Tommaso Marrone: “Il Teatro oggi è una forma di ‘resistenza’”
Da giornalista a co–fondatore dell’Associazione Culturale Teatro Trastevere, è attualmente Amministratore e Rappresentante Legale della struttura. Attento allascittura, alla versatilità e alla qualità degli spettacoli da inserire in stagione, ci racconta il dietro le quinte del teatro.
Sempre attento all’evoluzione del linguaggio, si nutre dunque della sua passione: essere attento a ogni cambiamento sul territorio, in questo caso il quartiere Trastevere, movimentato a livello culturale, dove si combatte per la creatività e si fugge dal degrado.
Intende il teatro come forma del resistere quotidiano, in cui il pubblico va educato al bello, che possa coinvolgere a tutto tondo.
Insomma, ha saputo coniugare le sue attività con fantasia e propensione, mediante le quali è cresciuto professionalmente e a livello umano.
Si avvale di colalboratori fidati, il Direttore, Marco Zordan, l’Ufficio Stampa, Vania Laie, infine, il responsabile della Sala teatrale, Roberto Nugnes, affinché la macchina lavorativa non subisca intoppi e viaggi fluida, sempre a favore di chi partecipa e di chi frequenta lo spazio Trastevere.
Tommaso Marrone, da giornalista a co–fondatore l’Associazione Culturale Teatro Trastevere. Come è avvenuto tale percorso?
“Il passo è stato lungo e breve allo stesso tempo. Lungo perché, effettivamente, le due attività hanno non poche dissonanze. I lavori richiedono competenze di diverso genere, così come un approccio di varia intensità. La mia attività giornalistica, poi, non è stata mai legata a un luogo preciso, con esperienze di redazione sempre abbastanza brevi. L’Associazione è nata, invece, in un luogo preciso. Grazie al sogno di persone che questo luogo lo vivono da sempre. E a questo luogo, il Rione Trastevere, è legata indissolubilmente. Ma tutto sommato il passo è stato anche breve. Intanto perché il giornalismo è fatto anche di ottima capacità di scrittura, di visione, immaginazione, innovazione del linguaggio, tutte caratteristiche che ricerchiamo nei testi che proponiamo in stagione. E poi anche perché da giornalista mi sono occupato spesso di cinema, da co–fondatore e presidente dell’Associazione seguo il teatro. Due forme d’arte meravigliose. E poi, il Teatro Trastevere un tempo era un cinema”.
Cosa è cambiato dal 2010 ad oggi: quale trasformazione ha subìto il linguaggio che adottate per divulgare la vostra offerta?
“Dal 2010 sono cambiate tantissime cose. Direi quasi tutto. Stiamo attraversando anni di evoluzioni rapidissime nei linguaggi comunicativi della nostra società. E questo è evidente anche a livello locale, soprattutto per chi si assume la responsabilità di tentare diffusioni culturali. Ci siamo dovuti adeguare e rimodellare. Nel 2010, appena nati, avevamo – necessariamente – come primo obiettivo quello di sopravvivere. Anche ora il poter continuare ad offrire teatro, formazione e cultura è tra i nostri scopi principali, non ricevendo – come Associazione – finanziamenti di alcun tipo. Ma col tempo siamo riusciti ad allargare i nostri orizzonti. Ad allargare la nostra famiglia. A far girare meglio i pensieri per concentrarci sulla nostra attività, pienamente consapevoli di essere riusciti ad aumentare la qualità del nostro contenuto”.
Lei, attualmente, è Amministratore e Rappresentante Legale della struttura che, da cinema è stata poi trasformata in Teatro. Dunque, in che consiste il suo lavoro?
“Principalmente seguo l’aspetto amministrativo legato alla gestione di una Associazione. Dai bilanci, alle spese, agli incassi, alle fatturazioni, passando per le valutazioni dei rischi, fino alla gestione amministrativa dei laboratori. Avere la Rappresentanza Legale di un’Associazione culturale comporta un minimo di responsabilità che vanno comunque messe in conto. Seguo con attenzione anche l’aspetto legato alle ideazioni grafiche del nostro materiale pubblicitario, durante periodi intensi e passaggi di calendario fondamentali, come la presentazione della nuova stagione, o l’organizzazione di iniziative e rassegne all’interno della nostra sala. Ma il teatro è molto altro. Per altre mansioni e diversi aspetti sono affiancato da inappuntabili compagni di viaggio. Marco Zordan, che è il nostro Direttore artistico. Vania Lai, Ufficio Stampa del Teatro Trastevere e Roberto Nugnes, responsabile della Sala teatrale”.
