Ai Concerti del Tempietto l’atmosfera è sempre vivida e piena di energia. Ogni ospite è accolto con grazia e ogni evento vede protagonisti giovani promettenti musicisti/e. Il 10 ottobre scorso sul palco della Sala Baldini al Chiostro Campitelli di Roma Alice Balan si è esibita con il suo pianoforte, travolgendo gli animi del pubblico
Alice Balan non si limita a suonare: lei domina. Non c’è sfida tecnica, per quanto titanica, che le possa resistere. Ha preso un programma che per molti sarebbe stato un campo minato, trasformandolo in un viaggio eufonico senza ostacoli, dove ogni difficoltà si scioglieva davanti a lei come neve al sole.
Beethoven, Schumann, Enescu: tre maestri che richiedono dita veloci, mani d’acciaio e un cervello che pensa simultaneamente su tre piani diversi. Alice ha danzato sopra queste insidie tecniche, come se stesse cavalcando fulmini, con un controllo sovrumano che ti lascia solo a bocca aperta.
La “Sonata Op. 27 n. 1” di Beethoven è un campo di battaglia tra contrasti ritmici, articolazioni serrate, e una struttura formale che ti sfida a mantenerla insieme senza farti divorare. Eppure, Alice ha preso ogni transizione tra Andante e Allegro con la leggerezza di chi cammina sull’acqua.
Mentre molti cadono nei tranelli ritmici e nei cambi dinamici che fanno tremare le mani anche dei più esperti, lei ha mantenuto un equilibrio tale che sembrava stesse forgiando il tempo stesso sotto le dita. Voicing? Perfetto. Ogni voce separata, scolpita con un’intensità che ti faceva sentire come se stessi ascoltando Beethoven riscrivere la sonata in tempo reale.
Alice Balan: movimenti schizofrenici
Poi c’è Schumann e il suo delirio in miniatura: “Papillons Op. 2”, una sequenza di trappole ritmiche, articolazioni impossibili e picchi emozionali che lascerebbero chiunque annaspare. Non Alice, la quale ha trasformato quei dodici pezzi brevi in una cascata sonora precisa come un bisturi.
Ogni passaggio, da quelle scale vertiginose al Prestissimo eseguito come se il tempo stesso si piegasse ai suoi comandi, ha mostrato un controllo ritmico che ti fa venire il dubbio che lei possa essere una macchina costruita per la perfezione musicale. Schumann era folle? Forse. Alice però lo è di più, nel miglior senso possibile.
Ha preso quei movimenti schizofrenici, li ha levigati come pietre preziose e li ha lanciati come frecce d’argento verso il cielo, colpendo ogni volta il bersaglio.
E poi arriva Enescu, che con la “Suite Op. 10 n. 2 – Des cloches sonores” crea un universo sonoro che è un labirinto in cui perdersi. Alice non si è limitata a trovare la strada: ha tirato giù i muri del labirinto. Enescu non è facile.
Alice Balan: una cattedrale di suoni
Le campane evocano, l’illusione sonora richiede invece un uso maniacale del pedale e del tocco del pianoforte per mantenere l’eco senza che esso diventi confuso; è un incubo tecnico per i più. L’artista ha dunque bilanciato il suono come una prestigiatrice che conosce ogni trucco.
Il Moderato, con le sue ombre e risonanze, è diventato una cattedrale di suoni, costruita con mani precise. E nel Maestoso, quando altri pianisti potrebbero cadere nel caos del suono, Alice ha mantenuto il pieno controllo, facendolo esplodere come fuochi d’artificio cosmici.
C’è qualcosa di divino in ciò che Alice Balan ha fatto con questo programma. Ha preso tre montagne impossibili da scalare e non solo è arrivata in cima, ma ha piantato la sua bandiera in ogni vetta. Questo concerto non era solo un’esecuzione: era una dichiarazione al mondo (e agli dèi, perché chiaramente li ha sfidati): “Io sono qui per superare ogni limite, e lo faccio ogni volta, con la grazia e la furia di chi non può fallire.”
Filippo Novalis
Notti romane al teatro di Marcello
Concerti del Tempietto
Festival Musicale delle Nazioni
Alice Balan
10 ottobre
L. Van Beethoven
Sonata Op. 27 n. 1
R. Schumann
Papillons Op. 2
G. Enescu
Suite Op. 10 n. 2 – “Des cloches sonores”