Adolesco
Annalisa Civitelli Libri adolescenza, Adolesco, Amore, donna, il ramo e la foglia, linguaggio ironico, processo, professoressa, registrazione, roanzo nuovo, romanzo, sentimento, teenager, Thimoty Megaride 2
Se il lettore riuscirà a superare il disagio, o l’imbarazzo, che si può provare iniziando a leggere questo romanzo, appena pubblicato dalla casa editrice “Il ramo e la foglia”, e andrà fino in fondo all’ultima pagina, si troverà coinvolto non solo in una vicenda incredibile, tra l’altro realmente accaduta, ma in una scrittura graffiante, fuori da tutti gli schemi, volutamente trasgressiva e dissacrante, che rovescia i canoni più conclamati della letteratura e si impone come paradigmatica di uno status esistenziale, che è quello proprio dell’adolescenza
Il titolo, ‘Adolesco’, è la spia principale per capire e addentrarsi in un territorio infido, negato alla generazione degli adulti e riservato a coloro che hanno cominciato il loro percorso di crescita. Non a caso il verbo adolesco in latino viene definito verbo incoativo, come tutti i verbi che terminano in esco, perché indica l’azione del cominciare, dell’avviarsi di un processo, quindi, che deve compiersi ancora interamente.
Ed è qui la ragione per cui l’autore di questo romanzo, Thimothy Megaride, ha scelto un registro linguistico basso, spesso desintattizzato, distante da ogni regola stilistica classica, a volte involuto e precipitoso, ostile alla punteggiatura tradizionale, cadenzato da un intercalare scurrile, tipico in sostanza della più gran massa dei ragazzi che si muovono intorno a noi e che hanno un codice–lingua che li rende immediatamente riconoscibili, nella loro rabbia verso il mondo e verso la società degli adulti.
Adultum, supino del verbo adolesco, significa “colui che ha finito la sua crescita” e si è distaccato ormai da quel farraginoso, confuso e caotico magma di sentimenti, di ormoni e di mutamenti biologici e fisici, che hanno caratterizzato la sua adolescenza, traghettandolo verso la nuova età, in cui non potrà più riconoscersi in ciò che diceva e provava prima, quando si sentiva a suo agio soltanto tra i suoi coetanei.
Il compito assunto dall’autore nel libro è arduo e duplice, perché oltre a mettersi nei panni del giovane protagonista, in un’età tra i 14 e i 16 anni, parlando come lui e pensando come lui, deve anche governare la narrazione, mantenendola sempre sul medesimo registro, ma al tempo stesso, facendo agire in essa cause ed effetti, nonché una logica razionale che tende non a giustificare comportamenti e azioni, ma a trasportare qualsiasi evento sul piano dell’unico elemento in grado di spiegare e dare un senso ai fatti: l’amore.
L’amore, nella vicenda raccontata, non è mai sesso e basta, è anche sesso, con tutte le anomalie e le improvvisazioni di un’esperienza nuova, ancora fanciullesca, è invece donazione totale di sé, innamoramento puro, che in sé ingloba tutto e si pone come salvarguardia ed emendazione di ogni apparente volgarità, di ogni apparente distrofia o anormalità, perché, come lo scrittore ci induce a credere, non c’è mai nulla di normale nell’innamoramento vero, nulla di convenzionale che si possa dare per scontato.
La morale sociale e perbenista che interviene a giudicare e condannare ogni cosa che sia al di fuori della norma corrente dei benpensanti, qui passa in secondo piano e si mostra per ciò che è, ipocrita e falsa. Quindi la passione accesasi tra un ragazzo e una sua insegnante, molto più grande di lui, non è una banale iniziazione al sesso e alle pratiche dell’erotismo, ma è un fatale evento che cambia la vita di entrambi e fa segnare il passo a due stagioni dell’esistenza, adolescenza e età adulta, che dovrebbero opporsi fra di loro e si integrano invece e si completano in un incontro che, pur nell’incomprensione generale da parte degli altri, genera profonde modifiche nell’animo e nella condizione dei due soggetti presi in esame, con un’accelerazione inevitabile dell’iter di formazione di uno dei due, il più giovane.
Siamo di fronte a una lunga registrazione, come ci fa credere lo scrittore, da parte di Tommaso, il protagonista, che rievocando e ripercorrendo la storia, anche ai fini della clamorosa questione giudiziaria esplosa intorno a lui e a tutte le persone chiamate in causa per i fatti accaduti, cerca di chiarirla prima di tutto a sé stesso, oltre che agli altri.
