La professione che insegna
In una sola serata, il 31 gennaio scorso l’ex Direttore di Sette racconta alla platea le sue esperienze professionali e personali attraverso uno stile ironico, elegante e pulito. I preziosi suggerimenti che dona ai colleghi, e non solo, sono da tenere a mente e da utilizzare con competenza e impegno
Dopo aver toccato venti città prima di Roma, il giornalista Beppe Severgnini approda sul palco del Vittoria, nel quartiere Testaccio. Il giornalista apre il suo monologo con una frase di Cesare Pavese tratta dal “Il mestiere di vivere” (1952): “Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi“.
Ponendosi inoltre la domanda “Chi sono io?” Severgnini precisa che se rimane impresso è perché lui è stato utile: dentro la sua vita professionale infatti ritiene ci sia qualche cosa da donare al pubblico, e lo fa con sette lezioni riprese dal suo ultimo libro “Italiani si rimane” (Edizioni BUR Rizzoli).
‘Diario sentimentale di un giornalista – messinscena musicale’ viene presentato sotto forma di viaggio personale accompagnato dalla musica e dai ricordi. Alla consolle, la giovane DJ Serena Del Fiore (Virgin Radio) spiega la storia delle canzoni scelte e ne fa un mix fluido basato sulle ritmiche ’70–’80.
Le lezioni che Severgnini impartisce alla platea sono frutto di ciò che lui ha acquisito lungo il corso della sua vita e della sua carriera: “Incoscienza/Coscienza”; “Serietà non seriosa”; “Adattamento felice”; “Movimento istruttivo”; “Fatica utile”; “Cambiamento inevitabile”; “Terra e acqua”.
Attraverso aneddoti, ironia, esperienze personali e brani musicali (perché ogni esistenza contiene una propria colonna sonora e la musica assume un significato diverso per ciascuno), l’editorialista e vicedirettore del Corriere della Sera ci narra del primo articolo scritto per il giornale di Montanelli (1983), dei viaggi all’Estero, sempre istruttivi, dei servizi e delle inchieste svolte sul campo, e della vita da corrispondente.
Racconta di Milano, città dal morale alto; delle riunioni di redazioni, formative e aperte ai ragazzi, che portavano idee; il difficile inizio della sua professione da Londra, che al contempo lo ha indirizzato verso la “capacità di fare di necessità virtù” e fatto respirare gli usi e costumi della vita londinese.
Subentrano poi gli altri insegnamenti: lo scrivere in inglese; condurre un programma TV; fare radio. Ma anche recitare rientra nelle competenze che Severgnini ha in sé. Questo è vissuto come un bagaglio formativo e spiega le qualità dell’osservare, dal parlare quando si è preparati all’imparare a tacere, dal formare i giovani al ridimensionare: materie essenziali da assimilare.
Da ex Direttore di Sette ci racconta il “cosa ho imparato insegnando” e di conseguenza esplica alcuni consigli che possono risultare utili a ogni gruppo redazionale: modo di lavorare del gruppo; i posti belli producono buone idee; mescolare fa bene; assonanza tra le volpi e i ricci, che sono complementari; meno è meglio; pensare all’impossibile; leggerezza non è superficialità; viva il dissenso, ovvero esprimerlo senza temerlo.
Severgnini inoltre rimarca che è necessario re–inventarsi, sperimentare nuove cose: asserisce infatti che “scrivere per un quotidiano non basta più“. Consiglia di cambiare, di avere un progetto e portarlo avanti, credendoci, e questo punto di vista sentiamo coinvolga appieno noi giovani leve del giornalismo di settore.
Infine, ricorda a tutti noi che è indispensabile avere un luogo dove tornare, a cui sentirsi legati, che incorpori le nostre radici: un posto che sappia mantenere intatte le relazioni anche se il proprio mestiere ci porta lontano.
Insomma: immaginiamo di avere un abito da cucire e da ricamare oppure una casa da arredare. Beppe Servegnini, con eleganza e pulizia, ci guida all’interno di un mondo dove i sacrifici sono indispensabili e gli obiettivi possibili da raggiungere e, in modo scherzoso, ci aiuta a riflettere sul fatto che tutto è utile al nostro mestiere, basta saperlo impiegare con professionalità.
Annalisa Civitelli
Teatro Vittoria
31 gennaio
Diario sentimentale di un giornalista
messinscena musicale tratta dal libro “Italiani si rimane” (BUR Rizzoli)
di e con Beppe Servergnini
consolle Serena Del Fiore
produzione Mismaonda