Giuseppe Manfridi: “Con il mio monologo ho cercato di trasformare Totti in un interlocutore”
‘Il discorso del Capitano’ in scena dal 06 al 16 dicembre, al Teatro Flaiano di Roma, riaperto da poco, è un testo in cui ci si confronta con la figura di Francesco Totti, per analizzare un po’ l’excursus della propria esistenza. Manfridi, presente nel panorama teatrale italiano da tempo, ha affrontato lo scritto in qualità di autore, tralasciando l’aspetto giornalistico e biografico, che hanno visto coinvolto il calciatore dagli esordi della sua carriera.
Definito “capofila della nuova drammaturgia italiana” da parte di Franco Cordelli, uno dei più autorevoli critici teatrali italiani, il quale gli dedicò nel ’91 un articolo monografico sull’Europeo, lo stesso Manfridi analizza la società in modo autorevole.
Appassionato di letteratura, poesia e teatro, entra a far parte del mondo artistico fin da giovane, avendo così modo di incontrare persone illustri, come poeti, giornalisti e scrittori. Di conseguenza si avvicina alla scrittura teatrale, che lo vede sempre più coinvolto.
“Giacomo, il prepotente” e “Ti amo, Maria!” sono i testi più conosciuti e più replicati nei teatri italiani e fanno fede a tematiche sociali, le quali si affiancano anche quelle sportive. L’autore si mette poi in gioco sui palchi, facendo emergere il suo stile recitativo, sebbene la scrittura sia la sua passione principale.
Giuseppe Manfridi è dunque un autore a tutto tonto e da seguire con attenzione, il quale dona al mondo teatrale contemporaneo un guizzo artistico qualitativamente valido e sempre attento alle circostanze del momento.
Giuseppe Manfridi, con il monologo “Il discorso del Capitano” come esprime la personalità di Francesco Totti?
“Non è questo che ho cercato di fare, ovvero esprimere la personalità di Totti. Intendo dire che non ho affrontato il testo con spirito giornalistico, né tanto meno biografico. Semmai, l’ho affrontato da autore di teatro, ho cercato di raffigurare un personaggio, e di tradurre Totti in un interlocutore con cui, a volte lateralmente e altro in modo più diretto, la mia vita (al pari di quella di qualsiasi romanista e di tanti sportivi) si è confrontata per venticinque anni. Infatti, il gioco scenico che avvia l’azione, è il dialogo con un poster che cambia volto secondo le età, passando dall’adolescenza alla maturità”.
Totti, ricordiamo, è stato Capitano della Roma dal 1998 al 2017. Un lasso di tempo durato dodici anni. In che modo è entrato nel cuore dei tifosi?
“In lui abbiamo amato e ammirato la qualità calcistica abbinata a un evidente amore per la maglia. Sappiamo, e sapevamo, quanto Francesco avrebbe potuto ottenere di più andando a giocare altrove, ma lui, in controtendenza con quella che ormai è diventata una consuetudine al nomadismo da un ingaggio a un altro, ha preferito sempre la sua città e la sua squadra. Dunque, noi. Ecco, diciamo che Totti ci ha fatto sentire dei prediletti. E questo, per un quarto di secolo! Non solo per i dodici anni in cui ha portato la fascia di Capitano al braccio”.
Per chi non è avvezzo al calcio, la figura del più forte calciatore al mondo, che cosa ha significato per lo sport italiano?
“Ha significato mille prodezze compiute su ogni campo d’Italia (oltre quelle di cui ha lasciato traccia al Bernabeu e altrove nel mondo), facendo stropicciare gli occhi a tutte le tifoserie. Ricordiamo le ‘standing ovation’ di San Siro e di Marassi dopo avergli visto segnare dei gol di inarrivabile bellezza. Per quanto riguarda la Nazionale, Totti si lega al trionfo mondiale del 2006, ma pure agli Europei del 2000, che non vincemmo per un soffio (per 20 secondi!), e che lo videro protagonista assoluto”.
In che modo il suo metodo di gioco ha influito durante le partite e le formazioni della squadra? Inoltre, è stato preso da esempio da altri?
“Totti ha inventato giocate che dopo il suo addio al calcio nessuno vedrà mai più: lanci repentini consentiti da una visione quadrangolare a tutto campo come forse nessun altro calciatore ha mai avuto, oltre che da una qualità di tocco impareggiabile. Difficile prenderlo ad esempio, come è difficile prendere ad esempio il talento in sé e per sé. Altra cosa, invece, è il modello di fedeltà ai colori che Totti incarna, e che di sicuro ha condizionato molti degli allenatori che ha avuto. Ma è naturale che un campione ponga dei problemi a chi deve gestirlo. Di sicuro, però, sono di più i problemi che è stato in grado di risolvere”.
Secondo lei, qual è il linguaggio che Totti ha utilizzato per arrivare ai suoi fan tanto da volerlo ancora acclamare?
“L’ironia, innanzitutto, e di conseguenza la naturalezza della persona, a prescindere dalla grandezza del personaggio”.
Annalisa Civitelli