Il realismo sporco dell’autore americano
Se si vuole approfondire la controversa figura dello scrittore statunitense, lo stretto rapporto tra scrittura e autobiografia, questo è il libro giusto. Famoso per la sua vita dissoluta, in cui alcol e volgarità occupano la scena, Bukowski ha anche un lato umano, una sensibilità accuratamente nascosta. È questo che l’autore del libro vuole mettere in luce
Francesco Amoruso scava tra le righe di una narrazione oscena, popolata da maniaci, ubriaconi, stupratori e giocatori incalliti. Vuole andare oltre lo stereotipo. Quando inizia a leggere “Storie di ordinaria follia”, fa fatica a mettere a fuoco Bukowski, l’uomo e lo scrittore. Ma oltrepassando la volgarità e l’alcol, che trabocca dalle pagine, si resta spiazzati da momenti di vera genialità. Ed è una domanda a spingerlo a proseguire la lettura: com’è possibile conciliare tanta diversità?
Leggere le opere di Charles Bukowski non è per stomaci delicati. Nato in Germania nel 1920, con il nome di Heinrich Karl Bukowski, da padre statunitense di origini polacche e da madre tedesca, emigra con la famiglia in America, prima a Baltimora e poi a Los Angeles. Qui visse fino alla fine, morendo nel 1994, a 73 anni, per leucemia fulminante.
La sua bibliografia comprende sei romanzi, centinaia di racconti e migliaia di poesie. Pagine su pagine in cui racconta del suo modo di vivere, del suo rapporto morboso con l’alcol, con il sesso (descritto senza troppi eufemismi) e dei rapporti burrascosi con tutti gli altri esseri umani.
Bukowski gioca a fare l’anticonformista, per tutta la vita. La sua è una scrittura esplosiva e sincera, fatta di frasi brevi e secche, che non risparmiano nulla al lettore. Si diverte a sorprendere e a scandalizzare, vuole scardinare la morale borghese e perbenista.
Il suo sarcasmo, l’ossessione per il sesso, il suo mondo pieno di donne, alcol e brutalità, sono modi estremi per raffigurare un malessere di fondo, quello per la crudeltà nascosta tra le pieghe della vita comune, della vita normale. Perché la società occidentale sbriciola le personalità, azzera le coscienze, umilia le persone, però crea ricchezza materiale, cose da comprare, illusione di un’esistenza che si consuma lentamente e corre verso il nulla.
Ferocemente critico nei confronti del suo tempo, Bukowski è arrabbiato, con tutti, forse anche con se stesso. È uno scrittore iconoclasta che non risparmia nulla, neanche la scrittura: “non voglio fare quello che tratta la scrittura come qualcosa di sacro; di sacro non c’è niente”.
Molto spesso la critica lo accosta a Pasolini. Perché entrambi danno scandalo, manifestano in ogni gesto e in ogni parola un profondo malessere verso il bieco moralismo della borghesia che li circonda. Sono uomini segnati da una vergogna sociale (per Pasolini l’omosessualità, per Bukowski l’alcolismo) e forse, proprio per questo, sanno analizzare con spietatezza, fin nei minimi dettagli, l’animo umano, così com’è, oltre il conformismo, al di là di ogni apparenza.
I personaggi di Pasolini sono gli ultimi, i “Ragazzi di vita”, della periferia, gli esclusi, quelli che parlano romanesco e raccolgono e raccontano pezzi di realtà disagiate. Bukowski, invece, vive in quelle strade, ne fa parte, è lui il primo smarrito tra gli smarriti. Barboni dei bassifondi, poveri e reietti, i suoi protagonisti vivono ai margini del sogno americano, non partecipano alla scalata al successo, ma nei suoi libri conquistano la scena e diventano protagonisti indiscussi della storia.
L’autore vuole farci conoscere un altro volto di Bukowski, spogliarlo dei panni logori e maleodoranti dell’ubriacone e rivelare, invece, la sua sensibilità, il suo amore per la scrittura, la sua genialità. Bukowski ci insegna a dire le cose come sono, senza virtuosismi, a disprezzare l’ipocrisia di una parola educata. E a tratti, quando meno te lo aspetti, ci svela un piccolo lembo della sua anima, come quando descrive la sua bambina, la piccola Marina Louise con “la bocca e gli occhi grandi, e quando la bocca si apre e si allarga in quel sorriso, tutto girasole e sole, resto senza fiato, e lei può fare di me ciò che vuole”.
Ivana Barberini
Biografia
Francesco Amoruso è nato a Villaricca (NA) nel 1988. Ha conseguito la laurea triennale in “Lettere Moderne” e la magistrale in “Filologia Moderna”. Ha pubblicato il romanzo “Il ciclo della vita” (2010), la raccolta di racconti “Mangiando il fegato di Bukowski a Posillipo” (La Bottega delle Parole, 2017). Cura l’antologia “Stanze” (Libreria Dante & Descartes 2020), con il contributo del Dipartimento degli Studi Umanistici, una raccolta di racconti inediti fuoriusciti dal laboratorio “Tra le Pagine e la Melodia”, da lui coordinato all’interno del seminario “Scritture in transito. Tra Letteratura e Cinema”, presso l’Università degli studi di Napoli Federico II.
Francesco Amoruso
Charles Bukowski. La scrittura che esplode dal basso: l’America e il suo ubriacone
Edizioni Il Terebinto
Collana Varie
Genere Biografia
Edizione 2020
Pagine 138