‘Al centro della piena’ è l’ultima raccolta di Nicola Romano, pubblicata postuma lo scorso settembre, a distanza di un anno dalla sua morte. Frutto di un lavoro poetico sofferto e appassionato, questa silloge densa di ricordi e suggestioni costituisce un canto del cigno di strabiliante ricchezza vitale, una la lotta incessante fra speranze, tormenti e attese
Ciò che più emerge dai versi contenuti in ‘Al centro della piena’, edito da Il ramo e la foglia edizioni, è senza dubbio la disarmante sincerità con cui Nicola Romano restituisce al lettore l’intensità delle proprie sensazioni, anche quelle più scomode.
C’è la volontà esplicita di non celare nulla, di tirare fuori da sé manciate di vita vissuta per farne rifiorire le tante tenerezze e crudeltà.
I componimenti non sono ripartiti in sezioni, bensì scorrono in un flusso continuo che emula quello del fiume evocato nel titolo della raccolta.
Come gli argini non riescono a contenere l’esuberanza dell’acqua, allo stesso modo i versi sono liberi di zampillare e gorgogliare lungo tutta la raccolta, creando un ritmo turbinante che trasporta all’interno dell’intimità del poeta.
Al centro della piena:
cogliere l’attimo che fugge
Quella dell’approssimarsi del fine vita è una consapevolezza che Romano non può né vuole ignorare. Nel suo accoglierla con grazia si concentra tutta la dolce resistenza di un’anima che riesce a trarre un anelito vitale anche di fronte alla più temuta delle sfide umane.
Non mancano momenti fugaci di sconforto – al mio confronto è viva / l’alga che giace secca / sulla rena -, ma ritorna subito perentoria la necessità di riprendere possesso della sostanza del mondo – Non turbarmi i silenzi / mentre sto per capire / come tornare al centro delle cose.
La sotterranea e onnipresente asserzione della propria esistenza trova il suo culmine in “Ustica”: qui il poeta si lascia alle spalle il presente e viaggia a ritroso all’interno del ricordo di una Sicilia fervida, mutevole e dinamica, della quale egli si sente ancora parte intrinseca e immutata.
Nella toccante strofa finale egli rivede se stesso affacciato a una finestra mentre osserva la vastità del mare: è così che vuole ricordarsi, circonfuso dalla brezza marina e lontano dai patimenti, incorniciato per sempre in un fotogramma di luminosa quiete.
Al centro della piena:
in comunione con l’universo
Sono davvero pochissime le poesie in cui non compare alcun accenno al mondo naturale. Esso esercita sui sensi il richiamo di una sirena, che spinge ad agognarne lo splendore ed a interrogarsi sui suoi misteri.
Quest’immedesimazione profonda di Romano richiama alla mente la poetica di Giuseppe Conte, in particolare nel rapporto con l’elemento acquatico, con il quale entrambi, originari rispettivamente di Palermo e Imperia, hanno grande familiarità. Il mare, i fiumi, i torrenti fanno da sfondo e da specchio all’avvicendarsi dei giorni e della vita interiore, alternando moto e staticità, irruenza e delicatezza.
In ‘Al centro della piena’ l’autore sembra trovare un conforto dalle tinte malinconiche nella coscienza della propria caducità in contrasto con il corso ciclico e immortale della natura, donandoci l’immagine di un uomo sensibile, raffinato, colmo di amore per la vita e la sua bellezza.
Sophia Dalla Costa
Biografia
Nicola Romano (Palermo, 1946-2022) è stato giornalista pubblicista. Ha collaborato a quotidiani e periodici con articoli d’interesse sociale e culturale. Con opere di poesia edite e inedite è risultato vincitore di diversi concorsi nazionali di poesia.
Al centro della piena
Nicola Romano
Edizioni Il ramo e la foglia
Collana Poesia
Genere Poesia
Edizione 2023
Pagine 72