Al teatro Gerolamo di Milano, per sole tre serate, il 20, 21 e 22 dicembre, Arianna Scommegna ha intrattenuto la platea con ‘Canto di Natale’ di Dickens. Sul palco, ad accompagnare l’attrice, Giulia Bertasi alla fisarmonica
“La saggezza degli antenati sta nelle similitudini”. Forse per questo non è Natale senza la confortante ripetizione dei riti. Se tra Natale e Santo Stefano non si può non guardare “Una poltrona per due”, attraverso altri mezzi passano storie capaci ancora di somigliarci, di parlarci di più.
È il caso del ‘Racconto di Natale’, che arriva sul raffinato palco del teatro Gerolamo di Milano nei giorni immediatamente precedenti alle feste.
A farne vivere l’atmosfera ci pensa la fisarmonica di Giulia Bertasi e una divertente Arianna Scommegna, cui basta avvolgersi in un pesante cappotto trapuntato, immersa tra pile di libri, per accompagnare con fine leggerezza nelle pagine di Dickens.
È, infatti, grazie alla loro versatilità il teatro si dimostra luogo ideale per far vivere gli spiriti del Natale passato, presente e futuro.
La voce di Scommegna restituisce così la vivida corporeità dei suoi protagonisti e l’efficacia di un racconto che parte come meno natalizio non si potrebbe: “prima di tutto, Marley era morto”.
Il teatro che restituisce
Non serve il cinema ma senz’altro un’ottima interprete per raccontare il volto di Marley, appunto, l’antico socio del notissimo protagonista, l’avaro signor Scrooge, mentre si moltiplica e prende corpo nel volto di un fantasma che minaccia l’uomo di ogni tempo, chiamato ad avere a che fare con la propria coscienza portata come una catena al piede.
Dalla notte dei tempi, o almeno, dal c’era una volta, le favole – anche quelle natalizie – ci aspettano per parlarci di noi e dei nostri incubi più cupi descritti con la penna geniale dei grandi narratori, magari mentre – come qui – “l’aria ride” al suono di una fisarmonica, in case dove le porte si fanno “sdrucite“.
Perché funzioni, però, non basta il gioco di favoleggiare, come da bambini, ancora la storia che crediamo di conoscere.
Serve l’abilità – magari giocando con gli effetti del microfono – di chi sa dar vita a effetti d’abbondanza o lontananza, ma anche di chi riesce – quando un piccolo problema tecnico inceppa proprio quel microfono – a trasformare lo stesso piccolo incidente in una parte del gioco, una simpatica appendice della favola stessa, che con la lievità di un soffio di risa scuote le pagine della storia.
La coscienza bambina di ognuno di noi
E al contempo, tuttavia, insieme al fantasma del Natale presente, prende per mano la coscienza bambina di ciascuno a vedere la fame, la solitudine che oggi, come a ogni natività, morde anche e forse soprattutto nella notte del 25 dicembre, soprattutto quando e dove ci sforziamo di non vederla.
A questo servono, a ben guardare, le favole. Mentre ci augurano di essere gioiosi, ci ammoniscono a osservare la vita arcigna come lo spirito a cui s’aggrappano “i figli dell’uomo, che accusano i loro genitori, ignoranza e miseria” delle felicità mancate, anche a Natale.
E che forse proprio il teatro può, almeno in parte, restituire (o almeno dovrebbe farlo), a patto di riconoscere che anche nel Natale attuale la forbice delle disuguaglianze rischia di allargarsi sempre di più.
Canto di Natale: la magia che si palesa
Sul palcoscenico, vicoli e paesaggi possono, anche oggi, prender vita attraverso le platee e i palchi liberarsi dal senso di solitudine che trasforma molti in Scrooge.
“Solo permettendosi di vivere in mezzo agli uomini si può tornare agli uomini” e attraversare – rappresentandoli – gli stati emotivi dell’altro, come lo stesso Scrooge ha bisogno di imparare a fare, perché Natale sia davvero tale e non una prospettiva mortifera come quella adombrata dagli spettri di Dickens.
“Solo sentendo il dolore degli altri – scrive il celeberrimo autore – si può essere vicini al proprio, di dolore”.
Ma se le favole, come le feste, insegnano, lo fanno soprattutto nell’ottica di fare bene. E grazie al talento di interpreti come Scommegna e Bertasi, che si concedono ad un pubblico coinvolto e partecipe, far dire, come ai protagonisti della favola, “mi concedo di essere felice”.
Chiara Palumbo
Teatro Gerolamo | Milano
Canto di Natale
20, 21, 22 dicembre
di Charles Dickens
con Arianna Scommegna
Musiche dal vivo e composizioni originali (fisarmonica) Giulia Bertasi
Produzione Atir – Teatro Gerolamo