La possessività al femminile
Al teatro Brancaccino di Roma dal 5 all’8 dicembre è andato in scena ‘Anna Cappelli’ di Annibale Ruccello. La regia è di Giancarlo Fares e Anna Cappelli è interpretata da Anna Mazzantini. Il testo classico e contemporaneo al tempo stesso, scritto nel 1986, racconta l’amore intenso come proprietà, rispecchiando i problemi attuali del dramma delle donne
Anna Cappelli è impiegata in un polveroso ufficio di Latina e condivide l’appartamento con la signora Rosa Tavernini e i suoi puzzolenti gatti. La convivenza non è facile: l’una lamenta la puzza di pesce bollito, l’altra quella di pancetta fritta. Anna intreccia poi una relazione con il ragioniere Tonino Scarpa che, con riluttanza, accetta di convivere con lei nella sua spaziosa casa: lei comincia così una nuova vita, lottando ogni giorno contro la cameriera e i propri fantasmi.
In una scena stipata di veli, bambole, valigie e altri oggetti scorre la vita della protagonista sempre gelosa delle sue cose. Il suo senso di possesso si rivela anche nella relazione con Tonino: l’uomo le permette di vivere insieme a lui ma la donna si sente sempre estranea, poiché la cameriera non le permette di fare nulla.
Il rapporto tra i due è tutt’altro che buono: contro le convenzioni non sono sposati, generando pettegolezzi, e Tonino non è affatto affettuoso con lei come all’inizio.
Anna di conseguenza insegue il suo amore ma lui è sempre più lontano da lei; con il tempo diventerà aggressivo e lei lo sarà altrettanto, perché appunto non ha mai sentito il desiderio di condividere le cose con gli altri. La storia della Cappelli dunque capovolge il punto di vista di una relazione possessiva.
Nei fatti di cronaca spesso sono gli uomini a considerare le donne come loro proprietà violando la loro libertà di essere, forse per paura che si rendano indipendenti. Qui invece è la donna che vuole il suo uomo tutto per sé, probabilmente per il fatto che non ha mai avuto una cosa tutta sua.
Anna Mazzantini è sola in scena: sola con i suoi sogni e i suoi limiti. A ciò si aggiunge la frustrazione di non riuscire a possedere il cuore di Tonino, nonostante sia partita con le migliori convinzioni infuse dal brano di Mina, “È L’uomo per me”.
La regia di Giancarlo Fares evidenzia i tormenti della donna con luci contrastate senza cambi scena, mentre la recitazione passa da toni più distesi ad atmosfere più drammatiche, incalzando sul dramma di una donna sola, che si rende forte in quanto già “possedere” la rende tale.
Lo spettacolo vive di un ritmo rapido che l’interprete rafforza con il racconto di una storia d’amore e al contempo di distruzione, in cui il bisogno di dominio sfocia in un’azione tragica, figlia dello scorrere soffocante della vita di cui il personaggio risente.
Sebbene l’azione stessa non sia rimarcata con la giusta tensione, la Mazzantini riesce a caricare il tono di sofferenza. Pensiamo inoltre che Tonino avrebbe potuto essere un personaggio fisico così da evidenziare, anche sul piano scenografico, la distanza incolmabile tra la coppia.
Nei peggiori incubi ci troviamo a inseguire qualcuno o qualcosa brancolando nel buio: questo è il sentimento che vive la protagonista ogni giorno. Per ottenere quel qualcosa si troverà costretta a ricorrere a un gesto efferato, ritrovandosi al punto di partenza: ancora indecisa e insicura. Tuttavia non può tornare indietro; è più sola di prima e non le rimane niente se non, come canta De Andrè “non il suo amore, non il suo bene ma solo il sangue secco delle sue vene“.
Maria Vittoria Guaraldi
Foto dal web
Teatro Brancaccino
dal 5 all’8 dicembre
Anna Cappelli
di Annibale Ruccello
regia Giancarlo Fares
con Anna Mazzantini
scene Fabiana Di Marco
costumi Viola Gentile
fotografia Gianni Iorio