Chi non ha mai argomentato circa l’architettura sostenibile? Chi non ha mai creduto nell’esistenza armonica tra persone ed ecosistema stesso? Chi è scettico, presumiamo. Ebbene, vi stupiremo! Già dal 2015 o addirittura prima gli edifici biosostenibili, sia nel nostro Paese sia all’Estero, sta modificando il nostro sistema di vivere le case e i relativi spazi urbani, sempre più a misura d’uomo
Quando si sente parlare di ‘Architettura Sostenibile’ o di ‘Bioarchitettura’ , si intende un insieme di materie che studiano e incoraggiano un atteggiamento ecologico, per salvaguardare l’ambiente in cui viviamo. Diffusasi in Italia negli anni ’90 grazie a Ugo Sasso, padre dalla bioarchitettura e architetto che ha fondato a Bolzano l’“Istituto Nazionale di Bioarchitettura”(1987), le sue origini culturali sono una derivazione dell'”Architettura organica”.
La ‘Bioarchitettura’ ha inoltre avuto una maggiore risonanza sia attraverso le tesi sia tramite le opere di Frank Lloyd Wright, Hans Scharoun e Alvar Aalto mentre, nella nostra Penisola, Bruno Zevi ha dato valore a questa particolare disciplina.
Le progettazioni consistono nel concepire costruzioni a misura d’uomo mantenendo un equilibrio tra salute ambientale e le persone che vivono uno specifico luogo, che si presuppone debba essere sano e privo di elementi dannosi intorno.
Il pensiero di Sasso pertanto trova una sua funzione: l’essere umano viene inglobato nella struttura che abita, coniugando sia la qualità della vita sia della persona stessa, la quale si sentirà appartenente al territorio e alla società intorno a lei e, di conseguenza, in grado di salvaguardare le sue relazioni sviluppatesi nel tempo e nelle città.
Questo pensiero si accosta molto alla filosofia: molte volte infatti la ‘Bioarchitettura’ è stata definita “la filosofia dell’abitare” e l’armonia che va a crearsi tra uomo ed ecosistema è dunque da non sottovalutare. Il fine principe di questa disciplina si suddivide su più fronti, di cui quello basilare è progettare ed edificare stabili autosufficienti per ridurre i consumi energetici.
Per preservare l’habitat – impiegarne le risorse e i fenomeni atmosferici in modo naturale oppure riqualificarlo secondo i dettami delle regole sostenibili – è necessario quindi studiare e conoscere gli standard imprescindibili per la realizzazione dell’idea architettonica.
L’architettura sostenibile: gli elementi da non sottovalutare
Quando si costruisce un fabbricato destinato alle abitazioni – cosiddette case passive – o ad altro uso, tenendo sempre conto della conservazione dell’ecosistema, bisogna considerare determinati fattori: il contesto dove si va a erigere deve essere incontaminato; la fonte di luce naturale; il lato maggiore dello stabile deve essere orientato verso est–ovest per non favorire dispersioni termiche in estate e in inverno; la disposizione degli ambienti; la protezione dai fenomeni atmosferici, isolamento termico, ventilazione, ombreggiamento e riduzione dell’umidità, inoltre, sono altre condizioni da tener presente.
Ma non basta, anche i materiali devono rispettare i requisiti richiesti: salutari e riciclabili a loro volta, vanno incontro al ciclo vitale del prodotto; ridurre il carico termico con dei semplici accorgimenti è essenziale; pensare a delle tecnologie mirate da implementare; scegliere le vernici adatte (a pigmenti naturali o cera d’api) per abbellire le mura domestiche e non solo.
Insomma, l’insieme oltre ad adeguarsi alle norme in vigore dovrà mantenere un rendimento eccellente nel tempo e valutare costi contenuti. In effetti il ruolo del bioarchitetto consiste nell’esaminare tutto con assoluta accortezza: che il territorio scelto per costruire non abbia corsi d’acqua sotterranei, che non ci siano cavi dell’alta tensione troppo vicini e/o presenza radioattiva nel terreno, altrimenti il senso della bioarchitettura perderebbe la sua valenza: le risorse naturali vengono così utilizzate creando una sintonia con la natura stessa.
