È una drammaturgia profonda e scritta benissimo quella di Orlando Placato che con “Chiuso per solitudine” porta in scena al Fringe Festival di Roma una storia corale e con un finale a sorpresa nella quale si fa il punto su cosa significhi essere soli
Dieci personaggi diversissimi tra loro, tra i quali un sacerdote, una ex lolita televisiva, una dottoressa dalla doppia vita ed il rampollo di una famiglia borghese che, pur non conoscendosi tra loro, sono accomunati da un profondo e quasi insopportabile senso di solitudine ma, come si scoprirà alla fine della vicenda, non soltanto da quello.
I quadri che compongono il testo di Orlando Placato sono un’analisi tragicomica, ma in realtà molto amara, delle scorciatoie per provare a vincere la solitudine e soprattutto delle cause che la generano: si esamina dunque quella tristissima condizione dal punto di vista di personaggi diversi, ognuno dei quali conferisce una sfumatura ed un’origine diversa alla solitudine, trovando però un terreno comune nella voglia di sopraffarla.
È interessante vedere come Placato abbia messo in scena gli eventi che possono portare a restare soli lasciando intendere che nella maggior parte delle volte si rimane senza nessuno non per qualche volontà personale ma poiché i casi della vita portano i solitari sfortunati a trovarsi in tale stato perché abbandonati o dimenticati dagli altri, dimostrando così che ogni essere umano in effetti è fatto per stare con gli altri.
Le divertentissime connotazioni umoristiche del testo hanno il pregio di alleggerire, sebbene di poco, la natura del copione, offrendo al pubblico non poche risate – per quanto esse siano risate di compassione – e un sentimento di solidarietà, e qualche volta di benevola tenerezza, verso i tanti personaggi raccontati.
Punto di forza dello spettacolo è lo svolgersi delle azioni arrivando a creare un legame tra tutte e, soprattutto, una scrittura elaborata e ironicamente indovinata; il merito della resa di tutto questo è da imputare principalmente ai due protagonisti, Cristina Aubry e Oreste D’Ippolito: assolutamente disinvolti e sicuri, entrambi sono in grado di disegnare i contorni di personaggi diversi e lasciano il segno; la prima con una comicità sottile e allo stesso tempo un insieme di corde più vicine al sentimento; il secondo con un trasformismo quasi disincantato e una presenza scenica senza dubbio imponente.
Gabriele Amoroso
Foto: Livia Mazzani
Roma Fringe Festival 2019
Chiuso per solitudine
di Orlando Placato
regia Anna Maria Loliva
con Cristina Aubry e Oreste D’Ippolito