‘Due acca hho‘, progetto di Piccola Unità Anti Hi-FI, prole artistica di Alessandro Pagani degli Stolen Apple, è uscito il 24 febbraio di quest’anno. Un pregevole lavoro elettronico indipendente, esso nasconde un mondo di bellezza auditiva dietro una copertina e un’immagine volutamente ributtanti: da provare!
Il perno narrativo di fondo di ‘Due acca hho’, ricamato tra l’immagine visiva e l’immagine auditiva, è quello di un contrasto. La copertina è volutamente scarna, quasi uno schizzo da paint – ai più nostalgici verranno in mente cartoni come Cyanide & Happiness o 12 Oz Mouse, e non meno dubbiosa è ciò che raffigura.
Anche il nome della band, Puah – acronimo Piccola Unità Anti Hi-fi – richiama in modo smaccato al vomito, e in generale al disgustoso. Ma basta sollevare quella copertina, guardarvi dietro, per trovarsi davanti un mondo sonoro che si può descrivere in mille modi, fuorché disgustoso.
Come l’acqua che richiama nel titolo, ‘Due acca hho’ è mutevole, ma sempre sé stesso. Come Alessandro Pagani, il suo esecutore, il cui ultimo progetto musicale lo vedeva batterista del gruppo punk–rock Stolen Apple. Ma non si direbbe, ascoltando i Puah, perché i due generi non potrebbero essere più diversi.
Negli album degli Stolen Apple, come “Trailer Wagon Songs”, si ritorna alle origini del grande rock. Dalle radici più pure, come Bob Dylan e i Crosby Stills Nash & Young (lunga vita all’armonica a bocca!), a influenze più arrabbiate e punk – in breve, più moderne. In quella band Pagani svolgeva il ruolo di batterista, e il suo forte senso del ritmo aiuta a costruire l’identità diversa, fermamente separata, di ‘Due acca hho’ e dei Puah.
Perché nei lidi scintillanti di ‘Due acca hho’ non troverete armoniche a bocca né chitarre elettriche – anzi.
Due acca hho: elettrico glitterato
Andando al punto, ‘Due acca hho’ è un disco elettronico. Tastiere e sintetizzatori pesanti, drum kit sintetici, un bagliore glitterato a ogni ondata. Plastico, pulito, curatissimo, scintillante. In breve, nulla di cui vomitare.
Dunque, un contrasto voluto e disarmante, che premia chi va oltre la peculiare copertina e decide di immergersi nel suo mondo.
Le voci digitalizzate à la Daft Punk – alla Harder, Faster, Better, Stronger, Around the World, tutte le tracce più classiche – sono un ulteriore elemento di contrasto.
I synth sono cristallini e splendenti, pieni di vita, e nonostante la natura artificiale del sound poco celata c’è in loro una componente organica. Come una pianta o un lichene ormai estinto da tempo, ma riportato a nuova vita con la scienza: la sua artificialità non nega la vita, ma ne è corollario.
La parola barocco figura più volte nella presentazione che Pagani fa della sua band – e non a caso esiste un genere chiamato chiamato baroque pop, che monta le sue origini negli anni sessanta e in gruppi come i Beach Boys o i The Mamas and the Papas.
Quello che ‘Due acca hho’ compie in tal senso è un’ulteriore evoluzione del genere, adattandola ai tempi moderni con gli avanzamenti tecnologici compiutisi nel frattempo. “Daydream” è il pinnacolo di questa ricerca sonora, con un climax sonoro ascendente elettronico-corale di una bellezza disarmante.
Il digitale romantico
Si pensa ulteriormente ai Beach Boys, e al geniale Pet Sounds che ne segnò l’ascesa agli olimpi della musica, nei piccoli tocchi di montaggio che non servivano in assoluto all’economia delle tracce, ma le coronano e arricchiscono. Il classico momento da “non ci avevate pensato, ma bastava pensarci”.
“I passi passati” si apre con versi di gabbiani, aprendo subito a un momento riflessivo da viandante sul mare di nebbia. Poi si ascolta la traccia ed è un pezzo new wave meccanico stile Frankie Goes To Hollywood, con un testo di distaccata auto-riflessione cantato con una voce meccanica che fa da corista. E con le braccia cascate a terra si pensa geniale, geniale, ge-nia-le!
Negli anni ottanta, il punk rock e il new wave rappresentavano due ondate opposte di controcultura musicali. La radio star e il video che l’ha uccisa, il grido di battaglia della disillusione e splendore edonista dell’era yuppie. Due ondate artistiche che si completano, si fanno evolvere a vicenda, si portano al culmine nell’opera artistica di Alessandro Pagani.
‘Due acca hho’ è un piccolo gioiello di un esecutore poliedrico e passionale, che riesce a rendere romantico anche il digitale – e accattivante anche il verso puah.
Maria Flaminia Zacchilli
Due acca hho
Puah
Alessandro Pagani
1. Tra le tue corde (strumentale)
2. Vado al lago
3. Daydream
4. I passi passati
5. Each is one
6. T’amerò tra tamerici
7. Amore plutonico
8. Noè
9. Belli eppure
10. Tutti bravi
Alessandro Pagani voce, chitarre, tastiere, percussioni e programmazione
Benoît De Haas illustrazioni
El-sop Recordings final mastering