Quanta fatica consta puntare sulla qualità degli spettacoli che proponete?
“Tanta. Ma è quello che abbiamo voluto, senza alcun rimpianto. Ovviamente tante scelte sono opinabili, certi spettacoli possono piacere a qualcuno e non incontrare il gradimento di altri. Ma non dobbiamo mai perdere il nostro filo conduttore: quella mission che ci chiede di riuscire a premiare il più possibile una drammaturgia contemporanea che – anche laddove si ispiri al classico – ci consegni almeno delle innovazioni di linguaggio comunicativo giudicate all’altezza del nostro spazio. Tutto ciò è molto difficile, e l’approccio può apparire presuntuoso, in realtà è quello che ci consente di circondarci sempre di artisti animati dalla sacra passione per quest’arte meravigliosa, anche pronti a mettersi in gioco, rischiando con noi percorsi emozionali inaspettati. È un approccio di generosità. La nostra, per loro, deve essere una casa sempre aperta. Il titolo di questa stagione, che sarà presentata il prossimo 9 ottobre alle 21, è estremamente emblematico: OPEN”.
Che significa per Lei oggi fare teatro e su cosa bisogna puntare per migliorare lo stesso?
“Il Teatro oggi è una forma di ‘resistenza’. Resitere a tutto ciò che è social in modo sparato e chiassoso, contrapponendo il silenzio della nostra amata sala. Anche quando è vuota. Anche quando uno spettacolo è stato smontato e il nuovo deve essere ancora allestito. O il silenzio di attesa, un attimo prima che inizi. Alla sovranità degli schermi e al potere dell’immagine, ci ribelliamo con affanni, respiri, gesti, parole e sudore. Qualcosa di vivo. Un’evocazione quasi magica. Noi abbiamo il dovere di crederci e di puntare forte sul teatro, sulla sua sacralità. Abbiamo il dovere di capire quanto sia importante riflettere, attraverso il teatro, sulla nostra società, sui suoi bisogni, sui nostri limiti e sulle nostre personali gioie o sventure, e di quanto – da sempre – sia importante vederle rappresentate da altri su un palco”.
Come educare il pubblico alla visione degli spettacoli?
“Il pubblico va educato al bello. Un bello coinvolgente, che lo renda partecipe di un ideale. Lo spettatore, attraverso i nostri spettacoli, deve sperimentare in modo diretto i vari aspetti e le mille sfaccettature dell’arte scenica. Non abbiamo la pretesa di asserire che gli spettacoli del nostro cartellone siano i migliori, ma possiamo essere certi che rappresentino pienamente il nostro spirito artistico e umano. Non solo dei soci, ma anche di chi presta il proprio lavoro al Trastevere, fino a chi crede nel progetto laboratori, che sia un adulto in fase di perfezionamento o un bambinetto alle prime armi. Se non riusciamo a coinvolgere, non possiamo avere la pretesa di educare. E se non apriamo le porte, non c’è condivisione di progetti comuni. La chiusura non consente la crescita. E questo vale per tante realtà”.
Infine, come conciliare diverse tipologie di espressioni tra stagioni teatrali e mini rassegne ospitate da Voi?
“L’aspetto fondamentale è che il teatro Trastevere sia uno spazio dove si fa cultura. Dove si pensa. Dove ci si può dedicare all’arte. Calibrare le diverse forme espressive è un nostro dovere. Il teatro è a Roma, in un meraviglioso Rione del centro di Roma. Un territorio particolare. Qui si combatte per fuggire la mediocrità, il degrado, i muri insormontabili, i problemi sempre irrisolvibili. È abbastanza naturale che il Teatro Trastevere aderisca con gioia anche agli eventi e alle iniziative che cerchino di costruire un’identità culturale condivisa con altre realtà”.
Annalisa Civitelli