La bellezza massacrata
Il Teatro Stanze Segrete capitolino apre la stagione con una rappresentazione degna di nota, che riprende vicende non appartenenti alla nostra cultura. Pertanto, siamo presi per mano e interamente trasportati dentro un’altra realtà, la quale, seppure distante da noi, racconta la violenza contro le donne
Andare a teatro di questi tempi è sempre più una scommessa. Notiamo inoltre che, nel grande mare delle proposte, emergono spettacoli dai registri fortemente civili, anche ripresi da testi non nostrani. Questo il caso de “La donna fatta a pezzi” tratto dal racconto di Assia Djerbar.
Con questo suo scritto la poetessa, saggista, regista e sceneggiatrice algerina contestualizza un fatto realmente accaduto nel suo paese durante il periodo della guerra civile (1994), plasmandolo a suo modo, a una delle favole de “Le mille e una notte”: “Una storia di mele e d’amore”.
Diretto da Filippo Renda, Antonio Fazzini riesce con puntualità a rendere omaggio all’Universo femminile: due uomini di grande sensibilità descrivono la sofferenza delle donne e delle violenze da loro subìte.
Noi siamo guidati dall’atmosfera che si crea nel piccolo e versatile spazio del teatro. Tra poetica e immaginazione siamo catturati dall’ambientazione semplice e d’impatto: l’attore si muove tra una cassapanca e minuziosi piedistalli di legno sui quali, durante la narrazione, poggia dei parallelepipedi colorati dello stesso materiale. Prendono vita così i personaggi a cui Fazzini dà voce: a ognuno il suo stato d’animo.
Le teste delle persone sono degli scrigni: ne escono fuori delle mele fiammanti, rosse. La voglia di una moglie, incinta nuovamente (ha paura di non poter affrontare un’altra gravidanza), soddisfatta dal marito, che si mette in viaggio verso Bassola e acquistarle a peso d’oro.
La pièce, delicata e cruda allo stesso tempo, è accompagnata da una colonna sonora inerente: evoca infatti l’Oriente e le sue caratteristiche armonie di corde delicate, di pizzicati leggeri, di campanelli e di canti in lingua araba. Altri elementi di scena riempiono la scenografia essenziale, come lampade e una teiera tipiche di quelle zone.
L’intepretazione di Fazzini è calda, fervida e dolce: si modula a seconda della situazione del momento, in cui gli spazi temporali sono ben gestiti. Scorre tra rabbia, morbidezza e amore. L’attore vestito di un completo di lino color sabbia, riprende inoltre le fogge proprie dei luoghi dove le azioni si svolgono, calandosi perfettamente nella parte.
In sala si è in pochi. Non si può, dunque, che rimanere affascinati dall’insieme e stabilire un contatto a tu per tu con l’interprete. L’intimità è di conseguenza tangibile: si respirano odori, si percepiscono colori, si gustano sapori.
Si viaggia tra realtà e fantasia: Atikà è una giovane professoressa che insegna francese – la lingua dei miscredenti – in una scuola elementare. Desidera analizzare con i suoi alunni una storia, una delle tante della raccolta de “Le mille e una notte”, per riportarla ai nostri giorni e dunque far riflettere i bambini sull’uguaglianza e altri temi sociali. Considerata però troppo avanti viene appunto uccisa.
Emerge così una morale: quella della negazione della libertà di pensiero ma soprattutto, per uno strano malinteso, nella fiaba, Jafàr uccide la moglie. Le due circostanze sembrano collimare: realtà e leggenda si accostano più di quanto non crediamo.
Uno spettacolo di tutto rispetto, svolto con sentimento e calore umano: affronta un argomento difficile che ancor oggi ci tocca da vicino.
Annalisa Civitelli
Foto dal web
Teatro Stanze Segrete
dal 2 al 7 ottobre
La donna fatta a pezzi
dal racconto di Assia Djebar
adattamento e regia Filippo Renda
con Antonio Fazzini
Produzione Il Teatro delle Donne_centro nazionale di drammaturgia
in collaborazione con Giunti editore e con l’Institut Français Florence