Dal 25 al 30 gennaio Giuseppe Cederna sale sul palco dello storico teatro Vittoria capitolino con ‘Le isole del tesoro’ illuminando la notte attraverso i sogni. Il testo scritto a quattro mani con Sergio Maifredi, che cura anche la regia dello spettacolo, prende spunto da Robert Louis Stevenson per guidare la platea all’interno di un viaggio che fa venire voglia di leggere il libro dell’autore scozzese
Dentro una scenografia essenziale, composta da tre sedie usate all’occorrenza, si apre il sipario su ‘Le isole del tesoro’ che Giuseppe Cederna interpreta con maestria.
L’attore racconta di un uomo che cercava un’isola tutta sua, per farne un mondo tutto suo. Questo il punto di inizio della pièce che parte dalla precarietà degli attori – argomento conosciuto ai più –, non solo per via della chiusura pandemica.
Ci si chiede di conseguenza cosa è un attore senza palcoscenico e, soprattutto, si rimarca l’idea che il lavoro, tema toccato nellla pièce e ampliamente discusso su più piani sociali, aiuta quasi come un'”attrazione per ciò che è duro” da svolgere.
Il monologo risulta delineare, ben presto, un proprio carattere intenso ed emozionante. Con un filo narrativo preciso il testo sa unire il viaggio immaginifico che Robert Louis Stevenson intraprende con “L’isola del tesoro” e quello reale di Cederna verso la Grecia, patria delle isole.
Si respira dunque il sapore dell’avventura che ci viene rimandata dai personaggi creati dallo scrittore scozzese, mentre luoghi, territori, memoria della terra e amicizia, esposti in modo dettagliato, diventano il panorama dell’interprete ove lui trova rifugio e dà spazio alla sua interiorità.
Le isole del tesoro: illuminare la notte
La regia ha un ritmo tutto suo: si leggono i brani del libro, si declamano e si descrivono. Attraverso cambi di tonalità e movenze precise l’attore ci aiuta a distinguere i protagonisti a cui Stevenson ha dato vita, dando inoltre la possibilità alla platea di tuffarsi nella fantasia attraverso il parallelismo dei due viaggi.
Si vivono passi ed evasione per non pensare alla situazione attuale, alla ricerca di un luogo dove ritrovare l’essenza della vita: forse siamo noi quell’isola che andiamo cercando tutta la vita. L’insieme si inframmezza con le descrizioni della vita di Stevenson che Cederna compie con meticolosità.
Emerge come l’autore scozzese ha imparato a viaggiare dal suo letto, ascoltando e imparando a raccontare storie; conosciamo così il concepimento de “L’isola del tesoro”. Il desiderio di scrivere, per Stevenson, era troppo forte per rinunciarci e, seppur egli fosse malato, ha combattuto per perseguirlo.
Il testo, a tratti poetico e ironico, ci pone di fronte alla necessità umana di ritrovarsi e al fatto che leggere sia un rifugio, un’esigenza. Le chiavi di lettura de “L’isola del tesoro” sono in effetti suspense, il piacere della lettura e perdersi nella storia e così, accendere la notte, le luci nel buio, divenne per Stevenson un’urgenza. Quasi a illuminare la fantasia di ognuno di noi.
‘Le isole del tesoro’ fa venire voglia di andare in libreria e acquistare il libro firmato Stevenson e, grazie alla bellezza della semplicità, dovuta anche al contributo di Sergio Maifredi il quale firma drammaturgia e regia, riconcilia con il teatro per la qualità espressiva della recitazione alta e genuina.
Annalisa Civitelli
Teatro Vittoria
dal 25 al 30 gennaio
Le isole del tesoro
Regia Sergio Maifredi
da Robert Louis Stevenson
di Giuseppe Cederna e Sergio Maifredi
Regia Sergio Maifredi
con Giuseppe Cederna
Produzione Teatro Pubblico Ligure