Il Festival di Venezia si è concluso il 10 settembre scorso e abbiamo così visto i suoi protagonisti e vincitori. Tuttavia, in questo specifico articolo, vogliamo puntare lo sguardo sia su un film, ‘Gli orsi non esistono – No Bears’ – che esce oggi 6 ottobre nelle sale italiane – sia sul regista Jafar Panahi in particolare, la cui storia merita di essere divulgata e che peraltro si scontra con l’attualità di questi giorni
Il puripremiato Jafar Panahi è un regista iraniano che, a Venezia edizione 79, ha presentato il suo ultimo film, ‘Gli orsi non esistono – No Bears’, ricevendo un lodevole Premio speciale della giuria.
Non vogliamo però soffermarci solo sulla mera recensione dell’opera, ma ci prendiamo la licenza di scavare più a fondo e insieme di comprendere quanto il cinema può essere rilevante in determinati contesti.
La storia di Panahi non è banale così come non lo è quella del paese da cui proviene: l’Iran. Tristemente noto per le notizie delle ultime settimane (l’omicidio di Mahsa Amini), l’Iran oggi è protagonista di contestazioni sollevate dai giovani.
Da più di un quarantennio il Paese è infatti sottomesso alla tirannia dittatoriale dell’Ayatollah Khamenei che insieme alle guardie della rivoluzione, i pasdaran, controlla ogni aspetto del tessuto sociale iraniano.
Va da sé dunque, che l’Iran, è un Paese dove chi desidera intraprendere la carriera del cineasta deve scontrarsi con il sistema interno, perché la libertà intellettuale costa molto cara.
Panahi: la fermezza di esprimere la prospettiva sociale
Panahi, infatti, sta scontando una pena detentiva da luglio di quest’anno come già accadde nel 2010: esattamente come allora gli è vietato lasciare il paese se non per cause di forza maggiore. Assolutamente coraggioso, quindi, in quanto essere un regista, essere uomo o donna pensante in Iran, significa lottare per un’emancipazione personale agognata.
Dunque, oltre ad approfondire la figura del regista iraniano vogliamo puntare sul genere cinematografico del Paese che si affaccia sul Golfo Persico: la New Wave iraniana. Nata nel 1964, si basa su una predominante tendenza culturale, dinamica e intellettuale, che punta la lente di ingrandimento sulla situazione collettiva e umana dell’Iran.
Il professore di letteratura iraniana, Hamid Dabashi scrive su Panahi: “Panahi non fa come gli viene detto, infatti egli ha avuto successo proprio per non fare come gli viene detto.”. In effetti, lo stesso regista racconta, attraverso i suoi documentari, proprio la realtà che vive in prima persona, eludendo la sopraffazione.
Gli orsi non esistono: l’impatto della finzione sulla realtà
Torniamo ora all’ultimo film di Jafar Panahi: ‘Gli orsi non esistono – No Bears’. Qui, come nei precedenti lungometraggi – “Taxi Teheran” e “Questo non è un film” -, interpretati anche dallo stesso Panahi, percepiamo una narrazione autobiografica schietta e sincera.
Panah di fatto descrive in modo eloquente la situazione del suo paese, che riguarda buona parte della sua filmografia, purtroppo censurata oppure realizzata illegalmente.
L’opera si apre con un chiaro esempio di metacinema: l’esistenza di Panahi è ritratta dalla telecamera, generando un’interessante commistione fra autobiografia e finzione, linguaggi ai quali il regista ha abituato il suo pubblico.
Zara (Mina Khosravani) e Bakhtiar (Bakhtiar Panjei), i due protagonisti, tentano di fuggire dall’Iran e lungo il corso della storia, Panahi mira a catturare quello che è il carattere dei soggetti, cercando di cogliere la loro anima. Egli stesso affida proprio ai personaggi principali il suo desiderio di scappare dal suo Paese.
Il tutto si svolge grazie a una regia moderata: quest’ultima non spicca, al contrario coglie, grazie a delle metafore trasposte per immagini, gli aspetti determinanti di una comunità che vuole ribaltare la propria vita e uscire fuori dalle molteplici restrizioni.
Il film, inoltre, mostra con forza quanto Panahi si senta fuori luogo come artista nel posto in cui vive.
Panahi quindi fa muovere le figure all’interno di una sceneggiatura che ingloba l’ambiente circostante della città e che gioca con l’impatto della finzione sulla realtà, che fa di ‘Gli orsi non esistono – No Bears’ un girato contemplativo e poetico, in cui appunto emerge il concetto di “film nel film”.
Curiosità
Jafar Panahi, oggettvamente, non ha potuto partecipare alle riprese, e ha diretto da remoto da un piccolo villaggio nell’entroterra dell’Iran. Come se lui stesse dietro la camera da presa.
Si è di conseguenza affidato all’esperienza dei suoi collaboratori sia delegando a loro l’intero lavoro sia per delineare i contorni di un copione che fa riferimento al reale.
‘Gli orsi non esistono – No Bears’ non è solo un documentario, ma mira a essere un’immagine concreta delle circostanze di un Paese sotto dittatura e delle vicissitudini di un popolo oppresso.
“Si sente in trappola, senza futuro, senza libertà e senza lavoro“, dice Panahi al suo assistente alla regia (interpretato dal suo sound designer Reza Heydari), e immagina il dolore della diaspora che si traduce nella dicotomia dell’assenza di uno spazio che può riconoscere come casa.
Panahi è consapevole che nessun luogo potrà mai soppiantarlo e sente un mix di sentimenti, pensando alla sua terra natia.
In questa eterna fuga dalle convenzioni e gli schemi di una cultura che pretende di controllare ogni aspetto della vita, Jafar Panahi descrive non solo la storia d’amore di due ragazzi, ma anche la difficoltà che può incontrare un artista nel fare il proprio mestiere in libertà.
Andrea Di Sciullo
Gli orsi non esistono – Non Bears
di Jafar Panahi
con
Jafar Panahi se stesso
Naser Hashemi capo villaggio
Vahid Mobasheri Ghanbar
Bakhtiyar Panjeei Bakhtiar
Reza Heydari Reza
Mina Kavani Zara
Genere Drammatico, Sentimentale
Fotografia Amin Jafari
Sceneggiatura Jafar Panahi
Sound designer Reza Heydari
Distribuzione Academy Two
Produzione Celluloid Dreams
Anno 2022
Durata 106 min