Considerazioni finali: quando Sanremo era Sanremo
Il Festival della canzone italiana ce lo siamo lasciati alle spalle. Abbiamo seguito tutte le serate con costanza e ci siamo divertiti a entrare nel mood delle canzoni, delle atmosfere colorate dei costumi che cambiavano ogni puntata, ma soprattutto ci siamo immersi nel mondo musicale delle nuove generazioni e dei linguaggi contemporanei
Quest’anno Sanremo ha assunto una veste nuova, probabilmente più sperimentale e certamente rivolta a un target giovanile. Pubblico in sala assente a causa della pandemia da Covid–19, e sul palco Amadeus e Fiorello hanno presentato il Festival affiancati da varie personalità dello spettacolo e non.
Come di consuetudine, ogni anno si è trepidanti per l’inizio della settimana sanremese che sa intrattenere i telespettatori a casa, i cittadini e il pubblico di San Remo, che rincorrono i loro beniamini in ogni dove come i giornalisti, per le classiche interviste.
Mai come quest’anno avremmo preferito che Sanremo si fermasse, che facesse silenzio, ma in un momento così terribile in cui i giorni si ripetono tutti uguali, forse ci ha distratto dai pensieri e dalle preoccupazioni. Fermare una macchina gigante quale il Festival non crediamo sia possibile, ci sono troppi soldi in ballo e si è creato un business elevato da anni, da non potersi permettere uno stop.
Anche se fosse andato in onda in autunno non sarebbe cambiato granché, lo avremmo seguito ugualmente. Tuttavia al pensiero che cominci il Festival della canzone italiana le vecchie generazioni non sono poi tanto impazienti. Non è più come prima, i tempi sono differenti.
Questo perché accade? Perché Sanremo ora vede sul palco i ragazzi nati nel 2000, i Millennials, che donano alla musica un carattere ben diverso rispetto molti anni fa. Bisogna pertanto adeguarsi al ritmo della contemporaneità e stare al passo.
Cosa cambia
Già da un po’, infatti, la prospettiva si modifica e il cambio di testimone tra vecchio e nuovo destabilizza noi diversamente giovani che ancora rimaniamo affezionati alla nostalgia degli anni ’80 e i primi ’90, avendo visto sul palco del famoso teatro Ariston di San Remo – città dei fiori per eccellenza –, cantautori e interpreti che ancora fanno la storia della musica italiana.
Quello che accade lo si può considerare uno svecchiamento che ci accompagnerà nel prossimo futuro e non possiamo restare fermi a guardare, bensì adeguarci e assistere al mutamento generazionale, con i millennials che cinguettano, a volte, in modo chiassoso.
È l’esempio dei Måneskin che vincono Sanremo 2021. Un rock urlato dal gruppo dei quattro giovani dal nome che assomiglia a quello delle famose agendine. La vittoria in effetti ha sorpreso tutti, ma le/gli adolescenti confinate/i all’interno delle loro mura domestiche hanno decisamente decretato i loro vincitori.
Probabilmente il pubblico andrebbe educato all’ascolto della buona musica e proprio partendo dalle ragazzi e dai ragazzi l’ottica cambierebbe in modo radicale, poiché la discografia italiana è al momento davvero carente. Pochi le/i giovani talentuosi e, ricordiamo, che i Talent hanno distrutto la meccanica degli esordi, in cui si emergeva dai piccoli Festival di provincia per essere notati poi.
Dietro i Måneskin troviamo il duo artistico formato dalla Michielin e Fedez, ed Ermal Meta finisce in terza posizione: le classifiche precedenti lo davano per favorito e tra i primi in classifica.
Attualità
Ora, sebbene il Festival sia una vetrina solo italiana e non sappia forse ancora aprirsi all’estero, chi ha vissuto quelli di Pippo Baudo, di Baglioni e così via, rammenta che dai suoi inizi, negli anni Cinquanta, le vicissitudini sono state le più disparate. Da Tenco a Bobby Solo, da Gigliola Cinquetti a Loredana Bertè, da Nilla Pizzi a Eros Ramazzotti, da Domenico Modugno a Laura Pausini, e così via, di presenze il Festival ne ha viste parecchie.
