Editoriale 114.
Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne
Lotta alla discriminazione razziale e donne libere dalle ingiustizie
Il mio Editoriale 114. oggi vuole riprendere un po’ il discorso sulle donne e la loro rilevanza nella società.
Oggi infatti ricorre la Giornata Internazionale contro la violenza di genere e voglio riallacciarmi alle rivoluzioni grandi e piccole che accadono utlimamente.
Proprio il 20 novembre scorso sono iniziati i mondiali di calcio in Qatar, Paese molto ricco ma contro ogni diritto civile.
Se facciamo un passo indietro, da più di un mese la rivolta iraniana – nonostante le molte vittime che miete ogni giorno – vive il suo pieno fulgore.
L’immagine del bacio tra due innamorati per la strada ha fatto il giro del mondo ed è l’emblema del cambiamento che i giovani e le giovani vogliono. Lei senza velo, da sottolineare.
Insistere è diventato il verbo. Non demordere è un invito a tutte le popolazioni del mondo sottomesse.
Ebbene, proprio accanto alle donne iraniane lottano anche gli uomini, in antitesi con i nostrani che si sentono sempre prevaricati dalle figure femminili, forti e virtuose.
La nazionale dell’Iran ai mondiali non ha cantato l’inno con il rischio di tornare in patria ed essere arrestata. Trovo questo gesto eroico, se così si può definire. Sì, eroico, in quanto proprio il cosiddetto sesso forte incoraggia la battaglia femminile, andando contro il potere autocratico.
E, appunto, oggi – Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne – trovo questi piccoli e grandi conflitti un urlo alla libertà in tutti i sensi.
Come zittire le femmine
Gli scontri che attualmente si diramano per le strade delle città dell’Iran sono scaturiti a casua di un velo indossato male. La giovane Mahsa Amini è stata uccisa per questa mancanza. E ora, le ragazze e i ragazzi scatenano un’altra rivolta: levano il turbante degli ayatollah, elemento del potere autocratico.
Al grido “donna, vita libertà” si riflette sulle donne di tutto il Pianeta e sul loro significato nel mondo.
Se da un lato – secondo il nostro modo di concepire le cose -, da noi l’uomo non accetta l’abbandono ricorrendo allo stalking, alla violenza che scaturisce il più delle volte in omicidio della moglie e/o compagna e addirittura ex, per certi versi, da un altro – vivendo in altri tipi di società -, si pretende che la donna non lavori, non studi, non abbia una sua vita privata.
E, per esempio, in Afghanistan, con il ritorno dei talebani l’universo femminile ha terminato di essere istruito e di gioire di un’esistenza libera e serena.
Libertà è la parola chiave, mentre la morte accomuna tutte queste circostanze ricorrenti, nonostante distanze e confini lontani chilometri.
Prevaricazione senza diritto di parola
Rifletto. Ultimamente su Rai 3 è ricominciato il programma “Amore Criminale” seguito da “Sopravvissute”. Guardare le due trasmissioni mi angoscia e mi inquieta. Continuo a chiedermi sul come si possono riconoscere i segnali malsani per fuggire dalla sopraffazione maschile.
Mi chiedo ogni volta come leggere gli allarmi pericolosi che suonano deboli all’inzio ma più forti poi.
Quali dunque le strategie da adottare per sopportare e affrontare in seguito i soprusi?
Perché noi donne a volte ci incastriamo in una relazione malata pur di non stare sole? Come uscire dalle prigioni che incatenano le nostre anime?
Non so quale sia il segreto. Non lo so. Ma di certo posso esprimere che i sentimenti non si spezzano con un taglio estremo, anzi.
Al contrario questi creano vincoli e difese verso l’aggressore inspiegabili che, solo la vittima consoce. Scappare pertanto diventa un passo coraggioso e avvalersi del supporto e dell’aiuto dei centri antiviolenza è altresì un dono che si fa a se stesse. Per rinascere.
Annalisa Civitelli