Un classico di Aristofane, riadattato da Jurij Ferrini, arriva al teatro Vittoria di Roma: “Dio Pluto” racconta la storia del dio greco della ricchezza e di come questa sia distribuita (già dall’antichità) in modo diseguale tra gli uomini. Dimostrando che in più di 24 secoli poco è cambiato, “Dio Pluto” offre spunti di riflessione e qualche tiepida risata
L’ateniese Cremilo e il suo parassita Carione si recano a Delfi per interrogare l’oracolo: è meglio educare il proprio figlio all’onestà, sebbene questa non renda ricchi, o spingerlo verso la disonestà, con la speranza di un futuro tra agi e lussi? L’enigmatico oracolo invita Cremilo a seguire la prima persona che incontrerà una volta uscito dal tempio e quella persona sarà un mendicante cieco, che però si rivelerà essere Pluto, il dio della ricchezza. Cremilo fa subito di tutto per restituire la vista al dio, convinto che sia la sua cecità il motivo della disomogenea distribuzione del denaro uomini, ma nonostante sia la Povertà stessa a cercare di dissuadere l’intraprendente ateniese dalla missione, con l’intervento di un misterioso medico il protagonista farà in modo che il dio torni a vedere. Le conseguenze però saranno disastrose.
La versione di “Dio Pluto” firmata da Jurij Ferrini è l’ennesimo esempio di come con opere antiche si possa fare un paragone con l’epoca contemporanea: la diseguale distribuzione del denaro, fenomeno già noto nel 400 a.C., rimane dunque attuale e diventa il binario su cui riscrivere, anche se con qualche forzatura di troppo, il testo di Aristofane: il riadattamento di Ferrini è infatti godibile e porta rispetto al lavoro originale, ma le licenze che il giovane autore si permette tendono ad essere ripetitive, ridondanti e, ancora peggio, a non essere poi così divertenti.
Sebbene sia chiara la buona fede di Ferrini, l’intero spettacolo ha una costruzione che rimanda esageratamente all’epoca contemporanea e che quindi limita parecchio quel respiro antico che anche da solo avrebbe lasciato un messaggio forte e chiaro.
Anche la regia tende ad appesantire l’azione, gli attori sono sempre fermi sul palcoscenico nelle stesse posizioni e quasi sempre rivolti verso il pubblico e questo è probabilmente un omaggio al teatro classico dal quale la commedia proviene – quando il concetto di regia in effetti neppure esisteva – durante l’azione però questa scelta tende ad appiattire la scorrevolezza delle scene e a togliere quel dinamismo che fortunatamente resiste almeno con le battute.
Si può dire che il lavoro di Jurij Ferrini è un esperimento riuscito a metà: l’opera di Aristofane è divertente e graffiante attraverso i secoli e riesce ad intrattenere con leggerezza, il riadattamento così invadente ne limita però l’originalità e lo rende purtroppo uno fra le tante riletture di classici.
Assolutamente da tenere d’occhio Federico Palumeri, l’interprete del tuttofare Carione, un attore giovanissimo ma già pieno di talento, versatilità e capacità di dominare perfettamente il palcoscenico.
Gabriele Amoroso
Teatro Vittoria
dal 20 novembre al 2 dicembre 2018
Dio Pluto
testo di Jurij Ferrini tratto da Aristofane
regia Jurij Ferrini
con Jurij Ferrini, Francesco Gargiulo, Federico Palumeri, Andrea Peròn, Rebecca Rossetti
scene e costumi Paola Caterina D’Arienzo
luci e suono Gianandrea Francescutti
produzione esecutiva Wilma Sciutto
distribuzione e promozione Chiara Attorre
assistente alla regia Erica Landolfi