Ma l’edizione 71, seppur lodevole a livello di novità, non crediamo sia stata l’eccellenza del brio e dei testi musicali.
Puntate tirate troppo a lungo: inutile far cantare tutti i big anche l’ultima puntata – dove sono finite le eliminazioni? (su decisione di Baglioni sono state tolte) –; accorciare i tempi della diretta favorirebbe una miglior fruizione della gara; scrivere testi più incisivi e non sterili, che sappiano donare quindi un messaggio rilevante a chi ascolta; canzoni che abbiano una struttura armonica forte e non solo di facile ascolto; infine, ridurre la pubblicità sarebbe sacrosanto.
In questo caso come si guadagnerebbe?
Insomma, di critiche ne abbiamo sentite e lette tante, e non troviamo tuttora elementi positivi su cui scrivere. Anche i due conduttori hanno fatto il loro rodaggio: affiatati sì, ma alcune gag hanno solo riempito degli spazi vuoti, tanto da risultate noiose.
Nonostante tutto Fiorello ha saputo trovare il suo linguaggio sera dopo sera, affinandolo al meglio: dimostra di intrattenere il pubblico anche nelle difficoltà e grazie all’improvvisazione lo spettacolo canoro ha vissuto più ritmo, sebbene a fasi alterne. Non abbiamo dunque percepito una linearità precisa, ma a volte solo gran confusione. Il comico siciliano inoltre viene insignito del “Premio città di San Remo”.
Unica nota di colore è stata la presenza del calciatore svedese, Zlatan Ibrahimović che, per esempio, accanto ad Amadeus e al di fuori del suo ambiente abituale, si è dimostrato simpatico. Il suo monologo durante l’ultima puntata sanremese, infine, è stato un concentrato sulla sua esperienza lavorativa, rimarcando che dagli insuccessi e dai fallimenti si può crescere e avere successo.
Svolgimento della serata
La Banda musicale della Marina militare italiana diretta dal Maestro Capitano di Vascello, Antonio Barbagallo, ha aperto l’ultimo appuntamento con il Festival in grande stile: ci ha fatto emozionare sulle note dell’Inno nazionale e ha concluso la performance con l’Inno di San Marco.
L’insieme è stato inserito all’interno della scenografia a cura di Maria Chiara Castelli, con l’intento di abbracciare il teatro Ariston per farlo sembrare meno vuoto e contenerlo all’interno di un’astronave.
Le cantanti e i cantanti si sono alternate/i sul palco fino a tarda notte, e solo la/il più coraggiosa/o è rimasta/o in piedi per conoscere il vincitore/la vincitrice del Festival.
Serena Rossi interviene e spiega come funzionerà il suo programma: “La canzone segreta”. Un’altra ospite è Tecla Marianna Insolia, protagonista de “La bambina che non voleva cantare” (su Rai Uno il 10 marzo scorso). Ornella Vanoni, canta il medley dei suoi successi e poi presenta il suo ultimo singolo “Un sorriso dentro al pianto” accompagnata al pianoforte da Francesco Gabbani.
Giovanna Botteri declama l’inizio di “Caro amico ti scrivo” e in seguito dialoga con Amadeus circa il virus e l’esserci e il non esserci, inteso come presenza reale, che in sé definisce il termine distanza.
L’ultimo quadro di Achille Lauro, viene introdotto da un ballerino classico, solista dell’Opera di Roma Giacomo Castellana; il cantante ci regala “C’est la vie”.
Sinceramente non comprendiamo cosa voglia esprimere l’artista nel profondo, che ora si muove tra canto e performance artistiche. Probabilmente avrà trovato una sua espressione per criticare alcuni contesti quotidiani e inneggiare alla libertà personale, ma quale strada gli appartiene veramente?
Federica Pellegrini e Alberto Tomba propongono al pubblico di votare il Logo dei prossimi giochi invernali delle Olimpiadi e Paraolimpiadi Milano/Cortina 2026, delegando a tutti gli italiani il compito di esprimersi a riguardo attraverso i social e altri canali che lo permetteranno.
