Non si deve sognare
Nei piccoli paesi, si sa, nessuno dovrebbe avere “grilli per la testa”, dunque evadere e fantasticare su un’esistenza migliore. Capita, a volte, che qualcuno voglia emergere: con dignità e determinazione si sgancia da dimensioni che tuttora persistono, rimanendo uguali a loro stesse
Avete presente quando qualcuno vi invita ad andare a teatro e voi ne siete poco convinti? Al contrario, accade di trovarsi catapultati in una realtà di cui si rimane affascinati per bravura e perfezione. Nulla infatti è fuori posto.
Al Teatro Tordinona di Roma Rossana Colace ci racconta con vigore della sua Calabria, della sua città: Tropea. Guidata alla regia dall’abile Patrizio Cigliano, mantiene la scena in modo brillante per un’ora e più, catalizzando il pubblico.
Totalmente.
Il ritmo cadenzato permette di spingere sugli spazi temporali ben gestiti in un quadro in cui emerge una quotidianità – dall’infanzia ad oggi – fatta di restrizioni, di sogni negati, di forme dialettali, di dicerie.
Il testo, ricco e variegato, attinge alle favole, alla letteratura – esattamente alla tragedia greca -, alla fantasia, ai programmi TV, alle esperienze di vita, dolci o crude che siano. Anche gli spunti cinematografici assumono una certa rilevanza, tant’è che ogni cambio scena è gestito dallo “strumento” rewind, che si accosta sia alla musica, sia alla settima arte.
Passato e presente, ricordi e toni nostalgici, odori e sapori, si innestano in un calderone di usanze familiari e caratteriali, contestualizzate in un piccolo centro cittadino: l’insieme quindi ci prende per mano e ci guida verso il drammatico sfondo sociale. Le musiche si sottofondo seguono ogni vicenda riproponendo le inconfondibili sonorità anni ’80, come la stessa attenzione l’assume il gioco di luci.
Disagio, omertà e ‘ndrangheta, che da sempre controlla il territorio, cambiando ogni volta volto, sono il contorno che accompagnano l’attrice in scena. Mela, la protagonista, ci fa dunque immergere in tante storie. Ognuna di esse è un contenitore che accoglie i singoli personaggi a cui l’interprete dà voce diversificando toni, espressioni, movenze, attitudini.
“Cantigola”, così viene denominata la ragazza che ‘canta di gola‘, la quale possiede una voce che sprigiona emozioni, trasmette una forza esplosiva in sé innata: l’essere ostinata permette a Mela di approfondire una situazione a lei vicina e scoprire infine il mistero che l’avvolge.
Dai registri ironici e amari al contempo, la pièce è un pezzo di storia contemporanea all’interno della quale ogni elemento di scena viene utilizzato sapientemente. Sebbene l’uso molto importante dell’idioma (si vuole intenzionalmente rimarcare le proprie origini), che a tratti risulta un po’ ostico da comprendere, la rappresentazione merita di essere vista con attenzione, perché è un insieme di scoperte che si generano durante il corso della narrazione.
Annalisa Civitelli
Foto: Maicol ulivieri
Teatro Tordinona
dall’1 al 15 febbraio: 1 al 3; dal 6 al 10; 14 e 15
Cantigola
di e con Rossana Colace
regia Patrizio Cigliano
aiuto regia Rebecca Natalini