Quando la fantasia supera la realtà
La serie TV come esempio di vita?
‘L’Accènto: riflessioni contemporanee’ ogni settimana pone lo sguardo su tematiche diverse per dare spunti di riflessioni, appunto. Oggi parliamo di “Squid Game” la serie TV sudcoreana, molto spietata e dai toni drammatici.
È sulla bocca di tutti questa serie discussa, che non smette, al momento, di far parlare di sé. Mi è bastato vedere il trailer e i primi tre episodi, per percepire già qualche cosa che stride e altresì di controverso, che va contro le pure regole della nostra esistenza.
In primis, si perde il senso della dignità umana, secondo si gioca con le debolezze insite dell’uomo. Ci troviamo infatti di fronte a un folto gruppo di persone che accetta – per l’utopico sogno di pagare tutti i propri debiti –, di partecipare a diversi giochi, quelli che si facevano da bambini. Chi perde viene però ucciso.
Dunque, di fronte al colore dei soldi si è disposti a tutto: pure di perdere la vita? Nella serie TV il divertimento viene ben contestualizzato: si punta alla salvezza personale senza ulteriori spargimenti di sangue, per vincere tutti i giochi e ricevere un premio in denaro, e saldare i debiti accumulati.
Partiamo dall’inizio: queste persone vengono contattate da gente che sa tutto di loro, generando il pensiero che siamo tutti controllati da qualcuno che sta più in alto di noi. Mi chiedo poi: come si fa ad accettare una scommessa così delicata che sin dal principio non si sa che fine avrà?
Ricco o povero?
La guerra economica
Al di là di questi puntigli, la serie TV comunica ai telespettatori che l’economia smuove il mondo e vince sempre, come il sentimento che guida chi vuole arrivare primo e il desiderio di diventare ricchi a discapito della propria esistenza. A sfavore del fallimento personale e dell’essere senza una vera identità, che di solito viene delineata dall’avere un vero impiego, dalle responsabilità e così via.
Dietro c’è molto altro: la ludopatia, per esempio, un fenomeno in aumento, il potere psicologico che preme sul singolo, racconta un mondo illusorio, fin troppo inesistente che confonde e inganna lo spettatore, infine la sopraffazione del più forte è un messaggio potente. Voi, accettereste la sfida?
Aggiungo che intorno a “Squid Game” attualmente girano svariate critiche: innanzi tutto la serie è vietata ai minori di 14 anni, ma reputo che il limite di età possa anche essere aumentato; i genitori vengono allertati affinché prendano misure idonee nei riguardi della loro prole, qualora volesse guardare la serie (è consigliabile parlarne in famiglia, per approfondire meglio gli argomenti che tratta); il Moige (Movimento Italiano dei Genitori) addirittura chiede provvedimenti al fine di evitare che i ragazzini emulino ciò che accade all’interno del programma televisivo.
Il gioco al massacro
Un cattivo esempio da divulgare
In effetti sono aumentate le petizioni firmate dai genitori con l’obiettivo di fermare la programmazione di “Squid Game”. Inoltre, sono aumentati episodi, in diverse scuole italiane, che imitano alcuni giochi dalla serie, nonostante siano messi in atto con altri tipi di espedienti.
Credo che la serie stessa sia un cattivo esempio da divulgare, seppure si tratti di finzione. Netflix infine non dispone di un parental control, ma sarebbe questo il momento di pensare a introdurlo. Un divieto necessario.
Dunque, dove inizia o termina la finzione e qual è il punto di inizio o di fine della realtà? Quanto c’è di vero nel racconto di Hwang, il quale ha ideato la serie sulla base delle sue esperienze passate, di quando era giovane per intenderci, e sulle forti differenze sociali ed economiche che segnano la Corea del Sud?
Se da un lato esiste la libertà di opinione dall’altro vige il sentirsi liberi di vedere ciò che piace o interessa. Non voglio apparire in alcun modo moralista: aggiungo tuttavia che una serie come questa fa davvero scalpore. Gli adulti dovrebbero guardarla attoniti, con sguardo critico, essendo di fronte a una rappresentazione della realtà distopica, surreale e mal riprodotta.
Chi ha già visto “Squid Game” avrà l’occasione di controbattere questo mio ‘L’Accènto: riflessioni contemporanee’, chi invece ancora non ha visto la serie mi auguro che avrà abbastanza sangue freddo tanto da mantenere lucidità e andare fino in fondo alla visione. Farsi un’idea personale sulla serie TV che attualmente fa tanto clamore è doveroso.