Il 6 ottobre 1924 segna un momento storico per l’Italia: l’avvio delle prime trasmissioni radiofoniche. Da allora, quel segnale che ha attraversato l’etere è diventato un fedele compagno per milioni di persone. Oggi, a cento anni dal debutto, ‘la radio‘ italiana festeggia un percorso ricco di innovazione e cambiamenti, dimostrando la sua capacità di adattarsi e rimanere rilevante anche nell’era digitale. Esploriamo insieme come questo mezzo di comunicazione sia riuscito a evolversi senza mai perdere il suo fascino
Ancor prima del 1954, due acute menti con le loro visioni rivoluzionarie già si contendevano il primato per la sperimentazione delle trasmissioni senza fili. Il fisico e inventore Nikola Tesla, nel 1893 prima, presentò una sua invenzione nel Missouri, a St. Louis, suscitando l’incredulità di chi assistette all’evento avveniristico.
È però, sovente, la personalità di Guglielmo Marconi a riecheggiare nelle cronache dell’epoca. Riconosciuto come padre e artefice della radio moderna, l’inventore acquisisce nel 1896 (Inghilterra) il primo brevetto per la telegrafia senza fili. Marconi, di conseguenza, conquista il vanto dell’immortalità della sua metodologia e il riconoscimento storico della sua scoperta.
L’artefice, politico e imprenditore di origini bolognesi intuisce così la rilevanza della comunicazione senza fili. Il segnale intangibile pertanto designa la nascita della radio, apparecchio che dapprima viene utilizzato per fini politici, militari e sociali, mentre per merito di David Sarnoff è pensata successivamente come l’oggetto che tuttora conosciamo che trasmette musica, non solo in ambiente domestico.
La finestra sonora sul mondo
Dunque, l’ideazione della radio la si deve al nostro Guglielmo Marconi che stupì grazie alle sue continue ricerche. In Italia, tuttavia, il mezzo agli esordi ancora non era apprezzato, poiché poco conosciuto.
Ad inaugurare le trasmissioni radiofoniche, il 6 ottobre 1924, è la violinista Ines Viviani Donelli, la quale annuncia la messa in onda del primo concerto della radiofonia italiana.
“A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, per il servizio delle radio audizioni circolari, il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto “Opera 7”, I e II tempo”.
6 ottobre 1924: al via la prima trasmissione radiofonica italiana – Rai Teche
L’URI (Unione Radiofonica Italiana) in questo modo avvia l’emissione dei programmi che introdussero suoni e parole direttamente nelle case.
All’epoca, i dispositivi radio erano un lusso per pochi, ma il potenziale di tale tecnologia era chiaro: azzerare le distanze e creare una connessione tra cittadini di diverse regioni.
Presto, le voci trasmesse nell’etere divennero un appuntamento fisso, facendo nascere il legame indissolubile tra l’Italia e la sua nuova finestra sonora sul mondo. Molti infatti i personaggi che debuttarono ai microfoni di molte stazioni radio e che hanno via via costruito la loro carriera con programmi di tutto rispetto come “Bandiera gialla”, “Per voi giovani” e “Alto gradimento” che, per esempio, negli anni ’60 cambiano a fondo il linguaggio radiofonico dell’epoca.
Millenovecentotrenta
Negli anni ’30, infatti, il nuovo medium non solo intratteneva, ma anche informava e, purtroppo, manipolava. Il regime fascista sfruttò il suo potere comunicativo per diffondere la propria propaganda, cercando di influenzare l’opinione pubblica.
Questo strumento tuttavia non era solo un veicolo per messaggi politici: grazie a spettacoli, varietà e musica, entrò stabilmente nel quotidiano degli italiani, diventando una presenza sempre più diffusa anche nelle famiglie meno abbienti.
Durante la Seconda guerra mondiale, le trasmissioni si trasformarono in una risorsa vitale. Non più soltanto per intrattenere, ma per tenere la popolazione informata in tempi di censura e repressione.