Con l’affanno e l’ansia che una registrazione comporta di necessità, si svelano stati d’animo, si toccano temi importanti come l’amicizia e la lealtà, si affrontano problemi irrisolti come i rapporti tra genitori e figli, o come l’omofobia e si esplora quella intricata foresta che è l’adolescenza, piena di semi che possono svilupparsi in meravigliose piante o essere avviluppati in sterpaglie soffocanti e carnivore.
Intorno a Tommaso si muove una folla di personaggi, ciascuno con una sua personalità precisa e con un carattere difficilmente dimenticabile. Si tratta di compagni di scuola, parenti, genitori, dottori, giudici persino, proiettati in un universo reale, in cui le persone più fragili rischiano di essere schiacciate da un meccanismo perverso di ingiustizia sociale che non tiene conto della sensibilità individuale e si avvale di generici parametri di consuetudini e di normalità.
Quando qualcosa, o qualcuno si allontana da questi parametri e da questa presunta normalità, scatta il meccanismo giuridico che imbriglia e costringe la libertà umana.
La frase sovente ripetuta nel corso della registrazione, “dica lo giuro”, espressione chiave nei processi in tribunale e garanzia di rispetto della verità, viene qui svilita del suo significato primario e diventa uno slogan ridicolo a cui nessuno dei personaggi può prestar fede, tanto meno il protagonista.
Il giuramento non è più una dichiarazione di sincerità, né una sicurezza della verità, ma una formula inutile e ripetitiva che conferma la falsità di certi atteggiamenti. Tuttavia, ciò che sgretola il gigantesco apparato burocratico che si estende sugli organismi della scuola, della famiglia, della giustizia e dell’intera realtà a cui appartengono i personaggi: è essenzialmente la straordinaria ironia che è alla base del linguaggio adottato, scherno che alcune volte appare venato di umorismo e muove davvero al sorriso, quando emerge all’improvviso in considerazioni che riguardano il consueto modo di pensare o di parlare da parte degli adulti.
Sotto tale coltre di irrisione vengono anche ammortizzati i tempi della narrazione, che non si snodano secondo la scansione presente, passato e futuro, ma secondo il dettato interno di chi registrando il racconto, sta seguendo i suoi ricordi e soprattutto le sue emozioni.
La cosa eccezionale è che questo procedimento quasi proustiano, lungi dal disturbare chi legge, lo intriga maggiormente, creando una suspence in cui si diventa curiosi di sapere che cosa è successo effettivamente e come andrà a finire.
Quando poi si giunge alla fine del romanzo, ci attende una sorpresa, che consente a ciascuno di concludere come meglio crede, perché c’è qualcosa che rimane fuori del libro, che viene affidata direttamente al lettore e che magicamente sospende ogni giudizio sulla storia.
Si crea però anche la sensazione che il protagonista sia cresciuto, sia maturato, si sia formato e che nella rinuncia a quello che più amava, abbia lasciato spazio ad una vita nuova, all’amore, un amore innocente e grande che lo ha restituito al suo vero se stesso, facendogli scoprire la propria identità.
Ora cerchiamo di immaginare come sarebbe stato questo romanzo se fosse stato scritto in un linguaggio limpido, elegante, classico in definitiva: sarebbe risultato come una banale cronaca di un fatto immorale e assurdo, accaduto nella media borghesia, forse frutto di menti distorte e pervertite, che magari aveva offerto il fianco a qualche pagina licenziosa.
Per fortuna la scelta di un linguaggio diverso e alternativo ha determinato la nascita di un romanzo nuovo, interessante, che spinge a riflettere su tanti fenomeni aberranti della realtà odierna, mostrandoci come gli affetti, la verità e l’amore siano ancora i valori prioritari da custodire.
Anna Maria Vanalesti
Foto di copertina dal web non soggetta a copyright
Thimothy Megaride
Adolesco
Edizioni Il ramo e la foglia
Collana Romanzi
Genere Romanzo
Edito 2021
Pagine 224
Roberto Maggiani
Aprile 22, 2021 @ 4:52 pm
Grazie per questa bellissima recensione al libro di Timothy Megaride. Nei prossimi giorni la rilanceremo sui nostri canali social.
Roberto Maggiani
Aprile 23, 2021 @ 3:07 pm
Grazie Annamaria per questa tua importante recensione e grazie a Brainstorming Culturale per lo spazio che ci dedica.