Al teatro Arcobaleno di Roma, dal 9 al 18 dicembre, è andato in scena ‘Ifigenia in Aulide’ del drammaturgo greco Euripide. La tragedia, che porta la firma di Alessandro Machìa alla regia, indaga il ruolo femminile e la posizione della donna in un mondo dominato dagli interessi politici degli eroi
La tragedia di Euripide, ‘Ifigenia in Aulide’, narra le sorti della flotta greca bloccata all’ancora in terra d’Aulide a causa di bonaccia e in bellicosa rotta verso Troia con lo scopo di riappropriarsi di Elena, fuggita con l’amante Paride. Il marito Menelao e suo fratello Agamennone, a comando della spedizione, ricevono il verdetto. Solo grazie ad un sacrificio alla dea Artemide il vento tornerà favorevole consentendo la partenza delle navi. Questa profezia dell’indovino Calcante conduce ad un paradosso: Ifigenia, figlia di Agamennone, dovrà essere immolata affinché Menelao possa proseguire nella guerra per riappropriarsi della moglie. Così, in un crescendo drammatico, il padre manda a chiamare la figlia che, accompagnata dalla madre Clitennestra, giunge in Aulide convinta di sposare Achille.
Qui trova il suo innesco l’attualità di Euripide: la sorte di una giovane che si trova a cavallo tra l’essere vittima delle ambizioni maschili e il rivestire i panni dell’eroina la cui vita è offerta al bene collettivo e alla dea. Destino la cui epica drammaticità è ancor più posta in risalto da quanto va emergendo.
Infatti, dall’iniziale commedia degli equivoci, l’ambizione e il cieco orgoglio virile dei due protagonisti maschili, Agamennone e Menelao, porta a un esito infausto che la protagonista Ifigenia abbraccia nel tentativo di rovesciare la necessità di un crudele destino in volontà e libertà di riappropriarsi della propria vita.
Ifigenia in Aulide: quale potere femminile?
Questa è una drammaturgia che, per la regia di Alessandro Machìa, evidenzia l’ambiguità per cui gli uomini appaiono dominati dalle loro passioni e dalla brama di potere. Ma anche demitizzati come nel caso di Achille che, dietro la scorza di potente guerriero, si rivela comicamente pauroso.
È palese il ridimensionamento della forza mitica dei personaggi (maschili in particolare) che, in alcuni passaggi, è sottolineato da scelte musicali decontestualizzate, ma che per altri versi è adeguatamente reso mediante una regia essenziale e una scenografia minimale.
Alla pochezza e all’egotismo maschili, oltre alla forza sprigionata da Ifigenia, fa riscontro l’intensità femminile di Clitennestra. Proprio la notevole performance attoriale di Alessandra Fallucchi restituisce la potenza della donna capace di fronteggiare un destino avverso e di proporsi come modello di solidità, di consapevolezza e di furbizia dialettica.
Un femminile che, grazie alla resa scenica di Clitennestra, contribuisce allo sciogliersi della trama forse ancor più di Ifigenia. Questa, tra l’obbedienza e l’adozione dello sguardo maschile, finisce infatti con l’essere restituita più nella forma di una febbricitante esaltazione che in quella di una eroica accettazione del fato.
Altrettanto notevoli i contributi di Paolo Lorimer nel rendere un’interpretazione profondamente realistica, e di Carlotta De Cesaris chiamata a portare in scena l’intervento conclusivo di Artemide: la sostituzione del sacrificio umano con quello animale, di Ifigenia con la cerva. Scambio di grande impatto drammaturgico e attoriale in cui trova redenzione la dipartita dell’eroina.
Sofia Remiddi
Foto: Manuela Giusto
Teatro Arcobaleno
dal 9 al 18 dicembre
Ifigenia in Aulide
di Euripide
versione italiana di Fabrizio Sinisi
Regia Alessandro Machìa
con Andrea Tidona, Alessandra Fallucchi, Roberto Turchetta, Carolina Vecchia, Lorenza Molina, Carlotta De Cesaris, Elisa Galasso, Chiara Scià e Paolo Lorimer
Costumi Sara Bianchi
Luci Giuseppe Filipponio
Movimenti coreografici Fabrizio Federici
Suono Giorgio Bertinelli