Umberto Tozzi è un altro grande che ci intrattiene con un medley dei suoi successi, mentre Michele Zarrillo, Riccardo Fogli e Paolo Vallesi propongono dei pezzi delle loro canzoni più famose e auspicano, per la prossima volta, la presenza di ospiti internazionali.
L’edizione 71 di Sanremo rimarrà nella storia anche per la particolarità dei vestiti indossati dalle protagoniste e dai protagonisti, i quali hanno sfoggiato eleganza, stravaganza e lustrini, rendendo l’atmosfera luminosa. Nota negativa è l’andamento degli ascolti, complici le partite di calcio, lo streaming e i social che hanno penalizzato la percentuale dello share.
Sebbene le tante polemiche su Sanremo e l’insicurezza iniziale di Amadeus, il quale voleva desistere dal mandarlo in onda e magari rinviarlo, a causa dell’aumento dei contagi, alla fine è partito portando con sé ventate di novità.
Annalisa Civitelli
Foto dal web
I nostri giudizi:
Ghemon: “Momento perfetto”. Non brilla il cantante nella quinta serata sanremese. Sebbene ritorni sulle scene con il suo rap inconfondibile, il brano è adatto a un target giovanile.
Gaia: “Cuore Amaro”. Ritmi decisamente latini che invitano al ballo. Testo poco incisivo, come la voce della cantante, benché dopo quattro serate abbia avuto la possibilità di masticare il pezzo e avere la possibilità di presentarlo al meglio.
Irama: “La genesi del tuo cuore”. Viene mandato in onda il video delle prove di Irama, in quanto il cantante sta ancora in quarantena. Il brano si presenta fresco e dalle variegate sonorità: pop, elettronica e dance music viaggiano all’unisono. Adatto a un pubblico giovane.
Gio Evan: “Amica”. Ancora, dopo quattro serate, non passa. Non rimane impresso né il testo né la voce di Gio.
Entra Fiorello dopo lo stacco pubblicitario: il medley è dedicato a Little Tony che diventa protagonista per cinque minuti. Di seguito fa come di consueto il mattatore.
Ermal Meta: “Un milione di cose da dirti”. Ermal conferma il suo successo. Sempre fine ed elegante, presenta con delicatezza il suo brano romantico. Il testo è delicato come la musicalità. Finalmente qualcosa di non urlato, ma nell’ultima serata sanremese Ermal sfoggia una voce energica.
Fulminacci: “Santa Marinella”. Non cambiamo idea rispetto a quando il cantautore si è esibito la sua prima sera: la canzone si può cantare in spiaggia in una serata estiva, o almeno questa è l’impressione. Dai toni nostalgici è quasi acustica e musicalmente dolce. Fulminacci ha le carte in tavola per maturare. Sentiremo parlare di lui.
Francesco Renga: “Quando trovo te”. Renga finalmente tira fuori la sua voce, ma non stupisce neanche nell’ultima puntata. Declama ricordi, tuttavia non è il solito Renga e poteva presentarsi a Sanremo con un brano più alto.
Extraliscio – ft. Davide Toffolo: “Bianca luce nera”. Toffolo si presenta mascherato. Il brano ballabile si fonda su nuance lisce tipiche dell’Emilia Romagna, certamente rivisitate in chiave contemporanea. Il gruppo non perde energia, mantiene un equilibrio, fil rouge di tutte le cinque serate sanremesi.
Colapesce e Di Martino: “Musica leggerissima”. Siamo sempre più convinti che il duo artistico ci riporta indietro nel tempo e più ascoltiamo la loro canzone bisogna dire con sincerità che ne avevamo bisogno. Rievocare gli anni ’80, il periodo fiorente per la musica italiana, è una trovata innovativa, oggi. Il brano è godibile a ogni ascolto.
Malika Ayane: “Ti piaci così”. Sempre carismatica sul palco, la cantante urla contro le insicurezze e la voglia di desiderarsi senza resistere. La canzone dal ritmo pop è cadenzata, quasi dance. Dopo vari ascolti il pezzo si apprezza.
Francesca Michielin e Fedez: “Chiamami per nome”. Confermiamo la nostra idea: il duo sembra azzeccato e conferma che la diversità può unire generi musicali differenti. La voce limpida della Michielin si unisce a quella calda di Fedez seguendo la musica andante.
