Dacia Maraini e Sara Pallini:
“Giulia è come un seme di piume leggere”
Abbiamo incontrato due illustri figure, che vivono l’ambiente teatrale da tanto tempo: Dacia Maraini, scrittrice, drammaturga, poetessa, saggista e sceneggiatrice, e Sara Pallini, attrice e autrice.
Insieme hanno lavorato al testo ‘Per Giulia’. Scritto dalla Maraini, contestualizza il terremoto de L’Aquila, dal quale sono ormai trascorsi quasi dieci anni. Andato in scena al Teatro dei Documenti di Roma, lo spettacolo, intenso e coinvolgente, è un esempio di teatro civile.
Grazie all’interpretazione della Pallini, che ha dato voce non solo a Giulia Carnevale ma a tutti i personaggi femminili contenuti tra le righe dell’autrice, si è potuta respirare un’aria vitale insita nella protagonista, che mai avrebbe mollato la vita ma di cui è stata “privata” per cause infauste.
Giulia è divenuta quindi memoria di una realtà tragica e, forse, anche di sbagli e negligenza da parte delle autorità. Una ragazza: un esempio per tutti. Dunque simbolo di volontà e di continuità nel mondo, proprio perché alcuni suoi progetti sono stati messi in opera: la scuola dell’infanzia di Oria a forma di libro e una fabbrica.
Di conseguenza abbiamo assistito a qualcosa di esemplare: attraverso la scrittura ci siamo trovati di fronte alla ricostruzione di fatti e a una verità straziante. Una presa di coscienza che fa parte di ognuno di noi.
Un insieme che delinea anche professionalità e dedizione al lavoro.
Non ci siamo quindi lasciati sfuggire l’occasione di porgere alle due donne delle domande sia sulla situazione teatrale odierna, sia sulla rappresentazione.
Siamo inoltre orgogliosi di aver ospitato l’illustre scrittrice nei nostri spazi.
Dacia Maraini, le è stato chiesto dai genitori di Giulia Carnevale di scrivere un testo teatrale: come ha accolto tale richiesta e come si è calata nei panni della vittima del sisma che ha colpito la città de L’Aquila quasi 10 anni fa? E in che modo ha acquisito le informazioni per costruire una trama dolce e cruda allo stesso tempo?
“Veramente l’idea l’ho avuta io. I genitori di Giulia credo che non pensassero affatto al teatro. Io ho proposto di scrivere su Giulia e loro hanno acconsentito. Sono stati gentilissimi, mi hanno fatto avere i diari di Giulia, la lettera della maestra che io ho messo nel testo, e poi sono venuti ogni volta che abbiamo messo in scena lo spettacolo”.
Non è il primo testo per il teatro che scrive. Come vede la situazione teatrale attuale e quali migliorie potrebbero essere prese in considerazione?
“La situazione teatrale non è buona. Fare teatro è diventato carissimo, le tasse anziché diminuire sono aumentate e per i giovani e per il teatro sperimentale o di cantina è diventato difficilissimo mettere in scena nuovi testi. Chiaramente si tratta di un errore di chi dirige il sistema teatrale. Bisognerebbe investire di più, anche solo detassando. Ma dopo tanti anni che lo dico non credo che nessuno prenderà a cuore le mie parole. Comunque, per fortuna, chi ama il teatro, lo fa anche in condizioni ferali, senza soldi e senza distribuzione. Ho grande stima dei teatranti e li abbraccio tutti perché veramente lo fanno per passione e senza neanche lamentarsi”.
Sara Pallini, per lei, da attrice non sarà sempre facile dare voce ai personaggi che interpreta in “Per Giulia”. Come ha gestito, questa volta, tale circostanza?
