‘Mi limitavo ad amare te’ è un romanzo di Rosella Pastorino, edito da Feltrinelli nel 2023, candidato nella cinquina finalista al Premio Strega 2023. La narrazione è un pugno nello stomaco, si scende nell’inferno del conflitto che ha sconvolto i Paesi dell’ex Jugoslavia, circa trent’anni fa. Una guerra vista con gli occhi innocenti e smarriti dei bambini del Bjelave, espatriati da Sarajevo e trasferiti in Italia, in cerca di speranza e di certezze
“Passeggio per la città della nostra gioventù /e cerco la strada per il mio nome. / Le strade grandi, rumorose –/ le lascio ai grandi della storia. /Cosa facevo io mentre durava la storia? /Mi limitavo ad amare te”
Izet Sarajlić, da
Cerco la strada per il mio nome
Il romanzo si ispira a una vicenda vera: il bombardamento dell’orfanotrofio di Bjelave. La storia si svolge nell’arco di un ventennio: dal 1992/93 fino al 2010/11.
Quando il 1° marzo del 1992 si vota al referendum per l’indipendenza dalla Federazione dell’ex Jugoslavia, la popolazione serba non partecipa per protesta, decidendo che quei territori sarebbero dovuti tornare in loro possesso, dando inizio, così, a una vera e propria pulizia etnica, in cui a pagare con la vita furono soprattutto i civili.
‘Mi limitavo ad amare te’ non racconta la cronaca della guerra, ma la lacerazione interiore inflitta ai bambini strappati alle loro madri, alla loro famiglia, alle propria origine, alla loro storia.
I bambini ospiti nell’orfanotrofio di Bjelive non erano tutti orfani. Alcuni di loro venivano portati lì dalle loro mamme, perché speravano che fosse un luogo protetto, nel quale intravedevano uno spiraglio di vita per i loro figli.
“A volte penso che una mamma morta è meglio di una mamma viva che non ti vuole. […] Se è morta almeno non devi pensarci più.”
I bambini di Bjelive
Nada, Danilo, Omar e Senadin sono i protagonisti del libro, con Ivo, Izet, Coccodè, Vera e tutti i bambini le cui storie rimarranno per sempre sulla loro pelle. Quando nella primavera del 1992 scoppia il conflitto armato fra Serbia e Bosnia Erzegovina, i bambini dell’orfanotrofio di Bjelive vivono in condizioni precarie. Hanno poco da mangiare e dormono ammassati su materassi sistemati al piano terra dell’edificio e uscendo c’è il pericolo di essere colpiti dai cecchini.
Fuori c’è la guerra, ma loro combatteranno una lunga e terribile battaglia interiore.
Quando vengono a sapere che verranno trasferiti in Italia per un breve periodo, ovvero quando le lotte fratricide cesseranno, i bambini sono sorpresi e spaventati. Una mattina di luglio, due convogli scortati da un blindato dell’Onu vengono a prelevarli per trasferirli in Italia.
Nada lascia suo fratello Ivo perchè arruolato, Danilo parte senza la sua famiglia, Omar va via con la disperazione di non sapere se la sua mamma è viva, Sen con una speranza nel cuore.
“Se anziché al sicuro Dio fosse stato quaggiù, di fronte a quelle sagome traballanti, all’eco delle loro urla contro il soffitto altissimo, al bagliore delle bombe che li rivelava di colpo per ciò che erano, due bambini, si sarebbe intenerito al pari di un vecchietto qualunque, e forse si sarebbe fatto carico del loro destino. Ma Dio era in esilio, lo era sempre stato[…]”
L’Italia: il paese della ri-nascita
In un Istituto diretto da suore ed educatrici, i bambini iniziano la loro nuova vita, non senza difficoltà, mai dimenticando il proprio passato.
Se l’accettazione di un nuovo paese, una nuova lingua, di nuove abitudini era per loro una situazione temporanea, quando il Tribunale di Milano diede il via alle disposizioni di affido e poi di adozione dei bambini a famiglie italiane, senza sapere se i loro genitori fossero morti o sopravvissuti alla guerra, aspettando il loro ritorno, la vita dei piccoli viene stravolta.
