In scena fino allo scorso 18 dicembre presso il teatro Quirino di Roma, ‘Spettri’, uno dei capolavori dell’autore scandinavo Henrik Ibsen, rimette in scena un dramma familiare narrato attraverso l’incapacità di essere se stessi e la difficoltà di comunicare che, unite alla caratteristica freddezza dei luoghi in cui l’azione si svolge, generano una storia trasparente e cupa allo stesso tempo. Tra gli attori del cast, diretti da Rimas Tuminas, è presente, dopo tanti anni lontana dai palcoscenici italiani, Andrea Jonasson
In una sperduta cittadina della Norvegia, la borghese Helene Alving è in procinto di inaugurare un orfanotrofio intitolato alla memoria del suo defunto marito. In quegli stessi giorni, tornato da Parigi, il figlio di Helene, il malinconico Osvald, inizia a mostrare una grave forma di depressione che metterà in allarme la madre e che costringerà quest’ultima a dissotterrare il proprio passato e tutti i segreti tenuti nascosti per anni.
In questa rappresentazione di ‘Spettri’, che Ibsen finì di scrivere nel 1881, un ruolo fondamentale lo riveste la regia del lituano Rimas Tuminas: gli ampi spazi del palco, occupati da pochissimi elementi scenografici, danno vita a un ambiente ampio e dispersivo all’interno del quale la difficoltà che i personaggi trovano nell’incontrarsi è ancora più esaltata.
Tuminas si serve di un’illuminazione tendente al blu e di un volteggiare costante di fumi che sembrano rendere la scena sempre più glaciale azione dopo azione.
La struttura ideata dal regista fa sì che quella temperatura quasi gelida presente tra le righe del testo arrivi in maniera diretta alla percezione degli spettatori restituendo la precisa identità dell’opera.
Dunque la stessa anima di ‘Spettri’, disseminata con ogni battuta dall’incomunicabilità, dalla menzogna, dal passato e dal dolore, emerge definita e segnata da margini netti e tuttora attuali.
Spettri: qualcosa non funziona
Eppure, nonostante la forza del testo e la regia ben costruita, sembra che nello spettacolo qualcosa non funzioni ed è evidente come la resa della rappresentazione non sia del tutto a fuoco e come manchi un’armonia totale che renda la messinscena omogenea in ogni sua parte.
Anche l’interpretazione degli attori non risulta veramente inquadrata: ogni carattere mantiene la fissità e la freddezza presenti nel copione originale di Ibsen ma, al di là del personaggio di Osvald, tutti gli altri hanno dei contorni soltanto accennati, o comunque fortemente schermati, che li avvicina sì agli spettri del titolo ma che li allontana da chi li osserva e ne attenua il sottotesto e ogni sfaccettatura.
È perciò proprio Gianluca Merolli, interprete di Osvald, a fare la figura migliore: il giovane attore conferisce al proprio ruolo un sentimento trattenuto ma eloquente che contribuisce a fare di quel protagonista l’unico esponente davvero umano in un ambiente piano di fantasmi.
Gabriele Amoroso
Teatro Quirino
dal 13 al 18 dicembre
Spettri
di Henrik Ibsen
Versione italiana e adattamento Fausto Paravidino
Regia Rimas Tuminas
con Andrea Jonasson, Gianluca Merolli, Fabio Sartor, Giancario Previati ed Eleonora Panizzo
Scene e costumi Adomas Jacovskis
Disegno luci Fiammetta Baldiserri
Musica Faustas Latênas, Giedrius Puskunigis, Jean Sibelius, Georges Bizet
Ripresa luci Oscar Frosio
Produzione Teatro Stabile del Veneto