lettrici, una voce di donna profonda e autentica, capace di esplorare in maniera intensa le sfaccettature dell’esperienza femminile contemporanea, attraverso un memoir che è l’ennesimo fiore all’occhiello della collana “Le Fuggitive”. Si tratta di ‘Parti femminili’ di Leslie Jamison, uscito lo scorso 21 febbraio.

Poco più di 270 pagine riassumono la complessità dell’essere madre, scrittrice, compagna e donna nei suoi trent’anni, e Jamison ne parla come se si trovasse a una seduta di terapia.
Infatti, attraverso episodi autobiografici carichi di vulnerabilità e lucidità, la scrittrice mette a nudo la sua esperienza di maternità, il fallimento del matrimonio, il dolore della separazione e il costante senso di colpa che ne deriva.
“Da piccolissima credevo che il divorzio prevedesse una cerimonia: i due ripercorrevano all’indietro la coreografia del proprio matrimonio, partendo dall’altare; si lasciavano le mani e poi procedevano separatamente lungo la navata. Una volta chiesi a un’amica dei miei genitori: «È stato bello il tuo divorzio?».”
Quando ciò che lasci lo porti con te
Il cuore pulsante del libro è il legame simbiotico con la figlia, un rapporto che trascende la semplice relazione madre-figlia per divenire un rifugio, un punto fermo in un’esistenza attraversata da crisi e cambiamenti.
Jamison racconta con infinita tenerezza il rapporto con il corpo paffuto della sua bambina, l’odore del latte sulla sua pelle, la consistenza delle sue guance morbide e la dolcezza dei gesti quotidiani. Ogni dettaglio della fisicità della piccola diventa un punto d’ancoraggio emotivo per l’autrice, che vi si aggrappa con un trasporto viscerale.
Ma la maternità, per quanto sia un universo avvolgente, non si sottrae alle sue ombre. L’affidamento condiviso, che la obbliga a separarsi periodicamente dalla figlia, lascia nella scrittrice una sensazione straniante, un vuoto fisico e mentale che lei stessa paragona alla percezione di un arto fantasma.
Quando la bambina è a casa del padre, Jamison avverte un’inspiegabile leggerezza, un’assenza tangibile che si traduce nel non dover più portare con sé il passeggino, la borsa piena di pannolini e omogeneizzati. Questo vuoto la pervade in modo quasi spaventoso, rivelando come la maternità sia divenuta per lei non solo una dimensione dell’essere, ma una vera e propria estensione del corpo e della mente.
Parallelamente, l’autrice affronta il fallimento del matrimonio con C., un uomo che aveva già conosciuto il dolore della perdita, essendo rimasto vedovo prima di incontrarla. Il divorzio da lui si rivela una ferita profonda, segnata dal senso di colpa per non essere riuscita a mantenere la promessa di offrirgli una nuova felicità. Jamison si interroga su quanto sia giusto infliggere un altro dolore a un uomo già provato dalla vita, eppure sa che restare in un matrimonio che la soffoca sarebbe stato un tradimento anche verso sé stessa.
“Dopo mesi di solitudine, tutto quel buono era talmente improvviso e dolce che quasi non sapevo che farci. A volte mi castigavo con l’idea che ogni bellezza che regalavo a mia figlia fosse compromessa perché la ottenevamo in quel modo: da una vita che le avevo chiesto di vivere a pezzi, in due case, in una famiglia che non era integra. Ma le barchette di spugna e le chitarre di catalpa suggerivano una cosa diversa: che la bellezza non era macchiata. O meglio, che ogni bellezza lo era.”
Curare una bimba e le proprie ambizioni
L’esperienza della maternità si interseca con la sua carriera di scrittrice e docente di scrittura creativa, generando un continuo conflitto tra il bisogno di cura e la necessità di affermare la propria identità professionale.
Emblematiche sono le numerose scene in cui Jamison vola da una parte all’altra degli Stati Uniti per presentare i suoi libri accompagnata dalla figlia piccola: anche mentre è su questo o quel palco a rispondere alle domande dei lettori, la scrittrice continua a chiedersi se la figlia, affidata temporaneamente al personale della libreria, stia piangendo per la fame. Ed è così che, all’improvviso, la sua maglia si macchia di latte.
“Quelle persone volevano qualcosa da me – compassione, o vicinanza, o soluzioni, o testimonianza – e sinceramente anch’io volevo qualcosa da loro: un segno che gli avevo comunicato qualcosa di importante. Però volevo anche allattare la mia bambina. Il latte mi gocciolava dai seni, che subivano l’attrazione gravitazionale del suo corpicino all’altro capo della città.”
Parti femminili: tutto ciò che può essere una donna
Oltre alla maternità, il memoir affronta altri aspetti dell’esistenza dell’autrice: il suo passato di dipendenza dall’alcol e il percorso di recupero con gli Alcolisti Anonimi, il forte legame con una madre affettuosa che ha influenzato profondamente il suo modo di essere genitore, e il costante tentativo di rendere orgoglioso un padre distante.
L’abitudine a sforzarsi di risultare interessante si ripercuote anche nelle relazioni sentimentali che Jamison esplora dopo il divorzio. Menziona nello specifico due uomini che chiama il cespuglio e l’ex filosofo e che, sebbene siano diversi tra loro, sono accomunati dalla capacità di riflettere le sue insicurezze e aspirazioni.
Le esperienze con questi uomini la conducono a una comprensione più profonda di sé stessa e delle proprie esigenze emotive. Le quali, spesso, vengono soddisfatte dalle amiche dell’autrice, donne in grado di farla sentire salda, protetta, amata.
È un memoir, ‘Parti femminili’, che colpisce quindi per la sua capacità di raccontare senza filtri le ambivalenze dell’essere donna e madre nel mondo contemporaneo. La prosa di Jamison, ricca di metafore incisive, trasforma l’esperienza personale in una riflessione universale sulla cura e la resilienza.
Una lettura che invita ciascuna di noi a confrontarsi con le proprie contraddizioni e a trovare la bellezza nella complessità dell’esistenza. Che si sia madri oppure no.
Eva Maria Vianello
Biografia
Leslie Jamison è una scrittrice, docente e giornalista americana. Vive a Brooklyn e insegna alla Columbia University.
È autrice del romanzo “The Gin Closet” (2010), finalista al Los Angeles Book Prize, del romanzo autobiografico “Rinascere” (Mondadori, 2019) e della raccolta di saggi “Esami di empatia” (NR edizioni, 2021), entrambi bestseller del New York Times.
Parti Femminili
Leslie Jamison
Edizioni NN Editore
Collana Le Fuggitive
Genere Narrativa
Anno 2025
Pagine 272