Michele D’Ignazio: “Il carattere universale, fuori dalle logiche del tempo e dell’attualità, è ciò che secondo me deve differenziare un buon libro, per ragazzi ma anche per adulti”
Michele D’Ignazio è uno scrittore italiano che si occupa, nello specifico, di libri per bambini. “Storia di una matita”, una collana per ragazzi, segna l’inizio del suo percorso, che lo invoglia a proseguire sulla via della narrativa dedicata ai più piccoli e agli adolescenti.
L’autore così si avvicina alla letteratura per i più giovani grazie a un colpo di fulmine che lo invoglia a pubblicare altri lavori, in cui il linguaggio è essenziale e la semplicità è il punto di forza.
Non solo, D’Ignazio insiste che questo genere letterario sia anche diretto agli adulti poiché, in sé, ha la capacità di descrivere le innumerevoli sfaccettature del mondo attraverso una terminologia chiara, elementare.
L’ultimo racconto di D’Ignazio dà voce a una vicenda autobiografica dal titolo “Il mio segno particolare”, edito da Rizzoli. Dalla storia nasce una trasposizione teatrale sotto forma di monologo, firmata da Antonia Fama e interpretata da Marco Zordan, che andrà in scena al teatro Trastevere capitolino, dal 17 al 20 marzo prossimo.
Quale miglior modo di scoprire i segreti di un bambino che si trova a vivere con dei segni peculiari, che ne disegnano l’identità?
Michele, inoltre, è una persona versatile e creativa: si divide tra la gestione di una locanda nel borgo di San Nicola Arcella nei mesi estivi, attività che concilia con la scrittura e i laboratori teatrali durante i mesi invernali.
Michele D’Ignazio lei, nello specifico, si occupa di letteratura diretta all’infanzia: come è nata questa passione?
“Mi piaceva scrivere e il caso ha voluto che il primo libro ad essere pubblicato è stato ‘Storia di una matita’, all’interno di una collana per ragazzi di Rizzoli, che si chiamava ‘Il cantiere delle parole’. Dopo la pubblicazione, sono arrivati i primi inviti nelle scuole ed è stato come un colpo di fulmine. Mi è da subito piaciuto il mondo dell’infanzia, della scuola e ho deciso di continuare per questa strada. Allo stesso tempo, però, ripeto spesso che la letteratura per ragazzi è un terreno di incontro tra tante età. Sono storie che hanno profondità e molti livelli di lettura: bisogna evitare categorizzazioni troppo stringenti. Ciò che cerco di fare è scrivere libri che possano piacere e interessare i bambini, ma anche i grandi. Nessuna età deve rimanere esclusa”.
Quali differenze ci sono nella strutturazione della narrativa per gli adulti e quella per i bambini?
“Una delle peculiarità della letteratura per ragazzi, che ne è anche la forza, è la semplicità del linguaggio, ma non rinuncia (e non deve rinunciare) a raccontare il mondo nelle sue innumerevoli sfaccettature. Lo ripeto: stiamo parlando di libri che, in realtà, si rivolgono a tutti. Questo carattere universale, fuori dalle logiche del tempo e dell’attualità, è ciò che secondo me deve differenziare un buon libro, per ragazzi ma anche per adulti”.
E qual è il linguaggio adatto da utilizzare per attrarre i bambini alla lettura?
“In tre parole: semplicità (che per gli adulti non è un punto di partenza, ma una grande conquista), leggerezza (‘Planare sulle cose dall’alto, senza avere macigni sul cuore’, come diceva Italo Calvino) ed essenzialità (provare a dire qualcosa di profondo e importante con il minor numero possibile di parole)”.
Nel suo ultimo libro lei punta a raccontare una storia personale tramite un supereroe. Perché ha scelto questa figura così particolare?
“È stata una scelta che è arrivata strada facendo, mentre scrivevo. Mi sono imbattuto in una mia foto vestito da Superman. Avevo il costume blu, con la ‘S’ stampata sul petto e dietro sventolava un lungo mantello rosso. In realtà, sotto il costume, avevo un altro mantello: è il neo gigante di cui parlo nella storia, il segno particolare che mi ha segnato, regalandomi tante esperienze e insegnamenti. Per questo, ho poi iniziato a giocare con le caratteristiche e il mondo dei supereroi ”.
Come considera il mondo dell’editoria attuale?
“Se devo essere sincero, inizio ad essere un po’ avvilito. Credo si sia dato troppo spazio alla quantità, a discapito della qualità. C’è molta fretta e anche il mondo dei libri è entrato in un’ottica di mercato un po’ spietata: continuando così, sia le case editrici che gli autori rischiano di perdere quel ruolo sociale importante che storicamente hanno sempre avuto. Credo sia necessaria una riflessione e un ripensamento. Ma anche in questo, il mondo dei bambini può diventare una grande occasione filosofica per noi adulti: i bambini ci chiedono sincerità, essenzialità, semplicità, calma e dovremmo ricordarcelo, nelle nostre attività quotidiane, provando a eliminare ciò che è superfluo e non sincero”.
“Il mio segno particolare” è il suo ultimo libro ed è stato riadattato in forma di monologo teatrale. Come è stata concepita l’opera per portarla sul palcoscenico?
“Si è fatto prima di tutto una sintesi della storia, per arrivare poi ad alcune variazioni con l’obiettivo di dare spazio anche a dei linguaggi comunicativi diversi. Ad esempio, i medici sono rappresentati da due pupazzi, anche per esorcizzarne la paura. La parte ambientata negli Usa è raccontata attraverso il teatro delle ombre. Infine, la mia storia si allarga alla storia di tanti altri bambini: nello spettacolo infatti sentirete le voci di altri bambini con segni particolari”.
Come è nata la collaborazione con l’attore Marco Zordan e la regista Antonia Fama?
“Conoscevo da tempo Antonia Fama. In passato avevo visto molti dei suoi spettacoli e, sentendoci telefonicamente, abbiamo iniziato a immaginare l’adattamento. Marco Zordan invece è stata una scoperta, ma da subito ci siamo trovati sulla stessa linea d’onda”.
Lei porta avanti molte attività personali: in che modo concilia la scrittura con i laboratori teatrali e addirittura la gestione di una locanda in Calabria?
“La locanda è un’attività solo estiva, la apro nel piccolo borgo di San Nicola Arcella nei mesi di luglio, agosto e settembre. Quindi in quei tre mesi mi dedico principalmente a questa attività, e avendo in ogni caso tanti collaboratori che mi aiutano. Durante il resto dell’anno, torno a fare lo scrittore, con i tanti progetti che ruotano intorno alla scrittura”.
Infine, ha già avuto modo di presentare il suo libro ha avuto qualche riscontro da parte del pubblico?
“Le reazioni sono tante. È una storia che fa ridere e commuove. La commozione è qualcosa che riscontro soprattutto negli adulti. Ai ragazzi, invece, il libro trasmette forza e coraggio. E molto spesso i ragazzi mi manifestano la loro gratitudine per essermi aperto e aver raccontato la mia storia”.
Annalisa Civitelli