L’infanzia di questi bambini verrà segnata per sempre, lo strappo dalle radici familiari e dalla propria terra peserà e condizionerà le loro esistenze.
Le ostilità dureranno quattro lunghi anni e tra le pagine del libro vedremo crescere, lottare e cambiare Nada, Omar, Sen e Danilo. Tra loro si consolidano affetti e mancanze.
Nada, che in bosniaco vuol dire speranza, è l’anello di congiunzione tra loro: lei che una madre ce l’ha da qualche parte, ma che le ha inferto solo ferite. Omar, invece, fa della ricerca della sua una ragione di vita e mai accetterà di chiamare mamma un’altra donna, cosa che per suo fratello Sen invece è una opportunità di cambiamento. Danilo riabbraccerà madre e sorella, che intanto lo hanno raggiunto in Italia.
Nessuno di loro sa che per la costruzione di un futuro possibile, andranno incontro a nuovi drammi, ma soprattutto a una nuova e consapevole solitudine interiore.
“Il loro desiderio più persistente si era realizzato grazie alla sciagura di un intero Paese, grazie a una madre saltata in aria. Affinché una donna senza figli possa allevare il figlio di un’altra, serve una quantità smisurata di sofferenza all’origine. Che la madre biologica sia morta o no, è comunque in corso un lutto. Dovresti saperlo, quando ti prendi in casa un orfano, pensava Omar, che se tu hai vinto è perché io ho perso. Mia madre, ho perso”–
Una cronaca di emozioni
Rosella Postorino con questo romanzo scava nell’animo umano, prendendo fino nelle viscere e toccando le corde più scoperte di chi legge.
La scrittrice indaga il tema dell’assenza, della mancanza di amore, di famiglia, di quotidianità, che per i bambini dovrebbe essere scontato, ma per gli orfani di Sarajevo non lo è. Bambini costretti a crescere troppo in fretta e spesso soli, senza mai colmare quella voragine creatasi all’origine della loro vita.
Affronta il trauma dell’abbandono costretto o volontario di madri che combattono ognuna la propria guerra. Cuori che sanguinano, cuori speranzosi, cuori di donne il cui dolore è terrificante, nel dover abbandonare i figli a un destino incerto, ma consapevoli che è l’unico modo per restare al mondo.
Lo stile, la narrazione
‘Mi limitavo ad amare te’ ha una narrazione potente e diretta, che esalta l’amore e l’amicizia, sentimenti puri su cui costruire relazioni solide e unisce i bambini soli. La scrittura è matura, scorrevole e delicata, mai sdolcinata.
Evidenzia inequivocabilmente il senso di appartenenza, nonostante tutto, e la fierezza delle proprie origini. Tocca in modo sensibile le atrocità di quella guerra, raccontandone i crudi fatti e le conseguenze. Rosella Postorino intermezza i capitoli con frammenti del diario di guerra di Azra, che nella storia è giornalista e madre di Danilo.
Un romanzo che rimanda ai nostri giorni, a uno scontro armato, altrettanto assurdo quanto straziante, che si combatte in un altro lembo di terra. Il testo ricorda un po’ “Non chiedere perché” (2011 – Ed. Rizzoli) di Franco Di Mare, in cui si racconta di bambini abbandonati.
‘Mi limitavo ad amare te’ è intenso, un libro di formazione, in cui i personaggi vivono attraverso le parole, ci emozionano, ci fanno commuovere, ci ricordano che sono soprattutto i bambini a soffrire per colpa di una guerra decisa dai potenti.
I loro occhi non dimenticano, le loro anime saranno per sempre ferite.
Gianna Ferro
Rosella Postorino
Mi limitavo ad amare te
Edizioni Feltrinelli
Collana I narratori
Genere Narrativa
Anno 2023
Pagine 352