Willie Peyote: “Mai dire Mai” (La Locura) Un rap classico e invitante. Alla sua prima presenza a Sanremo, il cantante già spopola e si trova ai primi posti delle classifiche generali. Con la sua canzone contesta sia il mondo musicale sia la situazione che viviamo attualmente. C’è da riflettere.
Orietta Berti: “Quando ti sei innamorato”. Ribadiamo che Orietta con il suo brano ci riporta indietro nel tempo: passato e nostalgia dialogano. Ci rimanda a quei Festival qualitativamente validi, in cui si viveva trepidazione e si rimaneva incollati alla TV fino a tarda notte. La voce è ancora potente.
Arisa: “Potevi fare di più”. La musica ha un fade–in quasi silenzioso e di seguito la voce vola nell’etere. Arisa si ricorda sempre per la sua estensione vocale, unica. La canzone, nonostante l’intervento di Gigi D’Alessio che ha scritto testo e musica, non ci entusiasma.
Bugo: “E invece sì”. Non migliora neanche l’ultima sera: Bugo è stonato e segue a stento il ritmo del brano. Ci chiediamo perché ancora canti. Forse ci crede solo lui.
Maneskin: “Zitti e buoni”. Circa il gruppo non cambiamo idea: l’indie rock non ci colpisce in primis, inoltre, di certo il ritmo sveglia il pubblico televisivo. Riteniamo tuttavia che la presentazione sia una brutta copia di stili già visti.
Madame: “Voce”. La giovane Francesca Calearo per la sua ultima performance si presenta vestita da sposa. Quanto è importante la voce? Ce lo fa capire appunto Madame. È un riconoscerci con il nostro suono, il nostro segno distintivo. Il timbro vocale della cantante non è ancora maturo, ma la lei gioca bene con un rap che si unisce a sonorità pop. Testo poetico e musicalità orientali si insinuano nel ritmo.
La rappresentante di lista: “Amare”. Veronica Lucchesi ha energia. L’esibizione non subisce variazioni dalla prima sera. La voce fluida della cantante segue le parole del testo che descrive l’amore, anche se riceve poco in cambio, su un rock progressive potente ed energico. Diverso per Sanremo: serve appunto innovazione.
Annalisa: “Dieci”. La vocalità di Annalisa è eccezionale. Di sicuro più puntare su testi più impegnati, perché è matura abbastanza. La performance sembra più sentita rispetto la prima serata, ma la canzone non è abbastanza incisiva.
Aiello: “Ora”. Scopriamo Aiello. Tra rap e pop il giovane cantante rispetto la prima serata sembra avere più energia e la sua voce calda esplode per donare alla canzone energia.
Noemi: “Glicine”. La fase iniziale non è chiara: le parole non si comprendono alla perfezione. Noemi trova la sua strada e incanta il pubblico anche durante la quarta serata con la sua performance fluida. Le note vivono un crescendo. Il testo rimanda a una situazione romantica.
Max Gazzè: “Il farmacista”. L’artista romano conferma il suo linguaggio musicale che da sempre lo contraddistingue. Si presenta sul palco mascherato da Salvador Dalì e, seduto su una poltrona, canta di cure naturali per l’amore, come essere in una favola. Declama la follia umana, in cui ci sentiamo tutti incatenati.
Coma_Cose: “Fiamme negli occhi”. Entrambi puntano sull’equilibrio delle due voci, sulla potenza che gli sguardi possono provocare. I toni sono pop.
Fasma con “Parlami”. Dalle sonorità decisamente pop, la canzone è adatta al target giovanile.
Lo Stato Sociale: “Combat Pop”. Il gruppo rievoca l’atmosfera delle balere degli anni ’60. Brano divertente, che nasconde un messaggio dai registri civili, come di consuetudine per la band.
Random: “Torno da te”. Ancora troppo giovane Emanuele Caso. La voce non attrae, maturerà.
Irama: “La genesi del tuo cuore”. Il brano si presenta fresco e dalle variegate sonorità: pop, elettronica e dance music viaggiano all’unisono. Adatto a un pubblico giovane.
I Premi: