I giovani emigrati, le giovani emigrate e lo sport italiano
I ragazzi e le ragazze di origine non italiana nati nel nostro paese sono figli di emigranti fuggiti dalle loro terre di appartenenza, in cerca di una vita migliore. Qui, in Italia, hanno trovato i loro natali e crescono, continuano ad evolvere per trovare una propria collocazione nella società. Inoltre frequentano le scuole, fanno sport, si affermano come persone, integrandosi con noi.
A questo proposito portiamo l’esempio la quattordicenne torinese Great Nnachi, nigeriana di nascita, che lo scorso 27 aprile ha battuto il primato italiano di salto in alto tra le cadette (14 /15 anni) con 3,70 metri, superando addirittura quello nazionale per 21 cm dal record del mondo della sua categoria.
Purtroppo però tale prestazione non è considerata italiana in quanto l’atleta è minorenne e perché, secondo la legge, non ancora cittadina italiana, pur essendo nata in Piemonte. Ma noi siamo speranzosi che le riconoscano il titolo. Non è vero?
Il 24 maggio prossimo infatti si riunirà il consiglio federale della Fidal (Federazione italiana di atletica leggera) per decidere se registrare questo risultato dell’atleta “equiparata” e confermare se esso sia valido o meno.
Giovanni Malagò, Presidente del Coni, intanto esprime il suo disappunto circa la questione ai microfoni di Sky Sport: “Non voglio essere strumentalizzato o strumentalizzabile ma vi prego: cerchiamo di chiudere, è giusto che ogni Federazione faccia sì che anche senza la maggiore età sia in grado di omologare i risultati”.
Si dibatte dunque su integrazione e sulle idee politiche attuali, dichiarandosi a sfavore delle leggi imposte. Malagò continua così il suo intervento: “A prescindere da quello che decide la politica il mondo dello sport reclama questa assurdità per cui dei ragazzi nati in Italia devono aspettare i 18 anni per mettere la maglia azzurra e omologare i risultati”.
Bisognerà quindi attendere la decisione in base alla norma dello Ius soli sportivo, per il quale vale il principio rivolto ai minori che risiedono regolarmente sul nostro territorio a partire dal decimo anno di età. Nel frattempo la Great nazionale continua a praticare lo sport da lei scelto godendo dell’aiuto del Cus Torino, per cui è tesserata (si può esserlo per società italiane e partecipare a gare nazionali, pur non avendo ancora la nazionalità) e del supporto degli amici più stretti che credono nel “progetto atletica”.
Viene però da chiedersi: se lo sport fa bene a tutti, a partire dalla fanciullezza, perché rendere difficili le procedure quando si è stranieri in terra di altri? Perché non facilitare la vita dei ragazzi e delle ragazze, affinché possano vivere in un mondo più equilibrato, civile e onesto? Che motivo c’è aspettare la maggiore età? Se uno nasce in Italia ma di origini differenti, a prescindere dal colore della pelle, non è già cittadino italiano?
Lo sport ha parecchio da insegnare alla collettività, frutto di integrazione, appunto, come di pace e di fratellanza. Probabilmente, a parer nostro, certe regole dovrebbero morire già di loro senza alcuna remora.
L’intelligenza, in questi casi, funziona!