I messaggi che attraversavano l’etere non erano solo notizie ufficiali, ma anche codici segreti trasmessi da emittenti come “Radio Londra”, che sostenevano la Resistenza. In quegli anni difficili, la forza del segnale divenne uno strumento di libertà.
La radio: il boom economico, tra modernità e tradizione
Nel dopoguerra, l’Italia entrò nel pieno del boom economico, e con essa il mezzo radiofonico si rinnovò, rimanendo al passo con la modernità. Sebbene la televisione iniziasse a fare la sua comparsa nelle case italiane, le radio – dai modelli più disparati e dai colori sgargianti – continuavano a esercitare un grande fascino.
Dal design innovativo gli apparecchi, dal legno raffinato, arredavano gli appartamenti di ognuno per poi evolversi nella loro progettazione; anche i materiali con i quali questi oggetti di massa venivano costruiti influivano nella loro fattura, per farsi portatili e sempre più piccoli.
Un progresso che ha coinvolto e tutt’oggi interessa la società sotto molti punti di vista sia per le storie personali sia per le invenzioni di progettisti che hanno contribuito all’avvenente cambiamento del prodotto radio dalle sue origini ai giorni nostri, emblema del presente, tuttora mezzo di intrattenimento, dispositivo di propaganda e multifunzionale.
Da qui, le trasmissioni sportive, come le prime radiocronache calcistiche, coinvolsero milioni di ascoltatori, mentre i varietà e le trasmissioni musicali dettavano tendenze e mode. In un Paese in crescita, la voce che usciva dagli altoparlanti diventò la colonna sonora di un’epoca entusiasta e piena di aspettative.
Gli anni ’70 e ’80: la rivoluzione delle frequenze libere
Negli anni ’70, la Penisola visse un periodo di grande fermento. Fu allora che le radio libere invasero le frequenze, segnando la fine del monopolio statale. Nacquero emittenti private che diedero spazio a contenuti alternativi, più liberi e sperimentali.
Radio Deejay oppure Radio Popolare aprirono la strada a nuove generazioni di conduttori, offrendo un’ampia varietà di programmi che parlavano soprattutto ai giovani. Le emittenti locali, con il loro carattere indipendente, contribuirono a creare una nuova era, fatta di pluralità e innovazione.
La radio e il nuovo millennio: il digitale e i podcast
Con l’arrivo del XXI secolo e la rivoluzione digitale, anche l’etere si è adattato ai nuovi tempi. Oggi, il mezzo si è spostato sulle piattaforme online, diventando accessibile in streaming e trasformandosi in un’esperienza personalizzata.
Grazie ai podcast, l’offerta di contenuti si è moltiplicata, permettendo, così, agli ascoltatori di scegliere quando e cosa ascoltare, costruendo un palinsesto su misura. L’adattamento al digitale ha permesso quindi di mantenere vivo l’antico mezzo di comunicazione anche in un’epoca dominata da internet e dalle immagini.
Cento anni di trasmissioni: il futuro è già in onda
Un secolo dopo la sua nascita, le trasmissioni italiane dimostrano che la loro forza non risiede solo nella tecnologia, ma nella capacità di evolversi e rimanere rilevanti. Nonostante la concorrenza di internet, podcast e piattaforme streaming, il fascino di un palinsesto ricco di voci, notizie e musica rimane immutato.
Il futuro quindi appare pieno di nuove possibilità: dalle trasmissioni digitali all’intelligenza artificiale, la voce che ha attraversato l’Italia per cento anni continuerà a farlo, evolvendosi pur rimanendo una finestra aperta sul mondo.
In cento anni, la radio ha percorso un viaggio straordinario, trasformandosi da novità tecnologica a compagna quotidiana, capace di parlare a generazioni diverse. Mentre festeggia un secolo di vita, dimostra di essere più viva che mai.
Grazie alla sua capacità di adattarsi alle innovazioni tecnologiche e alle nuove modalità di fruizione, la radio continuerà a intrattenere, informare e unire le persone per molto tempo ancora.
Andrea Di Sciullo