Ares
Gabriele Amoroso Serie TV Amsterdam, Ares, Elitè, Horror, Massoneria, Netflix, Olanda, Psicologico, Serie TV, Setta, Splatter 0
La prima serie olandese esordisce su Netflix con otto episodi che tentano di raccontare in chiave horror-splatter come lo sviluppo dell’Olanda sia influenzato da un’organizzazione segreta e malvagia. Di difficile lettura, gli episodi non agevolano lo spettatore nella visione della stessa
Amsterdam. Rosa Steenwijk (Jade Olieberg) è una determinata e diligente studentessa di medicina, ambiziosa e alla ricerca di qualcosa di più. La madre è affetta da disturbi psicologici che le impediscono di essere autosufficiente e costringono Rosa ad accudirla finite le lezioni universitarie. Dopo aver rivisto il suo migliore amico Jacob (Tobias Kersloot) entra in contatto con dei ragazzi facoltosi appartenenti a una confraternita esclusiva, che sembrano essere interessati a lei. Incuriosita dalla situazione supera il rito di iniziazione ed entra a far parte di ‘Ares’.
Presentata con chiari riferimenti massonici (anche la “A” di ‘Ares’ richiama il triangolo della Massoneria), la setta pare gestire nell’ombra le sorti dell’Olanda da molti anni. La sede dell’organizzazione è situata in un museo dove sono presenti numerose opere d’arte riguardanti la storia della nazione, come quella presentata da Carmen (Lisa Smit) de “Il cigno minacciato” di Jan Asselijn, allegoria che fa riferimento a Joahn De Witt (reggente del Secolo d’Oro) che protegge il suo paese (l’uovo) dai nemici. Scenografia che ricalca dunque il sodalizio Ares–Olanda e sembra dare una chiave di lettura al racconto.
Le premesse sembrano buone e interessanti: da subito però la serie avanza attraverso delle situazioni e delle scelte della protagonista che risultano inverosimili. Rimane difficile credere che Rosa sia all’oscuro di tutto quello che riguarda la setta e che accetti, senza alcuna reticenza, lo strano rito di iniziazione: dinanzi ad un inquietante pubblico, vestito con mantello e maschera (alla “Eyes Wide Shut”), viene addirittura marchiata a fuoco.
Inoltre, per fare ciò, abbandona la madre invalida per giorni durante i quali tenta addirittura il suicidio. Rosa, in quella che appare come una forzatura eccessiva, viene assorbita da un contesto in netto contrasto con le sue corde, diventando cinica e maligna come i suoi nuovi compagni.
Il personaggio di Jacob, colui che doveva rappresentare una sorta di contraltare della figura principale, rappresenta un punto decisamente debole della serie. Dopo essere entrato in contatto con un mostro chiamato Beal (in relazione a Bael o Belial?), intrappolato sotto la sede del museo, acquista dei poteri paranormali con cui riesce a far rivivere gli incubi delle persone inducendole al suicidio.
Durante questa trasformazione barcolla tra scetticismo e paura, e tenta di fuggire dalla setta di ‘Ares’ quando di fatto l’uscita sarebbe facilmente percorribile. Lo vediamo quindi affrontare una fuga del tutto ridondante, non giustificata ai fini della storia.
Altri elementi di contorno contribuiscono a creare quel carattere illogico della narrazione: Rosa vomita un liquido nero senza porsi alcun perché; una vecchia è imprigionata in una stanza del museo ma le sue vicissitudini e il suo ruolo non sono chiariti del tutto; i leader rigettano delle gigantesche uova; il padre di Rosa si disinteressa della figlia; la madre, prima di impazzire, sembra essere entrata in contatto con la setta.
Lo spiazzante finale rappresenta inoltre l’apice della discutibilità: confonde un pubblico già disorientato, stimolandolo tuttavia a porsi molte domande ma senza ottenere risposta.
Trama e personaggi pertanto non acquistano mai una forma decisa, un’impronta narrativa secondo cui sarebbe più facile per lo spettatore seguire e rispecchiarsi nelle vicende. Quello che si desume essere il tema centrale – definibile come il lato oscuro dell’ambizione –, non riesce a far presa sul pubblico proprio per l’impossibilità di immedesimazione di cui sopra.
Un punto a favore è rappresentato dalla composizione delle immagini che, attraverso i fluidi movimenti di macchina e una fotografia leggermente sottoesposta, danno al contempo una sensazione di rigore e mistero. Di forte impatto anche le numerose scene oniriche.
Nonostante la facile fruibilità (8 episodi da 30′ circa) e quelle che potevano essere delle interessanti premesse su cui sviluppare un racconto, possiamo definire ‘Ares’ una serie imperfetta, di insufficiente effetto visivo e di difficile lettura, sicuramente non al passo con i coevi titoli del catalogo Netflix.
Andrea Maresi
Ares
creata da Pieter Kuijpers, Iris Otten e Sander van Meurs
diretta da Giancarlo Sanchez e Michiel ten Horn
con
Jade Olieberg Rosa Steenwijk
Tobias Kersloot Jacob Wessels
Lisa Smit Carmen Zwanenburg
Robin Boissevain Roderick van Hall
Frieda Barnhard Fleur Borms
Hans Kesting Maurits Zwanenburg
Rifka Lodeizen Hester de Hoogh
Roos Dickmann Puk
Jip van den Dool Arnold Borms
Steef de Bot Joost van Moerland
Janni Goslinga Joyce Steenwijk
Dennis Rudge Wendel Steenwijk
Minne Koole Henry Zwanenburg
Jennifer Welts Marije
Florence Vos Weeda Chloe
Paese Olanda
Anno 2020 – in produzione
Genere Horror fiction, Film drammatico, Narrativa soprannaturale
Produzione Pupkin
Distribuzione Netflix