La libera espressione artistica di Bansky: “Fare graffiti è il modo più onesto di essere un artista. Non ci vuole denaro per farli, non hai bisogno di istruzione per capirli, e non c’è una tassa di ammissione”. Queste le parole dell’artista di Bristol con le quali introduciamo un servizio che ha stimolato la nostra curiosità sull’‘Arte di Strada’ in cui, ovviamente, il pittore inglese e la sua arte saranno protagonisti
Il termine ‘Street–Art’ non è sempre riconosciuto come forma di arte anzi, molte volte, viene paragonato alla delinquenza e al vandalismo. La verità è infatti che questo tipo di linguaggio è un movimento intrapreso da artisti che si rifiutano di associarsi alle masse. Strade, marciapiedi, stazioni e muri sono mezzi e luoghi per raffigurare le loro idee spesso rivoluzionarie, senza vincoli e limiti.
È questo il modo in cui lavora Bansky (non si può non parlare di street–art senza menzionarlo), l’artista di strada più conosciuto al mondo. Proprio il giorno precedente a San Valentino ha fatto parlare di lui: il suo “omaggio agli innamorati” è il nuovo murale che rappresenta una bambina con la testa avvolta da un foulard la quale, con una fionda, lancia un bocciolo nell’angolo opposto.
Un’esplosione di fiori rossi tridimensionali – interpretati come una macchia di sangue – e foglie di plastica, immagine che in molti hanno paragonato a Cupido il quale, in questo caso, sembra essere spodestato dal suo ruolo di messaggero d’amore. Che Bansky, invece, abbia voluto smontare la visione ormai commerciale della romantica ricorrenza?
Tuttavia, non è solo la nuova opera dell’artista originario di Bristol a far notizia, bensì il suo modus operandi. Dunque, come e quando agisce Bansky? Si desume di notte e in qualsiasi città del mondo ove lui possa trovarsi. Egli si avvale sempre dei temi quali l’avanguardia, aggiungendo alle sue opere un pizzico di ironia: riesce quindi a creare straordinari graffiti e a far riflettere tutti. Insomma, insieme al suo essere misterioso e incognito dona al suo lavoro un’aria fresca e rinnovatrice.
La libera espressione artistica di Bansky: identità e opere
La domanda però ora è un’altra: chi è Bansky? La risposta è molto deludente, visto che finora non si è mai palesato, rendendo la sua figura ancora più affascinante. La realtà comunque non lo lascia fuori portata: ha realizzato mostre da New York a Milano. Qui, con la sua esibizione “The art of Bansky. A Visual Protest” al “Mudec – Museo delle Culture”, ha ottenuto un record di 241.702 visitatori da fine novembre a metà aprile 2019.
L’ispirazione dell’ignoto artista di strada inglese deriva unicamente dagli avvenimenti che accadono ogni giorno: guerra; consumismo; potere; manipolazione mediatica; inquinamento; sfruttamento minorile; etica; pace; sport, e altro ancora. Ma questo lo ha reso oggetto di molte critiche, ottenendo il titolo di “sovversivo” e di conseguenza un’ampia ammirazione popolare.
I suoi capolavori tendono a essere in bianco e nero ma l’aggiunta di un po’ di colore risalta un piccolo dettaglio, rendendo l’opera idilliaca. Ricchi di una simbologia ben precisa, i murales di Bansky divulgano messaggi al fine di scuotere le menti della collettività e in particolar modo dei potenti, per fermare violenze, conflitti e indurci al rispetto verso l’ambiente e le persone.
Tra i più noti ricordiamo il “Murale per il Clima” (Londra, Marble Arch, 25/26 aprile 2019), in cui un bambino è inginocchiato e tiene in mano un piccolo cartello con il logo della “Extinction Rebellion” (movimento ambientalista che giorni prima protestava nel luogo dove Bansky ha realizzato il murale). Vicino al bambino è dipinto un pezzo di terra con una pianta verde; accompagna il disegno una frase “Da questo momento la disperazione finisce e iniziano le tattiche” (citazione da “The revolution of everyday” di Raoul Vaneigem, 1967).
Simili a questo altri centinaia di murales sono sparsi sui muri di molte metropoli. A noi non rimane che la speranza che Bansky ci sorprenda di nuovo con un suo originale disegno, coinvolgendoci e rendendoci partecipi di un messaggio comune: l’arte intesa come rivoluzione.
Agnese De Luca