L’amore non è una cosa semplice
Tre settimane dedicate alla rievocazione di Mimì impersonata da Melania Giglio, la quale si rivolge al pubblico in prima persona, raccontandoci gioie e dolori della sua preziosa ma breve vita, ricca di talento e di una voce particolare. L’artista paragonata alla Piaf fu inoltre notata da Charles Aznavour, che le propose di collaborare con lui
Una scenografia completamente bianca, composta da due altalene, è il contesto creato da Fabiana Di Marco in cui Mia Martini riprende vita.
Il suono del mare apre la performance e due angeli entrano in scena eterei e immateriali, evanescenti. Vestiti e truccati di bianco desiderano commemorare la nostra Mimì proprio sulla spiaggia di Bagnara Calabra, sua città natale. Morta giovane per completare la sua opera sulla Terra qui Mamo Adonà (Primo Angelo) e Sebastian Gimelli Morosini (Secondo Angelo) chiamano a loro, con delicatezza, al ritmo delle onde, la figura di Domenica Rita Adriana Bertè.
“Lascia ch’io pianga” introduce l’inquieta Martini, che si presenta sul palco vestita di nero. Il pezzo inestimabile della musica lirica composta da Hendel è intonato dal sopranista Adonà, voce candida, che ben si accosta a quella della Giglio durante il corso della rappresentazione teatrale-canora.
Melania Giglio con “Mimì in arte Mia Martini” intende appunto ricordare la cantante-cantautrice dalla voce calda, blues e limpida al contempo, per ripercorrere il percorso della sua esistenza: un viaggio tra ricordi d’infanzia, rapporti familiari, dolori e valenza della canzone e della “musica che non l’ha mai tradita contro la sua solitudine“.
Subentra inoltre il tormento, sia per la malattia (che le colpisce le corde vocali e, più in là, l’utero), sia per il talento, che non le è stato affatto riconosciuto come lei desiderava. Non ritenuto degno quindi di far parte del mondo musicale dell’epoca, l’artista fu infatti massacrata e calunniata dalla critica, mentre fu rifiutata dai produttori discografici.
Nell’insieme spiccano impeccabili trucco e costumi a cura di Francesco Biagetti e Daniele Gelsi. Soprattutto le ali degli Angeli, create ad arte, sono una riproduzione delle originali in natura. Inoltre, ciò che si è tenuto a far emergere sono gli stati d’animo di Mimì, che si alternano tra malinconia, sentimento e l’assaggio di una serenità labile ma respirata e vissuta.
Il testo della stessa Giglio presenta dei guizzi ironici e, di sottofondo, si percepisce una leggera spensieratezza, in cui il dialogo tra l’artista e gli Angeli diviene una ricerca personale. Peccato però, che le due figure eteree non capiscano la complicatezza dell’essere umano, sempre intento a distruggere la bellezza che ha intorno e che costruisce allo stesso tempo.
I brani contestualizzati sono quelli più famosi: “Piccolo uomo”; “E non finisce mica il cielo”; “Mimì sarà”; “Almeno tu nell’universo”; “Minuetto”; “La donna cannone”; “Gli uomini non cambiano”; “E non finisce mica il cielo”; “La costruzione di un amore”; “La nevicata del ’56”; “Quante volte”.
Scelti da Heron Borelli sono magistralmente intonati da Melania Giglio, la quale esplode con la sua voce dal timbro peculiare e sicuramente, in questo caso, vive il suo habitat naturale. I grandi successi di Mia Martini si alternano a qualche incursione di musica classica e intonazione di ninne nanne. Suggestivi i passi in cui le tre voci si uniscono e si incontrano nella creazione di un trio sonoro del tutto incantevole, non solo quindi nella recitazione.
La rappresentazione scorre grazie a buon filo narrativo, che include collegamenti lineari ed essenziali. Essa soffre però di un ritmo lento, che potrebbe di certo essere rimodellato. Ma il vortice intenso e il flusso di reminiscenze, attraverso i quali si sviscera anche il significato dell’amore, quell’amore che Mimì non ha mai compreso, sebbene la sua relazione travagliata con Finardi, innominato in scena ma dalle cronache sulla bocca di tutti, ci catturano e ci coinvolgono.
Era giusto sacrificarsi a qualcuno per esistere e colmare una mancanza? Che cosa era l’amore? Insomma, il senso di scetticismo invadeva l’anima della cantante: impossibile per lei innamorarsi, non credeva all’amore eterno inteso tra due singole persone. Si dedicò infatti a se stessa in qualità di donna e di artista e, nel suo silenzio, quando rimase muta per un periodo imparò a comporre, per sfuggire dall’angoscia.
Nel quadro complessivo due scene esulano dal contesto classico all’interno della regia originale di Daniele Salvo e, accompagnate da musiche alternative e futuristiche, risaltano i momenti di sofferenza dell’artista, la quale possiamo considerare una donna capace di rialzarsi nelle difficoltà, dotata dunque di una forza intrinseca e invisibile, anche dopo che fu reclusa per pochi mesi.
Annalisa Civitelli
Foto: Tommaso Le Pera
Off Off Theatre
dal 6 al 25 novembre
Mimì in arte Mia Martini
Mimì: Spirito e voce. Melania Giglio riporta in vita Mia Martini
di e con Melania Giglio
in scena con Mamo Adonà (Primo Angelo) e Sebastian Gimelli Morosini (Secondo Angelo)
regia Daniele Salvo
scene Fabiana Di Marco
costumi Daniele Gelsi
luci David Barittoni
musiche Heron Borelli
assistente alla regia Alessandro Guerra
trucco Francesco Biagetti
foto Sebastian Gimelli Morosini