Tutti abbiamo delle storie da raccontare. Ogni piccola esistenza è di per sé un racconto, e come tale ha una propria originalità, unica e assoluta. Punto di partenza da cui nasce ‘Il mio segno particolare’ di Michele D’Ignazio, uscito per Rizzoli nel 2021, è proprio la narrazione autentica di “…ricordi e di sogni, in una stanza d’infanzia dove si alternano dottori, palloncini, zie, compleanni, biciclette, divenendo tutti parte di un grande gioco”. Ma a nostro avviso, permetteteci l’azzardo, è anche e soprattutto un lungo cammino verso la consapevolezza, oppure no, di essere parte di un’opera d’arte
“Tutti eravamo uno scherzo della natura. Tutti avevamo segni, macchie, timbri, figure stampate sulla nostra pelle. Come un quadro del pittore Jackson Pollock.”
Michele, il protagonista, nasce il 7 gennaio 1984, ed è un bambino pacioso e sereno ma con un’inaspettata particolarità: sulla schiena il piccolo ha una specie di mantello, proprio come quello dei supereroi, fatto da tanti nei.
Uno scherzo della natura, che costringerà lui e i suoi genitori sin da subito a viaggiare, saltare, correre e lottare, dentro e fuori dagli ospedali, tra Italia, Francia e Stati Uniti, con medici, sale operatorie e infiniti rotoli di garza.
C’è chi è “nato con la camicia“, loro sono nati con la valigia.
Il libro è una fiaba per grandi e per piccoli, “…un viaggio dentro se stessi, alla riscoperta della malattia e di come viverla attraverso il gioco, una riflessione sulle imperfezioni (esteriori e interiori) che ci fanno come siamo, pezzi unici”.
Un susseguirsi di conoscenze, personaggi stravaganti, amicizie improvvise, perse e ritrovate: è il diario di un giovane che attraverso incontri esistenziali preziosi raggiunge la maturità, per poi spiccare il volo.
Ma questa storia è anche e soprattutto il racconto di un quadro, un’opera d’arte stampata sulla pelle di un giovane ragazzo di Cosenza, una figurazione che gli esperti definirebbero tipica dell’espressionismo astratto, un’action painting pollockiana, un insieme di nei con l’aspetto di macchie sgocciolate, rare e per questo uniche.
E quando la letteratura dialoga con l’arte può nascere un’esperienza personale profonda e intensa.
“Mi sa che alla fine è proprio vero: ciò che conta è il viaggio.”
Jack the Dripper
Jackson Pollock, detto Jack the Dripper, è uno degli artisti moderni più rari mai esistiti, apprezzato anche dai non addetti ai lavori: le sue opere sono tracce di colore, disegni caotici, istinti emotivi scolati direttamente su gigantesche tele, vissute come proseguimenti di parti del corpo.
L’artista fu il principale rappresentante dell’action painting, ovvero pittura in movimento, e faceva parte di una corrente espositiva non–figurativa americana nata dopo la seconda guerra mondiale, detta anche espressionismo astratto. La tecnica più utilizzata era quella del dripping, letteralmente “sgocciolatura”, realizzata con l’aiuto di un bastoncino che faceva colare le tinte direttamente sul quadro.
Il risultato era quindi una sequenza variegata di schizzi di colore, una mappatura, una cartina geografica caotica fatta di pennellate improvvisate come fossero tante piccole isole cangianti sparse: nel libro è quel corpo macchiato, dove “…la pelle bianca è il mare, e il grande e irregolare neo un continente”.
Il mio segno particolare: un mappamondo di colore stilistico
Il piccolo Michele è allora un mappamondo di colore, un dripping fisico, un quadro caotico di cui forse disfarsi o una particolarità scomoda, a cui inesorabilmente adattarsi.
Pollock era un personaggio turbolento e travagliato, amava le sue opere, create con passione, ma allo stesso tempo le detestava, perché spesso frutto d’inquietudini e di sofferenti disagi da cui allontanarsi.
Come Pollock, anche D’Ignazio fa colare i colori dei suoi ricordi dall’alto, muovendosi da un lato all’altro di ogni singola pagina del testo come fosse la sua tela, e come l’artista americano si dice sembrava danzasse attorno ai suoi quadri, così l’autore, con flussi di parole lenti e poi sempre più veloci, ci immerge senza indugio nel fantasioso mondo della sua pelle, facendola apparire come un quadro via via da completare.
Il racconto dunque è un turbinio di emozioni, un viaggio alla ricerca dell’equilibrio e della serenità: un percorso verso la normalità, a scapito della particolarità.
Viaggio interiore
Il libro, percepito come un’alchimia – insieme di saperi per lo più esoterici che vantavano la trasmutabilità di metalli scadenti in oro –, narra di un tortuoso viaggio dentro di sé, con la forte speranza di ottenere un corpo vero o semplicemente più reale.
È la fuga da quel mantello gigante da supereroe che, come un fardello, si porta dietro sin dalla nascita: un corpo a pois, che attira dolci curiosità ma anche sguardi “difficili da decifrare”, da cui anche il migliore dei caratteri “vispi e allegri” sarebbe messo a dura prova.
‘Il mio segno particolare’, composto da brevissimi capitoli, ognuno introdotto da un aneddoto, è strutturato in modo da creare un rapporto diretto, immediato, d’impulso e quasi viscerale con chi legge.
Le parole scivolano come labirinti, articolate ma subito risolte, e la successione delle frasi è un’incontenibile esplosione variegata di colori.
Diversi e irripetibili
Lo sguardo del lettore si perde in un vasto e disteso spazio creativo, che ha però nettamente chiaro il focus centrale: l’accettazione di chi siamo davvero, del proprio essere forse diversi, unici e irripetibili.
Pollock a volte lasciava gocciolare il colore sulla superficie della tela per ore, emanando e diffondendo una forte energia: similmente D’Ignazio non si risparmia mai.
Nel continuo concatenarsi di episodi autobiografici, dalla simpatica presenza costante dello zio burlone Enrico all’amicizia con i medici di reparto, attira costantemente il lettore nel campo astratto del suo quadro narrativo, perché come disse Jack the Dripper “…dipingere è un’azione di auto scoperta: ogni buon artista alla fine dei conti dipinge ciò che è”.
Vania Lai
Immagine di copertina: Jackson Pollock – “Alchimia” – 1947 – Venezia Collezione Peggy Guggenheim
Biografia
Michele D’Ignazio, classe 1984, pubblica libri con Rizzoli. I più conosciuti sono la serie long–seller di “Storia di una matita”, che ha conquistato tanti bambini, divenendo una delle letture di narrativa preferita nelle scuole, la trilogia di Babbo Natale, iniziata con “Il secondo lavoro di Babbo Natale”, tradotto in dodici lingue, “Pacunaimba”, un romanzo avventuroso alla scoperta del Brasile più nascosto, e l’autobiografico “Il mio segno particolare”. D’estate gestisce una piccola locanda, “Il Vicolo, Vineria”, nel centro storico di San Nicola Arcella, sull’alto Tirreno calabrese, dove unisce la sua passione per il cibo, l’arte e la cultura. Il testo “Il mio segno particolare” è anche un’opera teatrale omonima, per la regia di Maria Antonia Fama.
Michele D’Ignazio
Il mio segno particolare
Edizione Rizzoli
Genere Autobiografia/Libri per ragazzi
Edizione 2021
Pagine 227