“Ho interpretato questo testo nel ruolo di Giulia diverso tempo fa ma era una mise en espace, diretta dalla Maraini. Già allora ricordo che ascoltavo con molta partecipazione le indicazioni che Dacia dava alle altre attrici, ma solo quando ho deciso di farne un monologo ho scoperto col passare degli anni quanti fossero ancora i livelli di ciascun personaggio. Stavolta sono stati indispensabili i dettagli dei dialoghi con le persone che di questo testo hanno fatto esperienza diretta. Prima fra tutte la Madre di Giulia Carnevale, la giovane studentessa cui il testo è dedicato, entrambi personaggi principali nel gioco dei ruoli. Poi il pubblico, che in un anno di anteprime ha assistito sempre numeroso al richiamo di questo vento di memoria. L’autrice, ovviamente, per me sempre prima spettatrice, e poi la regista, Iolanda Salvato, spesso preziosa per la sua capacità di alleggerire anche i momenti più complessi di un racconto non semplice. Infine i vigili del fuoco e amici diretti, che di quel terremoto vivono ancora le conseguenze affettive ed emotive”.
Sara, come ha affrontato e vissuto il testo di Dacia Maraini?
“Un anno fa è stato il primo confronto col pubblico: un’ anteprima, ero serena, sia durante le prove che la sera del debutto. È stato un successo ai Giardini della Filarmonica, dove è accaduto quello che non sapevo e non immaginavo: la commozione negli occhi ed il sorriso sulle labbra degli spettatori. Poi ad aprile, in ricorrenza del nono anniversario del terremoto de L’Aquila, lo spettacolo presso la Basilica di Sant’Eustachio ha avuto un’eco più sacrale, inevitabilmente si è sposato con lo spazio che ospitava l’evento. Il teatro di Documenti penso sia stata finora la cornice più giusta per questo testo: prima di tutto per la sua straordinaria struttura architettonica su vari livelli, che rende tutto più magico ed esalta un testo che comunque racconta il crollo di un edificio, in principio io emergevo da una botola, e poi perché stavolta gli spettatori non sedevano di fronte ma a ferro di cavallo, più partecipi e quasi in dialogo con me, per cui c’è stato anche un adattamento registico rispetto agli altri palcoscenici canonici finora utilizzati. È stato un salto d’ottava come interprete, non senza qualche racket emotivo stavolta, ma credo abbia dato un impalpabile valore aggiunto”.
In scena dà vita a quattro “personaggi” in modo autorevole: quanta valenza ha la gamma vocale per differenziare i vari caratteri?
“Certamente in alcuni momenti più lirici del testo la voce si compone di una pasta diversa rispetto a quelli che raccontano in modo più contemporaneo attimi di vita quotidiana. Sono fortunata ad avere una buona estensione vocale, ma in fondo questa è più un valore aggiunto nel canto. Nella recitazione basta essere organici, coerenti nel corpo e nella situazione che il personaggio sta vivendo, e la voce giusta esce da sé. Questa è la grande concentrazione per me di ogni prova e ogni replica: restare sempre nel flusso, minuto dopo minuto. Non so se sia stata autorevole o persino autoriale, ma la ringrazio, è un grande complimento. In fondo siamo tutti autori di qualcosa che non è stato ancora processato, assieme alla mano di chi scrive, chi dirige, chi compone le musiche, anche noi attori mettiamo una firma alla fine dell’ opera. La musica di Federica Clementi mi ha aiutato molto in questo scambio di caratteri, che è molto più di uno scambio di abiti di scena: ci sono i movimenti, la postura, la voce, lo sguardo, le varie camminate di ogni personaggio. La stessa Giulia ci parla da più livelli: quello di giovane donna pochi giorni prima del terremoto, quello di lei adolescente attraverso un diario delle medie ritrovato post mortem, e infine quello di spirito, dall’altrove in cui si trova, nel testo definito ‘il resto è tutto un dopo’”.
Dacia Maraini e Sara Pallini, c’è stato modo di lavorare insieme alla preparazione dello spettacolo?
Dacia Maraini:”Cerco di stare vicina a chi lavora sui miei testi. Il testo comunque è nato prevedendo voci plurime. È stata Sara a volerne fare un monologo. Per fortuna ha lavorato con serietà e molta fedeltà al testo. Anzi direi che non ha cambiato una parola. Ha solo tagliato e ridotto le parti, ma l’ha fatto con molta cura e sapienza, di cui le sono grata”.
