Al Teatro Belli di Trastevere va in scena, il 5 e 6 aprile, il monologo di Francesco d’Alfonso ‘Ricordate che eravate violini’. Interpretato da Giorgio Sales, con musiche eseguite da Lorenzo Sabene, rilegge l’ultima notte di Gesù spogliandolo della sicurezza divina
Gesù attende nel campo di ulivi. Sa che quella notte verranno i soldati a prenderlo, che Giuda Iscariota lo tradirà, e che quella sarà la sua ultima notte in mezzo ai figli di Dio. Eppure ha paura – interroga il Padre, cerca di immaginare delle alternative, teme il dolore e le umiliazioni che verranno. L’incarnazione del Signore sulla terra non è mai sembrata così umana.
‘Ricordate che eravate violini’ è un monologo veloce, ma impetuoso e ricco di riferimenti, in cui l’idea conosciuta della reinterpretazione delle scritture si solleva di nuova vita grazie ad elementi efficacemente semplici, che combinano letteratura, poesia e musica, culture dentro e fuori dall’Italia, in un racconto in cui il dolore del suo protagonista è nudo, rauco e inevitabile.
Ricordate che eravate violini: un Gesù troppo umano
Da un oceano di fogli, un compendio di letteratura che accarezza il mondo intero e tutta la storia, emerge il corpo di Giorgio Sales. È vestito come un carcerato, come se il suo Gesù si fosse già preparato anche fisicamente per il tormento che lo colpirà.
Questo è il quadro che apre ‘Ricordate che eravate violini’ – e per il resto della serata, i riflettori appartengono unicamente a lui, alla sua voce e alle sue grida.
Se lo scopo primario del monologo era abbassare il Redentore dall’alto dei cieli, Sales porta a termine tale obbiettivo immergendosi nel ruolo del condannato con una rabbia crudele, a tratti beffarda e sarcastica, a tratti addolorata e impotente.
Uno monologo acre
I passaggi da un sentimento all’altro sono rapidi, anche se non forzati, similmente a quelli tra uomo e Dio. Nonché tra le citazioni culturali di fondo – tanti Gesù, interpretati da sguardi diversi, uniti sotto l’egida di quella dolorosa umanità. Da Iacopone da Todi a Fabrizio De André, da Khalil Gibran a a Ravel.
Tutti guardano Gesù, e non sempre quegli sguardi fanno bene.
Alle sue spalle, le musiche di Lorenzo Sabene arricchiscono la scena di una malinconia anch’essa tutta umana. Esegue cinque strumenti tra chitarra acustica, liuto e tiorba – un liuto più ampio, a doppio manico che può contare più di dieci corde – e il suo incospicuo passare dall’uno all’altro senza perdere colpi completa lo scenario, mantenendo l’intimità della situazione senza privarla di ricchezza contenutistica.
Un monologo acre, doloroso, in cui un esecutore forte e intenso catalizza l’attenzione fino alla fine. ‘Ricordate che eravate violini’ riesce nell’equilibrio delicato tra religione e umanesimo, e un tema familiare non è mai parso così vivo.
Maria Flaminia Zacchilli
Foto: Cecilia Chiaramonte
Teatro Belli
5 e 6 aprile
Ricordate Che Eravate Violini
Meditazione notturna per una voce sola
Regia e drammaturgia Francesco d’Alfonso
con Giorgio Sales
Disegno luci Cecilia Sensi
Consulenza tecnica Francesco Bàrbera
Contributi audio e video Francesco Indelicato
Musiche di Lorenzo Dabene
Voci fuori campo Roberta Azzarone e Lorenzo Parrotto
Testi liberamente tratti da J.L. Borges, J. da Todi, K. Gibran, M. Luzi, A. Merini e E.E. Schmitt
Musiche di J.S. Bach, F. De Andrè, J. Dowland, S. Weiss, S. Landi, M. Lauridsen, A. Piccinini, M. Ravelee F. Valdambrini