Altre caratteristiche dell’architettura sostenibile coinvolgono l’impatto estetico, una vivibilità maggiore e un’attenzione alla pavimentazione, in quanto con essa si ha in qualche modo un contatto e, infatti, di solito viene rivestita con legno naturale, tetrapac riciclato (per i servizi) o cotto. Attraverso quindi le sue proprietà isolanti rende l’ambiente caldo e accogliente.
L’architettura sostenibile: gli edifici ecologici
Al mondo esistono già diversi progetti che valorizzano questo tipo di cultura e si propagano, al contempo, in modo rapido. In Africa, esattamente a Gando (Mali) e Lagos (Nigeria), troviamo la “biblioteca” progettata da Diebedo Francis Kerè e la “Makoko floating school”: per la scuola, appunto, uno studio ha permesso di considerare la comunità e i problemi climatici, per apprendere sia i limiti sia le proprietà del terreno e le abitudini delle persone, i loro usi e costumi. In Indonesia, infine, esiste la “Green school” (Bali) costruita in bamboo.
Più vicino a noi troviamo il “Bosco verticale” (Milano) di Boeri Studio composto dal trio di architetti Stefano Boeri, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra. Finito di innalzare nel 2014 e ultimato l’anno successivo, si tratta di un complesso residenziale sito nella zona di Porta Nuova del capoluogo lombardo.
Il progetto pilota consta di due torri – Torre De Castillia e Torre Confalonieri – che sovrastano il quartiere con il loro abbondante verde, il quale include più di cento specie di piante ed è disposto secondo le regole dell’ombreggiamento.
Comprendere quindi se verde e palazzi potessero coabitare ha dato ottimi risultati. In effetti, tra critiche e lodi, il “Bosco verticale” non ha deluso le aspettative. Gli aspetti architettonico, urbanistico, ecologico e tecnico sono degli ottimi conduttori dell’idea. Non possiamo dire che le due costruzioni non rispecchino i linguaggi verso cui ci stiamo dirigendo: si avvicinano alle necessità delle persone che vivono in città e invitano a ragionare su un nuovo assetto architettonico per piani urbani meno classici, provando ad andare oltre ciò che è stato sperimentato fin d’ora.
Nell’insieme si inseriscono le case prefabbricate o componibili oppure costruite con legno, paglia e cocciopesto: ne abbiamo un esempio a Roma, in zona Quadraro. La proprietaria, Cristiana Trizzino, oltre a partecipare attivamente alla costruzione della sua abitazione – autocostruita – è stata supportata da BAG – biorarchitetti capitanati da Paolo Robazza, il quale ha progettato l’ecovillaggio EVA a Pescomaggiore (L’Aquila) in seguito al terremoto.
Dunque, gli edifici biosostenibili stanno prendendo piede in lungo e in largo della Penisola: intorno al Trasimeno (Umbria), con bioagriturismi o masserie didattiche; in Sicilia grazie al centro “Felcerossa”; a Casalincontrada (Abbruzzo – Chieti), con il “Centro di Documentazione sulle Case di Terra”. Nelle Marche, invece, il “Progetto 45K” è uno dei primi tentativi di casa off–grid, staccata da reti elettriche e gas, mentre a Boà di Pramaggiore (Venezia) è sita la prima struttura eretta con metodi naturali: la fattoria didattica “La Boà di Pramaggiore”.
La vasta eco e l’ampia risposta che l’architettura sostenibile sta avendo nel campo dell’edilizia è da considerare un cambio di rotta: quest’arte filosofica pertanto non si riferisce in principal modo alle costruzioni, ma essa fa sua, sia nella teoria e sia nella progettazione, l’idea propria di ecologia e di sviluppo sostenibile, affinché le persone vivano in un ambiente sano e in uno stato psicologico meno stressato.
Annalisa Civitelli
Foto dal web