Sara Pallini: “Ovviamente si, finché si è trattato della mise en espace di cui sopra, con cui siamo andati in forma corale anche a Dublino. Per quanto riguarda questa nuovo format dello spettacolo in forma di monologo, la Maraini ha approvato l’adattamento drammaturgico che ho curato assieme con la regista, il resto è stato una sorpresa anche per lei che, alle anteprime fino al debutto ufficiale al Teatro Di Documenti, è stata sempre presente, dandomi ogni volta affettuosi suggerimenti e preziose sfumature degli innumeri significati del testo”.
Secondo voi, Giulia, oggi chi sarebbe e che esistenza vivrebbe?
Sara Pallini: “Penso che sarebbe una donna poco più giovane di me, forte delle esperienze vissute e consapevole, più di quanto già non fosse allora, del valore prezioso della vita. Era una ragazza generosa, incline a costruire una famiglia, legami di amicizia da non trascurare, e poi una grande appassionata dei suoi studi, per cui credo proprio che sarebbe diventata l’architetto o l’ingegnere in cui stava proiettando la propria esistenza futura. Non so se poi l’eco del senso di colpa del superstite avrebbe bussato in lei, ma non voglio pensarlo. Preferisco ricordarla sempre appassionata e solare, limpida, come immagino la sua voce”.
Dacia Maraini: “Sarebbe quella donna piena di entusiasmo e di progetti per il futuro che meritava di vivere. Non si può perdonare coloro che le hanno suggerito di rimanere in casa, soprattutto in quella casa non fatta per resistere alle scosse simiche”.
Chi rappresenta Giulia?
Dacia Maraini: “Rappresenta le persone innocenti che vengono manipolate, da chi ha interessi da difendere, da chi senza coscienza si affida alla sorte, da chi si comporta con leggerezza e irresponsabilità”.
Sara Pallini: “Giulia non rappresenta solo tutti coloro a cui è stato negato un futuro, per me lei è “come un seme di piume leggere”. Lo scrive la Maraini verso la fine del testo ed è proprio il cuore di tutto ciò che queste donne mi hanno insegnato, dall’altrove del regno degli spiriti e dei poeti che, a volte, si fa teatro”.
Qual è il messaggio che possiamo apprendere da questa pièce?
Sara Pallini: “Non è facile sopravvivere ad un lutto, e non è facile vivere nel nostro Bel Paese tuttavia, se c’è la volontà, la passione e lo spirito di sacrificio, ciò che appare irrealizzabile diventa realtà. E allora non soltanto si può costruire, ma persino ri-costruire e ricostruirsi dalle macerie di catastrofi talvolta evitabili. Non bastano il ‘think positive’ o il ‘no regrets’ anglosassoni, la filosofia orientale o degli antichi greci, bisogna avere una grande forza spirituale e una solida onestà etica. L’Italia è un luogo da non dimenticare, i primi a non farlo dobbiamo essere noi italiani, con ogni mezzo possibile oggi: dalla potenza dei media che sempre più si vanno tecnologizzando, a quella dell’arte che ancora si produce con molta fatica, l’arte digitale, l’arte in carne ed ossa come il teatro, la pittura etc. Nell’infinito dei ‘se’, mi piace pensare che, se Giulia non fosse diventata un architetto o un ingegnere, avrebbe scelto l’istruzione, come mestiere, che è il fondamento di tutte le civiltà. Non è un caso se due dei progetti che lei disegnò durante il percorso universitario furono proprio un asilo in forma di libro ed una fabbrica: entrambi luoghi che oggi esistono, danno istruzione e lavoro a molti italiani, bambini e adulti del futuro”.
Dacia Maraini: “Non credo nei messaggi espliciti. Credo che un testo abbia un corpo e questo corpo esprime tante cose, a volte anche contraddittorie. Io volevo raccontare la storia di Giulia che è morta innocente per l’idiozia e la rapacità di gente senza scrupoli. Ma c’è anche altro, c’è la sua leggerezza, il suo respiro, la sua voglia di costruire, i suoi progetti per il futuro, il suo amore per la vita. Un testo non si può ridurre a un proclama. Deve entrare negli occhi e nel respiro del lettore o dello spettatore”.
Annalisa Civitelli
Foto:
Dacia Maraini – Andrea Melaranci
Sara Pallini – Lorenzo Nava