La dignità delle donne
L’Italia riapre a tappe dal quattro maggio. La task force per la “fase 2” è composta di soli uomini. Lilli Gruber pressa con la sua lotta sulle presenze femminili, affinché le alte cariche vengano rappresentate dal gentil sesso. In Sudan si vince una battaglia: non sono più ammesse le mutilazioni ai genitali delle bambine.
Ora, dunque, il Paese nordafricano dice basta! La legge criminalizza tali brutalità. Così anche il Sudan può vantare il suo trionfo a favore dei diritti sia delle bambine sia delle ragazze. La novità si deve soprattutto alla modifica del “Criminal Act” approvato la scorsa settimana dal governo di passaggio, salito ai vertici lo scorso anno dopo che la dittatura di Omar Hassan al–Baschir è stata abolita. Il risultato? Chi eseguirà le mutilazioni dovrà pagare una multa e sconterà tre anni di carcere.
Una stima dell’Onu riporta che in Sudan le donne tra i 15 e i 49 anni, pari all’88%, sono state sottomesse a forme molto invasive di tale pratica: per esempio, quella più violenta – denominata circoncisione di tipo III –, implica la recisione in forma parziale o totale i genitali femminili esterni. Secondo la tradizione questo garantisce l’onore della famiglia e un futuro matrimonio alla ragazza, provocandole però effetti gravissimi. Non a caso, dai ricercatori della Thomas Reuters Foundation, il Sudan è stato considerato il Paese più infimo nel rispetto dei diritti delle donne.
Nonostante l’ondata pandemica qualche notizia positiva comincia ad avere risonanza. E questo è un piccolo punto di partenza.
Nel frattempo capita che Giovanna Botteri, nota giornalista italiana, e corrispondente da Pechino, sia stata offesa per il suo look. Il body shaming, si sa, fa tanto chic! Poi, da chi viene criticata? Da ciò che la Botteri stessa rimanda ai telespettatori non ne fa una questione di apparenza: lei informa. E lo fa con acume, intelligenza e grande professionalità.
“Mi piacerebbe che l’intera vicenda, prescindendo completamente da me, potesse essere un momento di discussione vera, permettetemi, anche aggressiva, sul rapporto con l’immagine che le giornaliste, quelle televisive soprattutto, hanno o dovrebbero avere secondo non si sa bene chi. A me piacerebbe che noi tutte spingessimo verso un obiettivo, minimo, come questo. Per scardinare modelli stupidi, anacronistici, che non hanno più ragione di esistere”
Questa la replica schiacciante della giornalista che ha tenuto inoltre a scrivere un suo pensiero personale sui social e che, domenica 3 maggio, è stato condiviso da molte donne.
Fenomeno, questo, che ci invita ancora a riflettere sull’essere come siamo, senza fronzoli né in “stile rococò”. Ognuno decide di indossare la sua immagine, semplice o esagerata che sia. E nessuno può negarle la libertà individuale. Ogni mattina bisognerebbe imparare a guardarsi allo specchio e rendersi conto di chi si è nella propria e totale essenza.
Forse in questo modo impareremo un po’ di educazione, di rispetto e di civiltà verso l’altro, apprezzandone pregi e difetti, specialmente sapendolo giudicare per come lavora e per le capacità che dimostra di avere.
Tutti aspettiamo un cambio di rotta di questo genere, quanto ancora dobbiamo attendere?