Christian Boltanski, l’artista visionario, lascia un’eredità artistica fatta da ricerca introspettiva e basata sull’analisi del nostro triste e spesso ingiusto trascorso storico
“Animitas è un lavoro che ho realizzato in Cile, precisamente nel deserto di Atacama. Ho istallato più di 300 campanellini, non ricordo neanche il numero preciso, sulla cima di alcune piante esposte al vento: il risultato, una melodia che sembra scendere direttamente dal cielo, quasi sacra.”
Christian Boltanski, “Animitas”, San Pedro de Atacama, Chile, 2014
Morto ieri 14 luglio a 76 anni, nello stesso giorno in cui la Francia omaggia la presa della Bastiglia, Christian Boltanski lascia un grande vuoto nell’immenso, vasto, sconfinato ed eccentrico mondo dell’arte.
Nato a Parigi da padre di origine ucraina e da madre corsa, era dotato di grande sensibilità artistica, una sorta di vulnerabilità emozionale che lo ha condotto sulla complessa strada della ricerca introspettiva, e a soffermarsi sull’analisi del nostro triste e spesso ingiusto trascorso storico.
La memoria, il ricordo, l’infanzia e la sofferenza sono i temi principali delle sue tante installazioni. Artista versatile e poliedrico, si dedicò anche alla fotografia e alla regia, dando voce a fatti ed episodi di cronaca dolorosi ed irrisolti (fu autore del famoso memoriale di Ustica a Bologna).
Ma senza dilungarci su una vita intensa di esperienze, memorie, idee e collaborazioni, oggi ci piace ricordarlo attraverso una sua opera in particolare, perché era proprio grazie alla visione dei suoi progetti artistici che le percezioni avevano respiro.
Christian Boltanski: l’opera che suona nel deserto
“Animitas”, creata nel deserto di Atacama in Cile nel 2014, è tra le più recenti opere all’aperto dell’artista francese: consiste in tante piccole campane giapponesi attaccate a steli piantati in terra, che smosse dal vento, creano una dolce melodia, la musica delle anime, vittime di coloro che sono morti sotto il regime di Pinochet.
“Siamo circondati da fantasmi che sono materializzati da queste campane. Il risultato è davvero la musica del cielo. Di fatto ogni campanello rappresenta una stella, ma allo stesso tempo è una specie di cimitero delle anime erranti, vittime delle barbarie di Pinochet, che qui abbandonava le persone per poi farle sparire del tutto: è un posto prezioso, in memoria di coloro che lottarono contro la dittatura. Ero sinceramente interessato a fare qualcosa di rudimentale in questo posto: volevo trovare la semplicità, la morbidezza del suono di una campanella, e ho trovato respiro”.
Christian Boltanski, a proposito di “Animitas”, San Pedro de Atacama, Chile, 2014
E allora grazie Christian Boltanski, per aver dato vita al ricordo e luce al respiro, semplicemente grazie per esserci stato. Che un coro di campane risuoni oggi accogliendo anche te, lassù, nell’infinito cielo sacro del deserto di Atacama.
Vania Lai