Editoriale 111.
Vergogna sinonimo di disagio
Le emozioni di tutti ma poco espresse
Riprendo dopo un tempo fatto di silenzi e diversi pensieri, che hanno affollato la mia mente, con il mio Editoriale.
L’Editoriale 111. oggi vuole prendere spunto da una tematica che abbiamo toccato in un nostro articolo che condiveremo in settimana e avrete così la possibilità di leggerlo: la vergogna. Essa è infatti un sentimento che appartiene a tutti, giovani e adulti, ma sempre poco espresso.
Se partiamo dall’etimologia della parola stessa si legge: “Sentimento più o meno profondo di turbamento e di disagio suscitato dalla coscienza o dal timore della riprovazione e della condanna (morale o sociale) di altri per un’azione, un comportamento o una situazione, che siano o possano essere oggetto di un giudizio sfavorevole, di disprezzo o di discredito“.
Non si può quindi essere più concordi. Si è sempre soggetti agli insulti, al bullismo o alle ingiurie quando si soffre di un malessere che intacca la nostra anima e ci rende silenziosi e perplessi riguardo noi stessi.
Questa sofferenza purtroppo si manifesta in maniera silenziosa, taciturna. A meno che qualcuno non si accorga del tuo dolore e non desideri aiutarti o che in prima persona non si scelga di esternarlo, di urlarlo, per chiedere supporto.
Non è del tutto facile esprimere le proprie inquietudini per noi comuni mortali, anzi. La vergogna ci assale, perché non ci si sente all’altezza, ci rende immobili e incapaci di fronte agli altri.
Editoriale 111.: l’imbarazzo, una grande contraddizione
Questo è un immaginario che descrive aspetti personali e assai variegati. L’altra faccia della medaglia invece rimanda a dei quadri poco confortanti, oramai consueti e densi di prosopopea.
Ciò che intendo dire è che di solito chi prova imbarazzo tende a nascondersi e, a volte, scompare dalle scene. Questo atteggiamento viene adottato da persone comuni, ma la gente arrogante, partendo dai più giovani per giungere ai grandi, si mette in mostra nonostante le loro azioni e parole risultino sgarbate e vorlgari.
Insomma, voglio parlare della grande contraddizione che ci separa da chi ci governa e dai bulli: due universi distanti, sempre in lotta. L’auspicio è vedere l’onestà primeggiare e cercare di sconfiggere la cattiveria dell’essere umano.
Per me significa comparare scenari in cui persone comuni si sentono trasparenti di fronte ai loro parlamentari. A mio avviso, oltre a non essere abbastastanza preparati per guidare un Paese complicato come il nostro, non provano affatto imbarazzo riguardo i loro comportamenti.
Rimangono lì, ognuno al proprio posto con nessuna intenzione di dire “ho sbagliato, mi dimetto“. Due frasi brevi che decidono anche delle nostre sorti. Continuano a esporsi, i politici, a esprimere baggianate in maniera totalmente mediocre, giocando sulla nostra pelle.
All’estero non accade. Se ne vanno, perché i grandi possono anche creare scandalo.
Quanto sarebbe giusto liberare quelle poltrone rosse tanto desiderate e farle occupare da professionisti e competenti?
Insisto. La vergogna non appartiene a loro, se ne discostano. Abitualmente si ripropone, chi ci governa, lasciandoci attoniti di fronte alle solite facce.
Incapaci, loro, di rigenerarsi, come fare del Paese una ricchezza e risorsa moderna, al passo con i tempi sia per vivere meglio sia per respirare venti di felicità, proprio come accade in Finlandia che tuttora detiene il primato di Paese più felice del mondo.
Sarà anche una questione filosofica o magari psicologica o forse ecologica oppure civica. ciò che gira intorno la questione che ho affrontato con il mio L’Accènto.
Tuttavia, la vergogna ancora lo si può ritenere un sentimento che appartiene a una fascia ristretta di persone. La coscienza parla per noi. L’educazione la segue. Da qui bisogna ripartire e imparare. Riflettere.
Annalisa Civitelli