Note di musica improvvisata
Il Festival del Cinema di Roma apre ufficialmente le porte il 18 ottobre. Per dieci giorni diversi luoghi della cultura accoglieranno il pubblico per le varie proiezioni previste. Sarà dunque la giusta occasione per gustarsi un po’ di pellicole e di documentari dai differenti tagli registici
La Casa del Jazz, sita in zona Ostiense della capitale, ha ospitato il documentario di Stefano Landini e Toni Lama, prodotto dallo stesso Landini e Roberto Gambacorta per LCN srl. Inserito nella sezione “Altri Eventi” della manifestazione, che vedrà la città eterna protagonista assoluta per poco più di una settimana, è un racconto evocativo voluto – spiega il regista – sia per narrare l’amore per la musica dai toni blue, sia per descrivere un mondo che non ci sarà più. Secondo Lama, invece, si intende tracciare la memoria: lasciare una testimonianza nostalgica, per far vedere inoltre quanto è grande la nostra città.
‘Cocktail Bar – Storie jazz di Roma, di note, di amori’ incentra la narrazione sulle riprese di vicoli, piazze, luoghi storici di Roma, che vanno a inserirsi tra interviste, foto d’epoca e spezzoni di programmi televisivi in bianco e nero.
Un insieme semplice, dunque, in cui si evidenzia l’importanza storica del periodo contestualizzato dove, per le strade della città eterna si organizzavano concerti itineranti, il jazz cominciava a circolare grazie alle incursioni dei musicisti all’interno del Ristorante Meo Patacca e non solo, quindi fruibile a tutti.
Il pubblico si trova così a viaggiare tra ricordi, aneddoti ed esperienze di vita. Si racconta che il jazz, ai suoi inizi, fosse una musica d’elìte e che negli anni ’70 fosse per di più considerato simbolo di libertà e di fantasia. I personaggi intervistati, pertanto, ci prendono per mano per farci conoscere il fervido panorama musicale e culturale di quegli anni.
I musicisti jazz del calibro di Renzo Arbore, Giovanni Tommaso, Bruno Biriaco, Franco D’Andrea, Antonello Salis, Roberto Gatto, Amedeo Tommasi, Gegè Munari, Giorgio Rosciglione, Lino Patruno, Enrico Rava e Gatto Pambieri, si alternano a giornalisti e storici del jazz, come Adriano Mazzoletti e Fabrizio Zampa. Anche Pupi Avati, famoso regista, viene coinvolto nelle riprese.
Raccontano gli esordi e le loro collaborazioni; narrano dell’atmosfera che si viveva in giro per Roma e nei locali; rivelano la passione per la musica e per lo strumento che suonano (tromba, piano, contrabbasso, e così via). Una storia di incontri all’interno di una movida costantemente in movimento.
Pepito Pignatelli con sua moglie Picchi, nel 1971, apre il Music Inn a Largo dei Fiorentini, proprio nel cuore di Roma. Fu un vero e proprio centro nevralgico per chi, indissolubilmente, non poteva non respirare le sonorità jazz. Ritenuto un’accademia per chi lo frequentava ogni sera, è stato uno dei locali europei più importanti e considerato dagli esperti del settore il “ritrovo internazionale di musicisti che scrissero la storia del jazz“.
Si dava così spazio a sessioni ritmiche incessanti, un’opportunità data ai principianti che potevano fare esperienza: il Music Inn era infatti una palestra continua, dove il senso dell’ascolto e quello di acquisire primeggiavano, come il concetto di concerto stesso.
Fu luogo di passaggio per molti artisti internazionali, i mostri sacri del jazz, quello vero però, in quanto con l’avvento del free jazz, i più inesperti si fecero strada. Inteso come musica di sinistra, della rivoluzione e quindi della svolta, quest’ultimo fece da contraltare ai professionisti, tanto che abbandonarono il mondo musicale, poiché cambiò la modalità di comunicazione propria del jazz.
Chet Baker, Bill Evans, Charles Mingus, Dexter Gordon, McCoy Tyner, Philly Joe Jones, Johnny Griffin e, infine, Max Roach, furono i maestri per chi desiderava rubare i segreti del mestiere.
Inoltre, si nomina Massimo Urbani e non solo. Definito da Arbore uno dei più grandi talenti del jazz nostrano, nonostante non conoscesse la musica, suonava il sassofono ad orecchio in modo eccellente. E ancora Romano Mussolini, pianista, annoverato tra i più noti jazzisti italiani del dopoguerra; Nunzio Rotondo, noto trombettista e, infine, Enzo Scoppa, sassofonista, il quale ha lasciato una traccia importante nella storia del jazz in Italia.
Un documentario interessante ‘Cocktail Bar – Storie jazz di Roma, di note, di amori’, una sorta di eredità a cui i più affezionati non potranno rinunciare: un ampio sguardo dedicato alla brillante Roma degli anni ’60/’70 dove convergevano personalità della letteratura, della musica, del cinema e del teatro.
Lo sfondo musicale originale accompagna tutto il film: composto da Massimo Fedeli evoca le armonie di quegli anni indimenticabili. Al termine, Fedeli e la sua ensemble (Bruno Biriaco, batteria; Luca Pirozzi, contrabbasso; Aldo Bassi, tromba; Gianni Savelli, sax tenore) hanno eseguito cinque brani versatili e assai ritmici, in cui il dialogo tra gli strumenti è stato determinante, come il classico andamento di ogni melodia jazzistica, per poi ricongiungersi al tema centrale.
In apertura sono intervenuti Mario Sesti, Stefano Landini e Toni Lama, i quali hanno appunto introdotto l’iniziativa. Sesti ha tenuto a precisare che ‘Coktail Bar’ è il primo evento del Festival del Cinema 2018. “Il magico accordo”, denominato in questo modo, proprio per rafforzare il rapporto tra cinema e jazz e il vigore di questi due linguaggi. Un’escursione emotiva, dunque, per esprimere i sentimenti dalle infinite sfumature.
Annalisa Civitelli
Casa del Jazz
12 ottobre
Cocktail Bar
Storie jazz di Roma, di note, di amori
un documentario di Stefano Landini e Toni Lama
Montaggio Stefano Landini
Musica originale Massimo Fedeli
Prodotto da Stefano Landini e Roberto Gambacorta per LCN srl
Concerto Jazz
Bruno Biriaco batteria
Luca Pirozzi contrabbasso
Aldo Bassi tromba
Gianni Savelli sax tenore
Massimo Fedeli pianoforte